Libro di Umberta Telfener
Giunti, 2018
Letto da Paolo Pressato e Arianna Barazzetti
Da ormai oltre un lustro Umberta Telfener condivide le proprie forze, idee e competenze sulla questione dell’amore appassionando lettrici e lettori, sia coloro che si sentono attenti ai lavori, che coloro che si considerano (o vengono considerati) non addetti.
Letti sfatti ci sembra offrire un prezioso quinto elementoa una, chiamiamola così, quadrilogia che ci appare significativamente interrelata (2006, Ho sposato un narciso, Roma, Castelvecchi; 2007, Le forme dell’addio, Roma, Castelvecchi; 2013, Gli amori briciola, Roma, Magi; 2015, La manutenzione dell’amore, Roma, Castelvecchi) che, potremmo dire, sembra fluttuare in una sorta di radiazione amorosa di fondo: in una spirale della complessità, l’Autrice esplora molteplici costellazioni di quel sistema che potremmo definire multiverso amoroso.
Al titolo Letti sfatti segue anche un sottotitolo, Una guida per tornare a fare l’amore, che contiene un lemma a nostro avviso assai significativo: ‘guida’, appunto. E qui ci preme segnalare subito che il libro non andrebbe confuso con un ricettario: non si tratta, naturalmente, di un mero elenco di passi da seguire per trovare l’amore, e chi legge non vi troverà neppure un formulario step-by-step su come fare l’amore. Potrebbero sembrare segnalazioni banali: dopotutto, si sta parlando dell’Autrice che ha portato in Italia, insieme ai massimi epistemologi italiani del pensiero della complessità, Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti, opere di studiosi fondamentali per l’approccio sistemico come von Foerster (1987, Sistemi che osservano, Roma, Astrolabio) e White (1992, La terapia come narrazione, Roma, Astrolabio). E tuttavia la cognizione dell’Autrice emerge anche, e soprattutto, dalle molteplici sfaccettature che cesella intorno al termine ‘guida’: Letti sfatti ci sembra proporre atteggiamenti più che singoli ingredienti, approcci più che modelli. Offre ipotesi, dona idee: per, eventualmente, tornare a fare l’amore, ma la parte migliore o, diciamo così, l’ultima parola, spetterà a lettrici e lettori: saranno loro a decidere quali direzioni imboccheranno le storie. A chi legge Telfener restituisce, fatto piuttosto sorprendente se si trattasse di una mera guida, voce in capitolo. E quando sembra distribuire pillole, eventualmente le consegna all’infinito e non all’imperativo. Insomma, sarà chi legge a decidere come va a finire la propria storia ed eventualmente potrà continuare a scambiare idee con l’Autrice e altri utenti sull’apposito blog costruito per tentare di mantenere aperta la conversazione sul libro. In una seconda parte di Letti sfatti l’Autrice sembra non far mancare, peraltro, una sorta di direttività: ma non ci si dovrebbe stupire se si ripensa alla teoria generale dei sistemi: giustamente la sistemica esplora e studia una molteplicità di correnti, visioni, autori, teorie e pratiche complessificandole ulteriormente. È così che Telfener nel suo saggio propone, dunque, anche piccoli esercizi quotidiani, per esempio “un esercizio di accettazione”, “un esercizio nei momenti del bisogno”, “un esercizio di attenzione”, “un esercizio per accrescere l’ironia” (Telfener, U., 2018, Letti sfatti, Firenze, Giunti, 173 e segg.), basati per lo più su una elencazione, su un inventario, una vera e propria “lista”, come la definisce l’Autrice, di riflessioni, spunti e tematiche che tuttavia si rivela decisamente lontana dai meri consigli: al contrario, ci sembra ripercorrere