Libro di Mauro Ceruti
Raffaello Cortina, 2018
Letto da Arianna Barazzetti
A più di trent’anni da quando Mauro Ceruti e Gianluca Bocchi hanno chiamato a raccolta i più grandi pensatori internazionali per presentare l’opera esemplare de La sfida della complessità, nasce il libro-intervista, edito da Raffaello Cortina, Il tempo della complessità.
Nel suo più recente testo Mauro Ceruti ci mostra come la nuova sfida del futuro non può più rimanere rinchiusa all’interno degli studi epistemologici, ma deve essere accolta come sfida educativa, formativa, psicologica, antropologica e geo-politica al fine di imparare a vivere nella complessità del nostro tempo.
Comprendere la complessità contemporanea significa quindi osservare il mondo all’interno di un’ottica di problematiche che si compenetrano e intersecano come in un’opera di Escher. Le scienze e i saperi che si interrogano e vengono interpellati nello studio della conoscenza umana si intrecciano, a volte esplicitamente altri in maniera più profonda e nascosta, alle dinamiche geo-politiche, morali e culturali dell’essere umano stesso. Ciò risulta particolarmente evidente per l’autore a partire dalla terza globalizzazione, dalla scoperta del Nuovo Mondo, cioè da quel momento storico-fondativo che inaugura in maniera simbolica l’epoca moderna. La prima globalizzazione corrisponde al popolamento planetario della specie umana, mentre la seconda si è verificata a partire dal Neolitico. Dopo la terza globalizzazione inizia l’età planetaria e la metamorfosi del nostro pianeta, in cui “tutti i frammenti che lo componevano si sono trovati a legarsi gli uni agli altri” scrive Ceruti. Vengono abbattute o rese permeabili le barriere che fino ad allora avevano isolato culture e civiltà e si costituiscono nuove interconnessioni ed interazioni, ma anche nuove tensioni tra diversità ed unità, nuovi confini culturali, nuove differenze, nuovi ibridi, nuovi significati e nuove scoperte.
Mauro Ceruti invita alla presa di coscienza del nuovo paradigma della complessità che nasce e matura attraverso le crisi epistemologiche novecentesche, alimentate dalle nuove scoperte scientifiche e dalle teorie interdisciplinari come quelle sistemiche e dell’informazione. La crisi del paradigma classico, protagonista di tutto il Seicento, Settecento ed Ottocento, portatore di istanze di oggettività razionale, di logiche lineari, abitato da osservatori imparziali e astratti, ha fatto in modo che si delineasse un radicale pluralismo epistemologico.
La sfida della complessità abbraccia numerose vie, per usare un’espressione di Edgar Morin: la contingenza, l’accidente, il caso, la singolarità, il caos. Ciò non indica una provvisorietà e limitatezza delle teorizzazioni, quanto piuttosto una molteplicità creativa e generativa dei sistemi complessi. I sistemi complessi, di cui facciamo parte e che ci formano, non possiedono proprietà deducibili da osservazioni ed indagini sulle singole componenti, ma da caratteristiche abitualmente chiamate emergenze. Le emergenze “sono modelli di comportamento nuovi che si producono sulla base delle qualità e quantità delle relazioni o interazioni tra i componenti”. I componenti possono essere cellule, individui, famiglie, società a seconda del livello di osservazione messo in atto. Di particolare interesse diviene allora lo studio delle varie tipologie che possono assumere sia le parti che le loro interconnessioni all’interno di un vasto sistema reticolare.
Il potere derivato dalla moderna tecnoscienzaha generato reti sempre più interconnesse che creano organizzazioni sociali, politiche e culturali complesse con multiple connessioni e ricorsività. Il pensiero complesso sembra allora uno strumento indispensabile al fine di concepire virtuosamente la ricchezza dell’essere umano e del divenire umano, utilizzando uno sguardo strabico capace di cogliere le micro-dimensioni individuali e le macro-dimensioni planetarie, il locale e il globale, l’uno e il molteplice.
Da qui l’urgenza di una riforma dell’educazione in grado di dare giusto spazio e valorizzare diversità individuali e al contempo integrare la frammentazione delle conoscenze e dei saperi.
Nell’epoca così delineata, la sfida dell’essere umano per il futuro sarà quella di elaborare la coscienza di una comunità di destino, mutuando Morin. In questo l’Europa è stata costretta ad imparare a divenire una emolteplicedopo la sua storia recente e remota. Tuttavia, la comunità di destino delle popolazioni europee, nata nel presente ed imposta dal futuro, rischia di perdersi ed assottigliarsi, stretta tra le morse dell’Europa identitaria e dell’Europa pragmatica. “Dinanzi alle manchevolezze dell’Europa politica e culturale” scrive Ceruti “le nazioni assolute e sovrane riappaiono come una sorta di medicina e di speranza per il futuro”. La sfida della nostra Europa sarà compiere quindi un superamento metanazionale, nella prospettiva del suo stesso principio fondatore, unitas multiplex, pena la scomparsa dell’Europa stessa.
Solamente per questa via l’Europa potrà essere laboratorio di valori e cultura per la comunità di destino planetaria, divenendo l’Europa dell’unità nella diversità e della diversità nell’unità.
Mauro Ceruti avverte circa il rischio di un ritorno a vecchie semplificazioni, proprie del vecchio paradigma, nel tentativo di risoluzione dei nuovi problemi globali e locali, cedendo alla vana tentazione di eludere l’incertezza e l’incontrollabilità evidenziate dal paradigma della complessità. Invece, ricorda Ceruti, mai come in questo momento occorre insistere proprio sull’irriducibilità della molteplicità di dimensioni interconnesse da cui emerge l’universo umano, abbracciando un pensiero complesso che evidenzi l’insieme delle differenti possibilità evolutive dell’essere umano e del nostro pianeta. “La storia umana” scrive Ceruti “è anche storia naturale di possibilità e la ricchezza delle possibilità e degli attori in uno spazio dato, la ricchezza delle interazioni fra questi attori e queste possibilità, e anche soprattutto il tempo concesso a queste interazioni perché possano avere luogo e consolidarsi, sono le condizioni fondamentali perché si possa esprimere la creatività”.
È proprio in questo modo che la vita nasce dal materiale inorganico, che le emergenze dell’umano nascono nei circuiti neuronali e che la qualità della vita di individui e collettività migliora e si evolve.