Skip to content
7 Giugno 2025
  • Connessioni su Facebook
  • Il CMTF su Facebook
  • Il CMTF su YouTube
  • Il CMTF su Linkedin
  • Email
  • Telegram

Connessioni Web

La rivista telematica del Centro Milanese di Terapia della Famiglia

Primary Menu
  • Home
  • La Redazione
  • Il Comitato scientifico
  • Contributi
    • Articoli
    • Metalogos e Connessioni
    • Video dal Web
    • Lenti sistemiche
  • Rubriche
    • Territori sistemici
    • Dal mondo sistemico
    • Vita del CMTF
    • LettureI libri scelti dalla Redazione
  • Archivio
    • Connessioni Nuova Serie 2017-2023
      • Numero 1 (giugno 2017)
      • Numero 2 (dicembre 2017)
      • Numero 3 (giugno 2018)
      • Numero 4 (dicembre 2018)
      • Numero 5 (giugno 2019)
      • Numero 6 (dicembre 2019)
      • Numero 7 Speciale COVID-19 (giugno 2020)
      • Numero 8 (dicembre 2020)
      • Numero 9 (giugno 2021)
      • Numero 10 (dicembre 2021)
      • Numero 11 (giugno 2022)
      • Numero 12 (dicembre 2022)
      • Numero 13 (giugno 2023)
      • Numero 14 (dicembre 2023)
    • La rivista di carta 1997-2016
  • Norme editoriali
  • CMTF Editore
Scrivici
  • Home
  • Libri
  • Recensione di “Psicoanalisi e rivoluzione. Psicologia critica per i movimenti di liberazione” di Ian Parker e David Pavón-Cuéllar,
  • Connessioni Nuova Serie 2017-2023
  • Libri
  • Numero 10 (dicembre 2021)

Recensione di “Psicoanalisi e rivoluzione. Psicologia critica per i movimenti di liberazione” di Ian Parker e David Pavón-Cuéllar,

Letto da Giada Cola
Rivista Connessioni 28 Dicembre 2021 5 min read

Condividi:

  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIn
  • Telegram
  • E-mail
  • WhatsApp
image_pdfScarica in pdf

Ombre corte, 2021.
Letto da Giada Cola.

Psicoanalisi e rivoluzione. Psicologia critica per i movimenti di liberazione nasce durante la pandemia dal lavoro a quattro mani di Ian Parker e David Pavón-Cuéllar. Tradotto da Enrico Valtellina per Ombre Corte, il manifesto intreccia idee difficili da trasporre sul piano narrativo. Richiede un’opera di traduzione pratica su due livelli, uno clinico e l’altro politico, vicendevolmente implicati tra loro.

La lettura di queste pagine è un processo frenetico, perché febbrile e urgente è la questione che ci sottopongono. Come possiamo riconsiderare quelli che vengono diagnosticati e trattati come problemi psicologici individuali, riconoscendone la dimensione politica, storica e sociale? La sofferenza che abita gli esseri umani è un mero indicatore di disfunzioni psicopatologiche che necessitano un riadattamento individuale, oppure lo sfruttamento lavorativo, la precarietà, l’imperativo performante che abita il nostro tempo c’entrano qualcosa e richiedono un ingaggio collettivo, che porti al cambiamento?

Sembra che le odierne tendenze psy abbiano uno sguardo riparativo e riabilitante. Biografie straordinariamente articolate tra luoghi, generazioni e legami, una volta immesse nel circuito della cura finiscono per essere prosciugate in racconti granitici, fermi ad un tempo presente, che non ammette trasformazioni. Il sintomo è in questo senso un rigurgito indesiderato dell’inconscio, visto come hostis – nemico, da espugnare con l’esercizio della consapevolezza e da domare attraverso la normalizzazione. L’ambiente che causa, circonda e alimenta la sofferenza è considerato esterno all’individuo e contrapposto ad esso: da ciò deriva un atteggiamento (anche clinico) di parcellizzazione e frammentazione, nonché una pericolosa adesione intellettuale ed etica a un presunto ordine naturale. Un ordine contraddistinto da sfruttamento, oppressione e da un dilagante senso di alienazione nei confronti degli altri e dell’ambiente. Un ordine che celebra l’autonomia e bandisce la possibilità di scoprirsi reciprocamente dipendenti nelle relazioni, influenzabili da ciò che incontri, scontri e conflitti riescono a generare in termini di possibilità e cambiamento.

