Intervista a Mary Catherine Bateson

Intervista a Mary Catherine Bateson

di Gianluca Ganda
(leggi il testo inglese)

Alcuni giorni prima del tristemente famoso 11/9, Mary Catherine Bateson mi rilasciò questa intervista. Lei era a Mantova per intervenire a Festivaletteratura, un’occasione di incontro tra gli scrittori, gli studiosi e il loro pubblico. Da appassionato lettore dei Bateson ho cercato di fare qualche domanda alla maggiore delle figlie di Gregory. Lei, con molta cortesia e pazienza, mi ha fatto conoscere il suo punto di vista su alcune questioni.

G: La nostra epoca è contraddistinta da mille voci ma anche da idee guida molto forti. Il suo lavoro e quello di suo padre ha cercato di dare forma a un’idea di etica cibernetica, una teoria dell’azione nel mondo vivente. Che cosa ci può dire in merito?

MCB: Per rispondere alla domanda vorrei usare un esempio biologico: la monocoltura, quando molti campi sono coltivati con uno stesso tipo di semente. In ogni situazione in cui noi diciamo “questa è la giusta via da percorrere” e ognuno deve accettarla, ci mettiamo in una situazione di monocultura. Niente potrebbe essere permesso, quella è la corretta teologia. Questo viene detto dalla Chiesa, dai Mullah in Afganistan, dai marxisti e dalla economia del libero mercato negli Stati Uniti. Questi sono esempi di verità singole e di monocultura.
Credo che sia importante sviluppare una modalità di pensiero interno che permette la diversità. Una conversazione interna multipla come una molteplicità nel mare. Il macropotere impone un punto di vista. Ma abbiamo il dovere di esprimere voci diverse, con modalità nuove, come nella pittura, nella letteratura, nella scienza o nella politica. L’arte, attraverso la voce di un poeta, è una comunicazione sulla natura sistemica della mente e quindi anche una retroazione sulla vita.

G: Sì, la poesia è essenziale per descrivere la vita.

MCB: Se dovessimo parlare delle esperienze non dovremmo separarle in piccole scatole. Per questo anche i rituali sono importanti. Le cose in cui credo, quello che penso sull’universo, posso esprimerlo partecipando a rituali, anche se i biologi dicono che è un nonsense. Sono felice e piena di gratitudine per non avere il potere di dire cosa è successo. Posso trovare una voce tra le molte voci dentro di me per spiegarmelo, senza essere assolutamente certa, senza essere dogmatica o fondamentalista perché ho fiducia che ci saranno molte altre voci che potranno bilanciare la mia. 

G: Invece dobbiamo fare i conti con una cultura basata su una logica lineare. Le culture dominanti creano anche il modo di leggere il mondo. Da dove viene questa logica?

MCB: possiamo vederla nella differenza tra la società neolitica e la nostra società: hanno una diversa organizzazione. La prima, con piccoli gruppi di persone, non enfatizzava la proprietà. Le persone vivevano di caccia e dividevano le prede. Dopo l’invenzione dell’agricoltura la proprietà divenne molto più importante. E ciò comporta un confronto fra quello che le persone possiedono. È nata l’idea che “se tu hai di più, io ho di meno”. È una epistemologia molto diversa, quella del gioco a somma zero. Per abbattere questo gioco adesso stiamo vivendo una grande possibilità, rappresentata dalle molte informazioni disponibili da tutti gli esseri umani. Le possiamo trovare anche nelle famiglie: si può parlare e comunicare in molti, differenti, modi. Una conversazione ricca è fondamentale. 

G: Eppure, spesso, nella vita di tutti i giorni la pluralità è annullata con semplificazioni e ridotta a luoghi comuni. Anche nelle famiglie?

MCB: Sì, per esempio nelle relazioni tra uomini e donne. Dobbiamo capire come lo script delle relazioni di genere si è evoluto nella cultura occidentale, distorcendo l’uomo come la donna. Tutti noi, con lo scopo di confermare gli stereotipi della nostra cultura dobbiamo uccidere alcune parti di noi. Come la distinzione circa una sfera pubblica per l’uomo e una privata per la donna. Questa distinzione richiede agli esseri umani uno splitting. Siccome le due sfere si mescolano e si fondono abbiamo bisogno di connettere le differenze tra gli uomini e le donne. Noi dobbiamo partecipare e prenderci la responsabilità in un mondo dove molte cose pericolose stanno succedendo.

