di Umberta Telfener
Il giorno 30 Novembre e il primo dicembre si è svolto a Roma il sesto convegno della società scientifica di Psicoterapia Strategica, dal titolo Paradosso e controparadosso nelle terapie sistemiche e strategiche. Nostro padrone di casa, molto premuroso, è stato Fabio Leonardi, presidente della Società Italiana di Terapia Strategica. Ospiti la mattina Giorgio Nardone e Valeria Ugazio, il pomeriggio Camillo Loriedo ed io.
Abbiamo parlato di paradossi e di doppi legami. Nell’introduzione Leonardi ha sostenuto che i paradossi sono della vita e li troviamo in tutti i paradigmi clinici. Ha citato Adler nel 1914, Rosen, Il gruppo Bateson nel 1952 e Pragmatica della comunicazione umana che esce nel 1967. Naturalmente si è parlato a lungo di Mara Selvini e di come il paradosso con Milano sia stato riportato nelle relazioni familiari. Personalmente ho citato Ronald D. Laing e il suo bellissimo libro Knots (Nodi, 1972).
Giorgio Nardone (Non di soli paradossi … contraddizioni, presenze evocate, suggestioni e funambolismi linguistici. Ovvero: creare realtà inventate che producono effetti concreti) ha cominciato il suo discorso con una domanda: “Che cos’è che costituisce il cambiamento terapeutico?”, “Un’esperienza emozionale correttiva” è stata la sua stessa risposta, la capacità del sistema di riorganizzarsi a seguito di ristrutturazioni suggerite dal clinico; a ragione sostenendo che la consapevolezza non determina il cambiamento. Ha solo accennato ad alcuni suoi assi nella manica: la tecnica della peggiore fantasia con chi ha attacchi di panico e la prescrizione molto strutturata con gli ossessivi a cui prescrive il loro stesso rituale, eseguito a modo suo: per esempio ritornare a controllare il gas la chiusura della porta, ma esattamente 5 volte, né una di meno né una di più.
Valeria Ugazio (Controparadossi o reframing sorprendenti?) ha confessato che utilizza i paradossi ma che non tutto ruota attorno ad essi, in quanto nella sua teoria il positioning del terapeuta non è centrale. Ha poi parlato delle polarità semantiche e usato l’anoressia per spiegare come le sue ridefinizioni risultano sorprendenti per i pazienti ma logiche e quasi inevitabili a lei e ai suoi allievi: le considerano spiegazioni plausibili di ciò che la sua puntuale ricerca le ha fatto comprendere.
Camillo Loriedo (Il paradosso: contraddizioni, fraintendimenti, ambiguità errori e validità di un costrutto nato per essere superato, ma che tramite il suo superamento riesce a rivelare la complessità) ha parlato di interventi paradossali “addomesticati”, in quanto dovrebbero non essere totalizzanti; ammettere la contraddizione; accogliere le risorse; restituire la possibilità di scelta e non indirizzare le scelte successive: tener anche conto del tempo. Il modello paradossale da lui utilizzato frequentemente –soprattutto nell’ipnosi – non si posiziona “contro” l’altro né è una definizione assoluta della relazione quanto piuttosto un modo di leggere ciò che accade, con ironia e irriverenza.
Personalmente (Essere strategici naturalmente, Impariamo dalle piante) ho parlato della strategizzazione e ripreso l’articolo su Family Process scritto con Elia Ticozzelli (2023) e ho tracciato le fasi dello strategizing per la scuola di Milano. Ho ribadito il mio credo rispetto alla terapia: intendo la danza terapeutica come un intervento continuo, riflessivo, di secondo ordine – concreto e attivo – durante il quale il professionista si interroga costantemente sulla relazione in atto; su ciò che sta accadendo, sia a livello delle premesse generali in campo, sia delle azioni terapeutiche da agire che del feedback che si ricevono. Ho concluso sostenendo che dobbiamo imparare a essere strategici senza usare la strategia e ho ipotizzato le mosse perché questo accada, come fanno le piante, secondo il racconto di Stefano Mancuso, grande esperto di intelligenza del mondo vegetale.
Ho avuto la sensazione che tra i quattro speaker invitati, Nardone fosse il più radicale e che prestasse attenzione soprattutto al livello comportamentale e linguistico, chiamandosi fuori dalla relazione, con un atteggiamento strategico raffinato, a volte crudele. Tutti e tre gli altri abbiamo ammesso di utilizzare i paradossi a patto di crederci: non come tecnica, neppure come strategia, piuttosto come uno dei tanti messaggi che si possono inviare al cliente e alla sua famiglia, nel processo di ipotizzazione rispetto alle possibili concause di un problema. Ugazio sembra fare questo avendo dei protocolli che la guidano nella decodifica della psicopatologia, sapendo a priori quali temi far emergere in terapia; Loriedo ed io vivendo momento per momento la relazione con l’altro e improvvisando maggiormente.
Interessante il format del convegno: soltanto due persone la mattina e due il pomeriggio, tanto spazio per la discussione, tanto spazio per riflettere. Come speaker ufficiali abbiamo forse tentato ancora di utilizzare il tempo a disposizione per aggiungere contenuti più che per dialogare col pubblico, ma era la prima volta di un format non congestionato e credo che sia ammirevole sia lo sforzo che il dibattito che ne è conseguito. Un format assolutamente da ripetere!