La considerazione di mente e di Io come proprietà individuali contribuisce a reificarli e la scienza che si presta a questo discorso si trasforma da strumento di comprensione a dispositivo di previsione e controllo. Opera al fine di ricondurre l’eterogeneità e la complessità ad un modello dominante di umanità, quello che si è affermato attraverso il colonialismo, il capitalismo, il patriarcato. Persiste l’idea darwiniana di omogeneità come fattore cruciale per la sopravvivenza, al punto tale che ogni differenza viene negata o patologizzata e solo di rado riconosciuta come elemento indispensabile per generare effetti e favorire mutamenti. Questa razionalità sostiene anche un certo tipo di ricerca e di approccio alla conoscenza, accumulata ed espulsa in un circuito bulimico di uso e consumo e solo raramente attenta agli aspetti individuali, qualitativi e singolari.

Il manifesto di Parker e Cuéllar non si limita ad auspicare una rivoluzione del pensiero. La realizza, scegliendo parole che agiscono una trasformazione e presentando la psicoanalisi come possibile alleata. Lungi dall’essere la celebrazione in termini assoluti di una disciplina, la proposta degli autori muove da una contestualizzazione della psicoanalisi come prodotto storico e sociale ben definito, dotato di potenzialità e limiti. Alla sua versione conservatrice, affezionata alla lotta piccolo borghese dell’Io contro pulsioni, istinto e natura, viene contrapposta una psicoanalisi rivoluzionaria. Una psicoanalisi capace di sostenere i movimenti di liberazione e l’attivismo, perché in grado di riconoscere l’umana tendenza a replicare nelle storie autobiografiche e familiari le strutture ideologiche ed economiche dominanti.

L’invito è quello di dar voce alla frattura intimamente percepita quando avvertiamo a un tempo sopraffazione e desiderio di liberazione, ma anche godimento nel reiterare le stesse dinamiche di potere che ci affannano. La liberazione sembra allora passare dalle corde vocali, dal corpo, da respiri e odori condivisi nella stanza di analisi. Spazio a sua volta mai completamente avulso da dinamiche di potere e sopraffazione. Si pensi ad esempio all’applicazione del modello psicoanalitico come principio esplicativo di tutto ciò che emerge dentro e fuori dal contesto clinico, o all’afonia a cui è ridotto l’analizzato, quando lo psicoanalista s’intestardisce parlando al posto suo. Anche la relazione d’aiuto è intrisa di dinamiche di potere e di potenziale sopraffazione: saperle riconoscere e problematizzare è indispensabile per non abusarne. “Liberare la psicoanalisi”, scrivono gli autori, è un processo cruciale affinché essa possa fungere da risorsa e sostenere la liberazione.

Ciò sembra essere particolarmente importante nel lavoro clinico con le famiglie, strutture sociali intrise di un’ideologia normativa e inserite in matrici strutturali che replicano l’organizzazione sociale. Organizzazione nella quale la felicità è raggiungibile a patto che vi sia un’adesione capillare al modello dominante: tutti i legami che si discostano da esso, corrono il rischio di essere percepiti come carenti ed esser ricondotti a percorsi di sviluppo “normali”. Ferreira scrive che l’elemento centrale di un mito familiare è la condivisione di modelli di distorsione della realtà. Il termine distorsione non è da intendersi in senso psicopatologico. Esso denota piuttosto l’abilità di costruire e mantenere credenze complementari circa i ruoli familiari, trovando senso e giustificazione ai propri modelli relazionali. Forse la distinzione dei ruoli e conseguentemente delle aspettative che ciascuno sviluppa nei confronti degli altri è un processo intrinsecamente sociale e politico, a cui nemmeno l’analista è estraneo. Ciò rende necessario non sentirsi esonerati, in quanto professionisti della cura e della salute, dal problematizzare i propri sistemi di credenze, riuscendo a coglierne l’influenza e il potere che sono in grado di esercitare nell’incontro con l’altro.