G: E nella famiglia come possiamo recuperare il nuovo, la molteplicità? 

MCB: Uno dei punti che enfatizzo nel mio nuovo libro [ndr. Full Circles, OverlappinG: Lives: Culture and Generation in Transition, 2000, Random House] è che le nuove famiglie sono, per definizione, piene di differenze. Tempo fa,  con le famiglie trigenerazionali accanto ad adulti e bambini c’erano anche gli  anziani. I bambini erano maschi e femmine con età differenti e potevano stare con persone di età differenti. Però solo qualche volta le famiglie erano composte da persone che avevano lo stesso valore e parlavano lo stesso linguaggio. Una volta il padre decideva quali idee seguire e gli altri dovevano accettarle; se qualcuno non le accettava veniva intimorito.
Adesso le famiglie sono costituite da adulti e bambini, spesso solo da uno. Ma adesso alle persone di una famiglia è permesso parlare e ognuno desidera essere considerato mentre comunica; e viene fuori che i componenti della famiglia hanno punti di vista differenti.
Ognuno ha una diversa funzione nella famiglia. Sto parlando del concetto di una famiglia pluralistica in cui si può conoscere il punto di vista dell’altro.

G: Qualche volta succede che qualcuno viene considerato “malato” se gli altri membri della famiglia pensano e concordano con l’idea che è sbagliato quello che dice o che fa.

MCB: Per me, comunque, non è un buon punto di vista l’idea che, sicuramente, ognuno debba concordare su punti di vista differenti altrimenti la famiglia non è sana e che, se ciò non avviene, qualcuno diventa patologico. Questo succede, ma solo se noi diciamo che il punto di vista dell’altro è cattivo, malato o patologico questa persona diventerà sicuramente un paziente. Ma se questa persona comincia a proporre il suo punto di vista come un nuovo argomento o una nuova domanda bisognerà poi parlarne in proposito. Quando se ne parla si può raggiungere qualcosa di nuovo. Se ognuno ha un diverso modo di vedere le cose non ha bisogno di diventare un paziente, un colpevole o sentirsi punito per questo. 

G: Cioè nella famiglia si può proporre una serie di punti di vista e la comunicazione in proposito può assomigliare a un metalogo!

MCB: In realtà i membri delle famiglie sono ripetutamente esposte a un contesto multiculturale. E possono imparare modi diversi di vedere il mondo da altre famiglie. Non è sempre detto che noi conosciamo quello che gli altri pensano e quello che una persona pensa non rimane sempre uguale. Noi viviamo in mezzo a stranieri. Le persone sono scioccate quando dico questo!

G: Sarebbe come dire che bisognerebbe incoraggiare e promuovere le persone a sentirsi sorprese da nuove esperienze. Sono delle nuove risorse.

MCB: Sì, perché conoscere nuovi modi di pensare fa sì che le persone non rimangano sempre uguali. Loro possono cambiare e diventare qualcosa di diverso. Possono rendersi conto che viviamo in un multiuniverso, viviamo una verità multipla.

G: Sembra un po’ simile alla metafora della Gaia Hypothesis: la vita è possibile in un sistema aperto lontano dall’equilibrio, con un modello auto-organizzantesi. 

MCB: Quella di Gaia è una metafora. Al livello più semplice illustra la capacità di auto-correzione degli esseri viventi. Ma una metafora favorisce la formazione di idee e domande. Una buona metafora induce un apprendimento costante. E può essere anche un contesto per sintetizzare le informazioni. Così la Gaia Hypothesis ci rimanda ai suoi vari livelli che noi viviamo in un mondo biologizzato, un sacro processo in cui noi condividiamo una comunità a cui partecipiamo. Questa metafora organizza la consapevolezza della interconnessione, ci propone l’empatia come una modalità per organizzare la conoscenza. Per Gregory l’empatia è un pattern che connette, la mia similarità con il sistema. Noi abbiamo similarità non solo con gli esseri umani ma anche con i cavalli e i pesci, gli alberi e i funghi. In questo ecosistema dobbiamo trattare ogni cosa con il giusto rispetto. Per Gregory, essere consapevoli della unità della forma della vita è una connessione sacra.