le evocative quanto decisive proposte rituali e prescrizioni di Paradosso e controparadosso (Selvini Palazzoli M., Boscolo, L., Cecchin, G., Prata, G., 2003, Milano, Raffaello Cortina). Una significativa differenza che avremmo rilevato, tuttavia, è che tutto ciò ci sembra immerso e avvenire in un contesto di gioco e di complicità che si rivela, anche e soprattutto, divertente e accessibile; sarebbe proprio così, forse paradossalmente e non a caso, che tra le persone in amore potrebbe emergere l’imperativo von foersteriano di aumentare le possibilità degli attori coinvolti nel sistema, figura terapeutica compresa, naturalmente. La Telfener dunque, conscia della delicata, ma potente, questione del patriarcato, compie un faticoso quanto estremamente preciso lavoro di cura e attenzione rivolto alla parola restituendo a chi legge riflessioni, passateci il termine, bonificate da quel moralismo forse tipico degli impianti patriarcali. Le guide che permettono di raggiungere un qualsiasi X (sia X sesso, soldi, successo, felicità, ecc.) in un numero Y di passi sembrano prigioniere, in realtà, degli stessi oscuri meandri di un patriarcato tutt’altro che moribondo. E lo riportano, al contrario, alla luce rinforzandolo. Telfener invece, lascia spazio a interrogativi generativi e pone domande a chi legge; quando sembra giocare con le regole (per esempio: “Le regole del piacere”), potremmo dire che stia giocando, richiamando Gregory Bateson, un gioco di tipo play, libero, e non soltanto, o necessariamente, un gioco regolamentato game(Bateson G. (1996), Questo è un gioco, Milano, Raffaello Cortina). Eventuali regolamenti dell’amore e in amore, l’Autrice sembra quasi forsennarli, per usare un rimando ad Antonin Artaud, nel senso che pare metterli in scacco ponendoli in una sorta di doppio vincolo: a regole statiche, immutabili, del ‘perché è così’, del ‘per sempre’ sembra innestare il paradosso delle ambiguità delle soggettività, della pluralità delle identità, dell’‘a patto che’, dell’‘anche se’, dei puntini di sospensione, del modo condizionale, dello sguardo binoculare, della condivisione, della relazione tra i partner. Regole non regolamentate, non completamente assoggettate alla semantica di un patriarcato che divide donnessne e uomini, regole di tipo gilanico (Eisler R. (1987), Il calice e la spada, Udine, Ed. Universitaria Udinese), potremmo dire. Se nelle normali guide o ricettari un certo tipo di matematica e di logica deterministica ed autoreferenziale sembrano regnare sovrane (l’etto di pasta resterebbe un etto di pasta), a letto invece l’etto può avere masse differenti, il totale amoroso non è la somma delle parti e nella relazione d’amore, ci ricorda l’Autrice, “ciascun partner ha il 100% della responsabilità, sempre in barba alla matematica” (Telfener, 2018, p. 169). E purtuttavia, anche qualora ipotizzassimo una nuova fisica-matematica dell’amore, o una Fisiologia dell’amore 4.0 che si occupassero, oltre che di neurochimica, anche di paradossi, metalivelli, salti logici, ipotesi controfattuali, double-binds, strange loopsecc., probabilmente resterebbe assai elevato, se non certo, il rischio di infezione da un obsoleto, ma efficace, patriarcato 1.0 che una settorializzazione disciplinare farebbe proliferare. È allora a questo punto, ricordando Pietro Barbetta, che Telfener ci fa scoprire un ingrediente base, così legato al tempo e dunque difficile da scoprire, da pesare, da individuare e da praticare: la tenerezza. Nelle sue ‘ricette’, ci sembra abbondi.