Uno spunto interessante a questo proposito potrebbe arrivare dalla sistemica e dalle riflessioni di Gianfranco Cecchin sul tema del linguaggio: il significato delle parole è solo apparentemente generato da chi le pronuncia e molto più verosimilmente attribuito da parte di chi le ascolta. Se una forma di influenzamento è inevitabile, anche nella relazione terapeutica, possiamo pensare che una terapia finisca “bene” quando il cliente diventa e si percepisce attivo nella ridefinizione della propria storia e della propria posizione.

I movimenti femministi, l’attivismo disabile, i tentativi di affermazione delle persone con fragilità psichica, le lotte delle minoranze etniche, sessuali, identitarie possono trovare un valido alleato nella psicoanalisi rivoluzionaria che Parker e Pavón-Cuéllar raccontano in queste pagine. Al contempo, possono a loro volta essere validi alleati per quei professionisti e quelle professioniste della cura che avvertono con dolore il sottile confine tra cura e controllo e provano costantemente a non scadere nella psicologizzazione dei soggetti, guardandosi bene dall’adattarli all’ideale normativo, che non rende alcuna giustizia alla meravigliosa diversità che ci contraddistingue.

Leggi anche:

Recensione di "The Milan Approach, History and Evolution” di Pietro Barbetta e Umberta Telfener
"La follia a quarant'anni da Basaglia", Convegno nazionale delle Scuole del Centro Milanese di Terap...
In ricordo dell’infamia, le sparizioni forzate nel Magdalena Medio, in Colombia
Editoriale (numero 6)

Continue Reading

Previous: Recensione di “Il manuale deontologico degli psicologi. Tra le parti e nella parte” di Catello Parmentola e Elena Leardini
Next: Recensione di “Diritti umani e intervento psicologico. Etica e pratica clinica” A cura di Pietro Barbetta e Gabriella Scaduto

Artículos en español

Complejidad como Estética 1

Complejidad como Estética

25 Giugno 2022
Sobre la memoria de la infamia, la desaparición forzada en el Magdalena Medio, Colombia 2

Sobre la memoria de la infamia, la desaparición forzada en el Magdalena Medio, Colombia

29 Dicembre 2021
Vivir a la intemperie 3

Vivir a la intemperie

20 Giugno 2020
Entrevista a Marcelo Pakman: Micropolítica, Poética, Evento y Sentido 4

Entrevista a Marcelo Pakman: Micropolítica, Poética, Evento y Sentido

29 Giugno 2019
Foto: Ivo Rainha
Il CMTF spiegato dagli allievi
Annalisa Di Luca: Le sei fasi della resilienza - un modello di terapia sistemica del trauma 

IL CMTF IN 10 MINUTI

Enrico Cazzaniga
Cinzia Giordano
Massimo Giuliani

Il CMTF su Facebook

Il CMTF su Facebook

Connessioni su Facebook

Connessioni su Facebook

Licenza Creative Commons

Licenza Creative Commons Tutti gli articoli di questa rivista sono distribuiti con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale.

DISCLAIMER

ConnessioniWeb viene aggiornato senza periodicità fissa e la frequenza dei post non è prestabilita. In questo senso non può considerarsi una testata giornalistica ai sensi della legge n. 62 del 07/03/2001.

CONTATTI

C/o Centro Milanese di Terapia della Famiglia
Via G. Leopardi, 19
20123 Milano
Tel. +39 02 4815 350
Segreteria: segreteria[at]cmtf.it
Direttore: direttore.connessioni[at]cmtf.it

  • Connessioni su Facebook
  • Il CMTF su Facebook
  • Il CMTF su YouTube
  • Il CMTF su Linkedin
  • Email
  • Telegram
  • Connessioni su Facebook
  • Il CMTF su Facebook
  • Il CMTF su YouTube
  • Il CMTF su Linkedin
  • Email
  • Telegram
© 2024 Centro Milanese di Terapia della Famiglia s.r.l. Via G. Leopardi 19, 20123 Milano - Italy Tel/Fax 02/4815350 C.F. e P.IVA 06878870150
Questo sito fa uso di alcuni cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione.
loading Annulla
L'articolo non è stato pubblicato, controlla gli indirizzi e-mail!
Verifica dell'e-mail non riuscita. Riprova.
Ci dispiace, il tuo blog non consente di condividere articoli tramite e-mail.