G: Potrebbe succedere però che alcuni esseri umani, una famiglia o alcuni gruppi, scelgano di isolarsi per mantenere la loro propria coerenza interna e proteggere il proprio modo di vedere il mondo?

MCB: L’esperienza ci ha insegnato che quando le nazioni si sono divise in molte fazioni molti partiti sono nati in esse. Ho potuto osservare qualcosa di simile quando ero rettore in un college. I ragazzi neri stavano con i neri e i bianchi con i bianchi. Non potevo spiegarmi come fosse possibile. Prima di tutto, una delle ragioni era che preferivano stare insieme perché vivevano la situazione come meno stressante e si sentivano rilassati a stare insieme. E mentre loro facevano questo scoprivano che non erano per niente uguali. È il miglior esempio per spiegare cosa succede tra due differenti partiti politici che discutono e combattono fra di loro: è un’illusione che ogni membro del suo partito concorderà con gli altri perché ognuno è differente.
Ma mentre sono seduti insieme si possono esprimere e proporre come individui. 

G: Questo succede quando la paura per la novità fa brutti scherzi. Allora le persone si chiudono e cercano di stare in quelle relazioni che gli rimandano una certa immagine di loro.

MCB: Se una persona va in un’altra nazione i nativi lo possono chiamare “straniero”, come persona differente dai nativi. Loro vedono il mondo in un modo diverso cosicché  lo “straniero” può imparare un nuovo modo di vederlo ma anche che c’è più di un modo in cui vederlo. Anche se quando un Italiano va a New York chiunque potrebbe chiamarlo “Italiano” e qualche volta esprimere un certo disprezzo. Anche in questo modo vengono sottolineate le differenze culturali tra gruppi di diversi paesi.

G: Quindi, l’incontro con la diversità mette le persone davanti alla possibilità di modificare la propria epistemologia, se non temono di perdere la propria coerenza.

MCB: Il senso è: io stimo la mia comunità, apprezzo le tradizioni della mia comunità ma sono consapevole delle tradizioni di altre genti e non sono né spaventata né le rifiuto. Sono stata incoraggiata a rispettare le diversità e ad essere curiosa. La curiosità è così importante.

G: Il lavoro di Gianfranco Cecchin ci ha fatto apprezzare quanto la curiosità in terapia sia importante per conoscere e comprendere un sistema, per creare con esso una realtà. E questa realtà può cambiare con noi. Mantenere la curiosità può permettere di concordare una possibile “verità”. Soprattutto se c’è il rispetto per gli altri.

MCB: Piuttosto spesso i giovani mi dicono che si sentono incompresi dai loro genitori e dagli adulti. Per esempio una studentessa cinese mi raccontò quanto suo padre fosse severo e chiuso. Non voleva ascoltarla. Le consigliai di iniziare a parlare con lui, circa i suoi usi, i suoi modi di vedere il mondo. Lei poteva chiedergli di parlarle di come si era comportato quando era arrivato negli USA, come era riuscito ad adattarsi a una nuova cultura.

G: Per aiutare gli altri a cambiare è necessario ascoltarli. E prima che cambino loro bisogna che cambi io…

MCB: Non solo. Parlare con suo padre le permetteva di capire come lui si era adattato in un mondo che cambia e cosa ci si porta con sé per comunicare attraverso il gap generazionale. I gruppi di diversa cultura, come i gruppi esterni alle famiglie, portano lo stesso tipo di diversità. Allora si può imparare a colmare il gap, senza che ci sia bisogno di sentirsi scoraggiati per il senso di estraneità, perché si può imparare ad occuparsi di questa estraneità anche nella propria casa.
Dobbiamo iniziare nella famiglia ad imparare ad avere a che fare con le differenze. Le persone pensano che la famiglia sia un posto da cui scappare e distanziarsi ma non è sempre così netto. La famiglia è un sistema interattivo complesso: se insegnassimo alle persone ad essere preparati a queste complessità potrebbero aspettarsi e conoscere le differenze ovunque. Abbiamo bisogno di molte opportunità per stare insieme. Non dimentichiamoci che genitori e figli, nati nella stessa nazione con 30  anni di distanza, sono nati in due ambienti culturali estremamente diversi.

