Libro di Luca Vallario
Luigi Guerriero Editore, Napoli, 2020
Letto da Massimo Giuliani
Luca Vallario è un terapeuta esperto ed un didatta della Scuola Romana di Psicoterapia Familiare. È anche un autore di lungo corso, avendo pubblicato molto nel campo della terapia familiare e non solo. Questo per dire che a porsi domande su come integrare i nuovi media nella pratica clinica non è (più) uno sparuto gruppo di nativi smanettoni e che la questione diventa sempre più rilevante per chi ha a cuore la possibilità che questa professione risponda a domande sempre nuove: come dice Maurizio Martorelli nella sua introduzione al volume, non è questione di “psicoterapia del futuro”, ma del futuro della psicoterapia.
Immagino che il volume fosse pensato e in preparazione da prima; ma evidentemente grazie a tempi agili nella stampa e nella pubblicazione, sta per essere distribuito già opportunamente aggiornato alle vicende del Covid-19.
E allora, il primo capitolo (bello: già da solo vale il libro) percorre dottamente la storia dei nuovi media non tanto, o non solo, sullo sfondo della storia recente ma su quello della storia dell’uomo; il secondo è un percorso nella cura della parola e nella sua epistemologia, che lega Bateson a Francesco De Gregori (il riferimento alla simmetria fra terapia e interpretazione musicale vede il recensore in piedi a fare la ola, giacché da anni insiste sulla necessità di approfondire questo parallelo) e che costruisce una cornice di pensiero che tiene insieme e dà consistenza a tutto quel che segue.
E quel che segue è una riflessione davvero estesa sulle implicazioni delle comunicazioni a distanza nella clinica (vale a dire nelle terapie condotte parzialmente online e in quelle “ex novo”, che cominciano e proseguono con quella modalità) e nella formazione alla professione.
L’autore si pronuncia posizione su questioni che in gran parte sono generalmente oggetto di dibattito fra i clinici (per dirne una, la praticabilità di una psicoterapia “ex novo” a distanza per qualunque categoria di pazienti) e ad esse porta il contributo di un’esperienza dalla quale emergono riflessioni ponderate. Riflessioni che ci sembrano utili proprio nella misura in cui Vallario sfugge alla tentazione di dare risposte semplici e binarie e considera online e offline come due dimensioni complementari e frequentabili entrambe in momenti e modi differenti.
Come è legittimo aspettarsi dai riferimenti artistici all’inizio, il libro mette insieme il rigore del pensiero e il coraggio dell’immaginazione (e la saggezza illuminante del mito). In tutto questo l’autore non rinuncia ad assumersi responsabilità: nel senso che mette in gioco anche la propria esperienza e quello che essa gli ha insegnato, tanto da prendere posizioni che per il clinico che si accosta a questi strumenti costituiscono un punto di riferimento affidabile, sebbene lasciando aperta la strada al dubbio e tenendo conto dell’unicità delle situazioni. Sul fronte del rigore, il volume non manca di dare conto di aspetti deontologici e anche giuridici dell’attività del clinico che integra le nuove tecnologie nei propri strumenti.
A chi auspica una conoscenza sempre più avanzata dei modi in cui la dimensione online possa portare acqua al mulino del clinico, particolarmente piacere fa la presenza tra i prefatori di Gianmarco Manfrida (che di terapia e nuovi media si occupa da tanto tempo, e che col suo gruppo di Prato ha curato un volume robusto che trovate recensito anch’esso in questo numero di Connessioni); Il grappolo di testi in apertura è certamente un segno del fatto che c’è scambio proficuo e reciproco riconoscimento tra i colleghi che stanno dedicando un pensiero alla questione, e rispetto e attenzione da tutti gli altri. Così il libro si apre con un “deutero-racconto” di Carmine Saccu, per seguire con Manfrida e Martorelli già citati, con Esther Di Caprio, con Massimo Pelli e con Gennario Scione.