Letti sfatti a nostro avviso riesce a integrare efficacemente sia il livello teorico-saggistico che quello della prassi. A proposito di quest’ultima, potremmo dire che il fare, l’agire e il riflettere costruttivamente rappresentino una parte decisamente importante del libro.Per tentare di descrivere un frammento del mosaico delle prassimesse in campo da Telfener, chiederemmo aiuto all’Autrice stessa, a quando descrisse la prassi operata da White. Detto altrimenti, ci sembra dunque che anche questo libro (così come l’Autrice stessa) faccia “molte più cose di quelle che dichiara”, riuscendo pure a “integrare contesti sociali e culturali” (Telfener U., in White M., 1992, La terapia come narrazione, 25). Letti sfatti pone anche uno sguardo attento sugli aspetti e sulle questioni etiche, politiche e culturali legate tanto ai pluriversi del femminile quanto a quelli del maschile. Non a caso l’Autrice nel suo libro tiene conto di molteplici ipotesi che potrebbero contribuire a co-creare le sfumature amorose: queste ultime, infatti, non possono derivare dal e avere a che fare soltanto con il mondo ‘psi’. Una persona che desideri affrontare il pluriverso amoroso necessariamente agirebbe, per dirla con Mauro Ceruti, immersa in un tempo della complessità: è dunque doveroso riferirsi anche ad altre ipotesi e così agisce effettivamente Telfener prendendo in considerazione le ipotesi neurobiologica, psicologica, psichica, sociologica ed evolutiva. In tutto ciò la dimensione pragmatica, chiaramente, permane, rimane presente e concreta. Pagina dopo pagina, caso dopo caso, Telfener ci aiuta a riscoprire, di nuovo facendoci aiutare dai suoi commenti sulla lezione di White, che in psicoterapia spesso “Far fare è una pratica che non si può non affiancare al livello semantico” (Ibid., 24). L’importanza della pragmatica sembra dunque evidente, tuttavia Telfener con questo suo Letti sfatti ci presenta una sorta di “pragmaticità puntuale” (Ibid., p. 26), equilibrata e fluttuante. Al contrario dosi di pragmatismo troppo sbilanciato rischierebbero di eccedere in una direttività deresponsabilizzante.
La forza dell’Autrice, a nostro avviso vulcanica, un po’ come il magma che scorre sotterraneo ibridandosi con altre componenti sembra permetterle di raggiungere, di esplorare e di arrivare al cuoredella questione amorosa. Ma anche di fuoriuscire facendosi lava e ponendosi a una certa distanza grazie ad uno sguardo ironico. È forse anche in questo modo che Telfener ci ricorda e ci mostra i molteplici livelli e profondità che porta la tematica amorosa: una sorta di complessa e continua ricorsività frattale. Nel volume l’Autrice descrive molteplici questioni, distinguendole in brevi capitoli chiari ed efficaci, con continui rimandi che fanno emergere le complesse interconnessioni tra voce e voce, tra un capitolo e l’altro, tra un libro e l’altro. Un tale impianto stilistico e narrativo consente all’Autrice e a chi legge di raggiungere molteplici coredi altrettante questioni. Queste ultime, comunque, lungi dall’esaurirsi in una descrizione univoca, al contrario sembrano rincorrersi, ritrovarsi, danzare insieme, sovrapporsi e compenetrarsi magmaticamente ibridandosi in ulteriori macrotematiche chiave. Ciascun capitolo è arricchito, oltre che da aforismi di importanti autori, da descrizioni di casi tanto brevi quanto penetranti e puntuali. Nel libro si trova anche una parte (“Tornare a fare l’amore: parole in fila”) che ospita, nelle parole dell’Autrice, “un dizionarietto” (Telfener, 2018, 19 e 84), in realtà tanto ricco quanto aggiornato, dei lemmi che ruotano attorno alla galassia amore. Termini che comprendono anche, passateci l’espressione, letteralmente gli ultimi ritrovati della tecnica: sigle, acronimi e crasi che stanno proliferando in internet e nel cosiddetto mondo virtuale. Telfener ci mostra, al contrario, quanto il mondo virtuale elettronico e interconnesso sia invece determinante e concreto nell’affettare le vite e le relazioni amorose dei partner, raggiungendo sorprendenti livelli di profondità. Come accennato, una ricca frequenza di spunti e suggestioni accompagnano chi legge: segnaliamo, per citarne soltanto alcune, idee che scorrono da Agamben a Zweig, da Bauman a Pievani, da Lacan a Byung-Chul Han, da Battiato a Mannoia, da Bertolucci