G: La famiglia allora è il primo luogo fonte di diversità. In che grado incide il rapporto tra le generazioni nell’evidenziare questa diversità?

MCB: Prima di tutto si può notare che i cicli di vita dei membri della famiglia sono cambiati perché viviamo più a lungo. Ma questo comporta che sia cambiato anche il modo in cui i cicli di vita di diverse generazioni si sovrappongono. Nella vita dei genitori è cambiato il momento in cui i figli si sposano. Molti hanno nipoti e pronipoti. Questo cambiamento ha un effetto sulla natura delle nostre interazioni. Nel mio libro cerco di spiegare come i rapporti fra gli esseri umani di diverse generazioni sono un incastro che deve sincronizzarsi. Le marce delle diverse generazioni si adattano le une alle altre quando i rapporti fra di loro sono cambiati. La relazione tra le generazioni è fondamentale per la trasmissione e lo sviluppo della cultura umana.

G: Sembra che l’individuo sia in grado di imparare all’interno della famiglia un modo per amare profondamente qualcuno pur non comprendendolo completamente. Talvolta non è per niente facile, talvolta non succede proprio. Ci dobbiamo prendere cura delle famiglie per questo? E in che modo? In quali contesti sociali possono emergere le abilità e le risorse umane? come possiamo insegnare alle persone a usare le loro capacità?

MCB: Uno potrebbe essere la scuola. La scuola è piena di terribili idee! Tutti i bambini sono della stessa età. Questo è innaturale. Potrebbero essere mescolati con altri bambini di età differente. I bambini più grandi potrebbero aiutare i bambini più giovani. I genitori potrebbero essere coinvolti, i bambini insegnare ai genitori, come ad esempio l’uso del computer. 

G: È un modo non comune di insegnare, è una costruzione non banale della scuola e del metodo di insegnamento, dove tutti possono insegnare e imparare in modo circolare.

MCB: Sì, le scuole sono progettate per produrre ognuno allo stesso modo, uniformando le persone. Diversi talenti e differenti caratteristiche delle persone possono essere valorizzate e stimolate perché ognuno sia in grado di esprimere le sue capacità migliori o quelle che gli piacciono di più. Il luogo per iniziare probabilmente è a scuola.

G: La scuola quindi “forma” nel senso che “uniforma”. E con questo toglie spazio alla novità.

MCB: Un bambino sotto i due, tre anni è pieno di curiosità. Una delle cose che noi facciamo a scuola è scoraggiare la sua curiosità. Nelle nostre scuole l’unico tipo di differenza che viene considerata è circa i voti: questo prende cento, l’altro solo sessantacinque. Il primo è meglio del secondo.

G: Cioè si è spinti a dare più attenzione alla quantità. Sembra di rinforzare il gioco a somma zero. Quali possono essere gli effetti immediati di questa situazione?

MCB: Per esempio c’è un bambino e un’insegnante, e il bambino dà la risposta sbagliata. Se l’insegnante dice tu sei stupido o tu sei cattivo lui non può migliorare e inizierà ad avere una cattiva opinione di se stesso.

G: Come in Angel Fears: è più importante dare agli allievi una nota positiva circa ciò che stanno facendo bene e stimolare le loro domande e la loro curiosità per scoprire altre risposte e vedere se sono accettate. Cosa si può dire ad un insegnante?

MCB: Si può insegnare ad un insegnante che definire un bambino cattivo o incapace rende il bambino più incapace, stupido e cattivo di quanto non sia in realtà. Quando ero bambina volevo modificare il giardino della casa in cui vivevo. Iniziai a spostare gli alberi ma questi, dopo che li avevo piantati in altri punti, morirono.

G:  E quindi ognuno deve cercare la propria strada?

MCB: Possiamo fare qualcosa per questo ma non sempre. Certo, senza la stima degli altri e di se stessi è più difficile.