di Barbara Trotta
Siamo arrivati alla settima uscita della versione online di “Connessioni nuova serie”, scelta che si è rivelata particolarmente lungimirante e vantaggiosa in questo momento in cui lentamente stanno riprendendo le varie attività, anche attraverso nuove forme, e dove il digitale ha preso ampio campo con lo smart working. La rivista era passata al virtuale più di tre anni fa, e il COVID-19, con orgoglio, possiamo dire che ci ha trovati attrezzati.
La pandemia, ancora in corso, non è lo scenario surreale di un film di fantascienza, ma è l’esperienza di un’emergenza globale che ha impattato sulla vita personale e professionale di tutti noi a vari livelli con devastanti ripercussioni psico-socio-economiche. Come ogni crisi, però, ha portato con sé possibilità di cambiamento, di riflessione, di moltiplicazione di mappe e di territori. Ed ecco, che il protagonista di questo numero diventa il fenomeno virale.
La carrellata dei contributi si apre con il saggio di Pietro Barbetta, “In primo piano”, una meta-analisi sulle origini del virus e più in generale sul comportamento dell’uomo rispetto al sistema terrestre. Tra antropologia ed epistemologia, e attraverso la suggestione della tragedia greca, si chiede se la finalità cosciente oltre a dominare e distruggere la natura sarà in grado di “de-criptare” il messaggio del virus ed entrare in una dimensione auto-riflessiva. Il suo è un messaggio di speranza: “la scienza può lavorare anche al contrario, per fermare questo “progresso””.
Segue l’articolo di Michela Barzi, laureata in architettura, con numerose pubblicazioni sul tema della città, del territorio e dell’ambiente costruito in generale, che punta l’attenzione sulla correlazione tra pianificazione urbana e salute delle persone, tra pandemia e città, tra virus e quartieri, in sintesi, tra le caratteristiche di un luogo e la diffusione dell’epidemia. L’urbanista lancia una riflessione importante: per contenere gli effetti degli agenti patogeni bisogna capire su quale struttura si fonda l’urbs e come funziona l’ambiente urbano nel suo complesso.
Partendo da una sorta di “mantra sistemico” Andrea Mosconi, in La natura non commette errori, si domanda: “perfetto, cosa mi fa imparare?”, riferendosi alla pandemia. Con questa connotazione positiva argomenta che il virus costituisce una “marca di contesto” dal momento che sono cambiate alcune regole di relazione tra “NOI Homo Sapiens e il Sistema Natura” e lo fa analizzando vari livelli di lettura.
Già ospite della nostra rivista, Marcelo Pakman, nel suo saggio Vivere all’intemperie (che pubblichiamo in italiano e in lingua originale) porta una considerazione filosofica sul decentramento dell’uomo dall’universo in seguito alla svolta linguistica del pensiero del ventesimo secolo. Svolta che ha condotto al sopravvento dell’interpretazione a sfavore di una mente incarnata. Secondo l’autore, l’evento pandemico, diventa occasione per ritrovare una corporeità, una vita materiale e sensuale, ovvero connessa ai propri sensi e bisogni corporei, di cui quelli relazionali ne sono parte.
La collega Marilena Tettamanzi della sede di Milano che da anni si occupa di Psicologia dell’emergenza, in uno scenario di “emergenze multiple” dettato dal flusso virale, invita a mantenere una visione ecosistemica nel senso batesoniano del termine. Di fronte ai nuovi bisogni si rendono necessari “strumenti e riflessioni altrettanto nuove che tengano conto della complessità”. Diventa fondamentale porre attenzione alle interconnessioni tra i sistemi. non dimenticando i miscrosistemi: le famiglie e i bambini “per co-evolvere verso un nuovo equilibrio”.
Dopo la pandemia: verso una integrazione fra la clinica e i nuovi media? È la questione oggetto di discussione del lavoro di Massimo Giuliani e Elisabetta Mendini che sottolineano le potenzialità della terapia a distanza dopo l’uso intensivo degli ultimi mesi. Si domandano se la modalità telematica potrà integrarsi “oltre l’emergenza” nella clinica: per esempio, se l’esperienza dimostrerà che “non impoverisce la terapia né dal punto di vista della relazione né da quello dell’efficacia”. Il testo fornisce interessanti riflessioni ai terapeuti sistemici per una pratica “che nel prossimo futuro potrebbe non costituire più una eccezione marginale”, individuando anche “diversi formati” per il lavoro di équipe che rappresentano una vera rivoluzione rispetto al setting clinico tradizionale.
La collaborazione iniziata qualche numero fa con la rivista greca Metalogos va avanti anche se a questo giro non comparirà nessun articolo dei colleghi ellenici avendo dato la priorità alla straordinarietà del momento storico attuale. Ma Metalogos non sparisce: la rubrica “Dal mondo sistemico”, curata da Umberta Telfener, esce – diciamo – in formato social distancing: sebbene in seguito alle restrizioni dei contatti interpersonali e la chiusura delle frontiere tra Stati molte iniziative congressuali siano state rimandate direttamente al 2021, alcune iniziative via Zoom con il Messico, con l’EFTA-TIC e con – appunto – Metalogos sono l’oggetto della rubrica in questo numero.
Le novità non sono finite, in questa fase di riorganizzazione e progressivo riadattamento dei vari contesti abbiamo pensato di dar voce alle esperienze degli allievi dei Centri di Terapia Familiare delle sedi di Milano e Padova, all’interno di un nuovo spazio curato da Ada Piselli e dalla sottoscritta che abbiamo intitolato “Territori Sistemici”. Apre Giulia Mondolo con il tema della violenza domestica, prosegue Marta Giudotti con la sua esperienza con i richiedenti asilo. La comunità terapeutica a bassa soglia è oggetto di riflessione di Elisabetta Pellegatta. L’assistenza domiciliare con bambini autistici è il territorio raccontato da Francesca Pizzasegola. Elisa Mencacci e Valentina Deon parlano delle strutture residenziali per anziani. Chiude Federica Maressa con una testimonianza personale sulla fatica dei colloqui di selezione online.
Il numero accoglie ben tre recensioni: Ada Piselli con “Nano Gianni e i granelli rossi: una fiaba e tanti giochi ai tempi del coronavirus” di Fabio Sbattella; Gianluca Ganda con il neolibro di Gianmarco Manfrida, Valentina Albertini, Erica Eisenberg “La clinica e il web”; Massimo Giuliani presenta “Lo schermo che cura”, di Luca Vallario, in uscita.
Vista la mole dei contributi sia per riflessività sia per quantità, penso che dalla pandemia sia partita una forte spinta propulsiva. L’auspicio è che possa contaminare anche gli altri contesti di energia vitale.
Adesso gustatevi la lettura!