a Woody Allen, da Bateson a Kristeva, da Klein a Winnicott. Le questioni e le idee proposte da Telfener in Letti sfatti sono dunque molteplici, tra loro intrecciate e intensamente ramificate. In questo lavoro ci piacerebbe segnalare almeno una triade di parole chiave: patriarcato, economico e impegno. L’Autrice ci ricorda che il cosiddetto crollo del patriarcato, se mai fosse accaduto, è comunque soltanto all’inizio: gli stereotipi di gendersono ancora all’ordine del giorno e spesso all’ordine dell’uomo, letteralmente del maschio. Molti fili tra patriarcato e retaggio permarrebbero ancora annodati e alcuni tratti delle molteplici forme narcisistiche sembrerebbero stringere quei fili, a loro volta annodati a tematiche economiche. L’economico, con i suoi tempi, i suoi boom, le sue accelerazioni, decrescite e crisi contribuisce alla scansione, temporale e non, delle vite delle persone. Il tempo routinario di un lavoro altrettanto routinario si intreccia con i tempi del sesso, dell’amore, della produzione, della riproduzione. I registri “del performare e dell’apparire”, così come la “ricerca dell’eccezionalità” (Ibid., 28) contribuiscono alla costruzione (o eventuale riproposizione) degli impianti patriarcale e narcisista. Sembra emergere una sorta di metafora economica nella quale si è necessariamente immersi: a fronte di un “investimento al minimo” nella questione amorosa emerge tuttavia anche la fatica del trovare un “coraggio di investire” in amore (Ibid., 74-76). Telfener ci fa notare che raramente si pensa che “la socialità sia un lavoro che richiede un investimento affettivo in un dare/avere reciproco” (Ibid., 26). Assistiamo, invece, a una “liberalizzazione della moralità” (Ibid., 40) ma che si intreccia, comunque, con un “management del Sé, un training all’egoicità” (Ibid., 31) magari coltivando “il mito del bastare a se stessi e l’imperativo di non aver mai bisogno di nessuno”. Al limite, si dichiara “la propria curiosità nei confronti di tanti, come se fosse un’emozione facile da provare e da portare avanti, ma non ci si impegna, non si investe, non si ipoteca il futuro né si offre fedeltà. […] Giocare con l’innamoramento diventa ordinaria amministrazione, l’amore – quello duraturo – crea invece tensione e paura e va evitato” (Ibid., 30-31). Ci viene in mente Celentano col suo Chi non lavora non fa l’amore del 1970 ma, nello stesso tempo, anche Auto da fé di Franco Battiato (1998, Gommalacca) che compie, appunto, “un’auto da fé, dei suoi innamoramenti, e che vuole praticare il sesso senza sentimenti”. Come Boscolo e Bertrando ci ricordano che il tempo può avere diverse declinazioni, forme, costruzioni e significazioni (Boscolo, Bertrando, 1993, I tempi del tempo, Torino, Bollati Boringhieri), allo stesso modo Telfener con Letti sfattiriprende il loro pensiero facendoci notare che i molteplici tempi dell’amore e dell’economico, il più delle volte non viaggiano sullo stesso binario. Molte volte il risultato è un deragliamento dei tempi in gioco e, dunque, delle relazioni dei partner coinvolti. Si tratterebbe di dinamiche tipiche del peculiare periodo in cui stiamo vivendo: Telfener ci ricorda, infatti, di stare analizzando l’amore ai tempi di una sorta di Weltanschauungipermoderna, tematica chiave affrontata anche in altre sue opere, per esempio ne La manutenzione dell’amore(2015). Le macrotematiche del patriarcato e dell’economico sembrano intrecciarne una terza, quella dell’impegno, l’impegno in amore. Soltanto stando nei rapporti, nelle relazioni tra partner si impara a viverle, a farle continuare e ad alimentarle: in altre parole, si impara a vivere soprattutto “riflettendo sulla vita e modificando se stessi, il proprio operato, l’integrità rispetto ai propri valori, che diventano sempre più chiari a mano a mano che si cresce” e pensando “a livello transpersonale” (Telfener, 2018, 170). L’impegno, secondo Telfener, rappresenterebbe uno degli “ingredienti dell’amore […] indispensabile per passare dall’innamoramento all’amore, quando non ci si eccita più automaticamente alla vista del partner e la vita diventa più routinaria. Implica volontà di crederci e progettualità rinnovabile.” (Ibid., 86-87). Il parlare tra partner, forse quel foucaultiano parlare franco (parresia), richiede grande coraggio, investimento