Mendrisio: “Storia, natura e clinica del disordine dissociativo”

Mendrisio: “Storia, natura e clinica del disordine dissociativo”

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di Gianluca Ganda e Michele Mattia

Evento importante nel panorama degli incontri degli ultimi mesi è il Convegno svoltosi il 9 marzo a Mendrisio, dal titolo “Storia, natura e clinica del disordine dissociativo” (qui la locandina) Il Milan Approach era già da tempo conosciuto sul territorio svizzero per le lunghe collaborazioni con psicoterapeuti e docenti del Centro Milanese e, in primis, per i lavori di formazione e supervisione che Luigi Boscolo e Gianfranco Cecchin svolsero sul territorio elvetico. Il convegno di cui vi parliamo, importante svolta in questa lunga frequentazione, segna la nascita di un rapporto più stretto tra la scuola di Milano e il territorio elvetico, attraverso il riconoscimento del Centro Milanese di Terapia della Famiglia da parte della Società Svizzera di Psichiatria e Psicoterapia (SSPP).
Il convegno, organizzato in collaborazione tra il CMTF,  la sezione svizzera del CMTF,  con coinvolgimento dell’Università dell’Insubria e dell’Università San Raffaele di Milano, ha visto una buona partecipazione di pubblico.
Inizia Camilla Callegari (Direttore S.C. Psichiatria Varese, e Professore associato di Psichiatria all’Universtà di Varese), con una relazione molto interessante dal titolo “Excursus storico e clinica dei disturbi dissociativi”. Callegari sottolinea quanto la dissociazione sia l’esito distorto di processi abituali (sognare a occhi aperti) che arrivano a provocare disturbi per la loro degenerazione. Avviene negli eventi traumatici quando si cerca la fuga (col pensiero, con i processi mentali) e non c’è via di fuga. Isteria e schizofrenia hanno in comune una immagine di frammentazione, rilevata dalla psicoanalisi tanto quanto dall’analisi del discorso su queste categorie psicopatologiche. La dissociazione non è insomma tipica della psicosi ma fatto comune all’isteria, alla simulazione e alla coscienza fluttuante.
Parla poi il Prof. Antonio Malgaroli (Professore di Fisiologia e Neuroscienze, Università San Raffaele di Milano e Università della Svizzera Italiana USI, Lugano). “Attenzione coscienza e identità personale: una visione neuroscientifica”, questo il tema che affronta. Già dalle prime battute si evidenzia quanto il tema sia complesso. La coscienza è un processo di arricchimento delle informazioni che prevede una acquisizione seriale e parallela: in altre parole può arrivarci un guizzo di coscienza mentre il nostro pensiero si sta dirigendo lontano dal problema da affrontare. È impossibile realizzare un metro della coscienza, come è difficile definire il rapporto tra coscienza e identità, con i suoi vissuti ed emozioni, aspetti che la scienza può indagare solo parzialmente con i propri metodi.
Lo psichiatra Michele Mattia, Rappresentante del CMTF nella Confederazione Elvetica porta una relazione dal titolo “Personalità multipla: esiste?”. Prima traccia un excursus di casi di personalità multiple famosi: Eberhardt Gmelinnel del 1791; Mary Reynolds del 1816, fino al caso di Chris Costner (1957), da cui fu tratto il film I tre volti di Eva. Attraverso un caso Mattia si chiede se si possa parlare di dissociazione quando il sé è già un nucleo non coeso, frutto di esperienze e voci differenti. Apre così la strada a una visione costruttivista, ripresa in un caso clinico.
Il prof Pietro Barbetta (Professore di Psicologia Dinamica, Università di Bergamo e Direttore del Centro Milanese di Terapia della Famiglia) porta un tema caro alla sistemica sin dalle origini: l’incontro con la psicosi e i disturbi dissociativi. Barbetta si è già occupato di questi temi in numerosi lavori, tra cui “La follia rivisitata” (2014), “Follia e creazione” (2012), “Lo schizofrenico della famiglia” (2008). Porta ora altri casi clinici, visti e affrontati secondo una visione non psichiatrica, cioè con un pensiero che non si riferisce alle categorie psichiatriche, ma ad altre premesse, antropologiche, filosofiche e storiche; nello stile sistemico del Milan Approach, in maniera inclusiva e non direttiva.
Il convegno mostra quanto il Centro Milanese voglia proporsi come comunità in cui si discute, luogo che propone un pensiero e, allo stesso tempo, ne permette la critica, per sostenere così un’analisi del discorso, sulla clinica come sulla tecnica di terapia.