e impegno da coloro che stanno in gioco. L’impegno in amore per rendere la relazione sana e duratura, ci ricorda Telfener, sembra dunque avere a che fare necessariamente con una quotidiana comunicazione tra partner, per cercare di evitare, o di riflettere su eventuali comunicazioni sommerse, non esplicite, come tra partner in apnea. Ma Telfener in Letti sfattinon si ferma qui, naturalmente, e complessifica ulteriormente le questioni lasciando a chi legge l’ammirazione di quanto la tematica amorosa, in realtà, sia intricata. Quando un letto è sfatto la ‘perfezione’ sembra lasciare spazio all’altrettanto potente ‘rinfusa’ di lenzuola, cuscini, piumoni e coperte che sembra lascino intravedere alcune parole chiave. Ecco dunque che compaiono i BTP che, sebbene l’acronimo in questi tempi di crisi economica ci abbia sollecitato il concetto monetario legato ai Buoni del Tesoro Poliennali, in questo caso ci si riferisce invece aiBoyfriendy Type Person. Quelli che Telfener chiama “un quarto di fidanzato”, vale a dire “uno o più uomini accanto” a donne in modo tale che “tre/quattro BTP fanno un partner intero!” (Ibid., 72). Ma l’Autrice ci ricorda anche che l’amore ipermoderno lascia spazio pure ai LAT “(Living Apart Together), donne che hanno una relazione ma non desiderano la convivenza” (Ibid., 48), ai MGTOW (Ibid., 107) oltre che al casual dating(Ibid., 59), allo speed-dating, a cuckold(Ibid., 99), cougar(Ibid., 47), trippie (Ibid., 96) e matrimoni bianchi (Ibid., 91): lasciamo scoprire a chi leggerà Letti sfattila complessità delle questioni analizzate dall’Autrice, in questa sede necessariamente soltanto accennate e che tuttavia continuano a lanciare connessioni con altri temi esplorati quali la pornografia e la “debolezza del “noi” (Ibid., p. 17). E ai lettori lasciamo, pure, il piacere di leggere il racconto di Chiara Gamberale che apre il saggio della Telfener.
Per concludere, Telfener con il suo libro ci invita dunque a intraprendere un ricco viaggio durante il quale ci accompagna alla scoperta dell’importanza del cercare di comprendere innanzitutto noi stessi, del riflettere sulle vite (nostre e di chi ci sta accanto, di chi incontriamo) che, con grandi sforzi e impegno, stiamo ancora imparando a vivere. Scoprire i nostri letti sfatti grazie ad una ritrovata pace con noi stessi alimenterà una piacevole e sorprendente scoperta.
Leggendo Telfener si scopre che la relazione d’amore è anche un viaggio che necessariamente si srotola lungo i sentieri dell’oggi e che esplora i paesi della quotidianità disseminati di architetture della storia. Molte di queste architetture invitano a varcare la soglia per farci entrare in saloni affrescati di futuri possibili. Una guida sistemica, in questo senso, accompagnando la persona che la legge inforcando necessariamente le lenti dei propri “pre-giudizi”, può aiutarla a esplorare, a riflettere, a decifrare e a creare, rigorosamente in accordo coi suoi modi personali, il proprio viaggio amoroso.
Un letto sfatto, con le sue pieghee con le sue baste(Barbetta P. (2011), La bàsta!, in Iliprandi, G., Colella, A., Legrenzi, S., Pavesi, J. e Seregni, D. (a cura di), (2011), Basta. Divagazioni sul dissenso, Milano, Lupetti, 17-21) aiuta un po’ a decostruire quelle configurazioni tanto ordinate quanto asettiche che provengono dalla perfezione ideologica dell’amore del per sempre, immortale, incondizionato, fulgido, potente e necessariamente vincente. Telfener ci ricorda, appunto, che “è retaggio cattolico e patriarcale l’idea dei rapporti per sempre” (Telfener, 2018, 153).
Arrivati a questo punto, però, ci sembra altrettanto interessante osservare, eventualmente, chi o che cosa, nel sistema, si occuperà di rifare i letti. Tuttavia, forse, anche queste strane curiosità altro non rappresentano che nostri pregiudizi, così duri a disordinarsi, a disfarsi un po’. Perché una volta arrivati sino in fondo al saggio della Telfener si potrà scoprire che, chiunque abbia disfatto il letto poi, in qualche modo, lo saprà anche rifare, o rivedere, secondo le proprie modalità, seguendo i propri tempi e gusti in una, per dirla un po’ con Deleuze e Guattari, sintesi di disgiunzione (Deleuze G., Guattari F. (1975), L’anti-Edipo, Torino, Einaudi, 373): ancora una volta, ci sembra, si torna alla relazione.