Aggiornamento del 5 gennaio 2021.
Alcuni giorni dopo la pubblicazione di questo articolo abbiamo appreso che Mary Catherine ci ha lasciato. Lo staff del Centro Milanese di Terapia della Famiglia e la redazione di Connessioni la piangono con quanti hanno conosciuto il suo contributo alle discipline che ci stanno a cuore.
Sulla pagina Facebook del Centro Milanese si può leggere un ricordo di Pietro Barbetta.
di Mary Catherine Bateson
Traduzione di Enrico Valtellina
Discorso pronunciato al Tavistock Institute di Londra nel maggio 2004 come seconda conferenza annuale in memoria di Gregory Bateson sponsorizzata dall’Università di East London. Il testo è stato pubblicato per la prima volta su Cybernetics and Human Knowing: Bateson, M. C. (2005). The Double Bind: Pathology and creativity. Cybernetics and Human Knowing, 12, 1–2, 11–21), ed è stato tradotto in greco e pubblicato in Metalogos (numero 11, 2005), dopo che M. C. Bateson e l’editore Soren Brier hanno gentilmente dato loro consenso. Connessioni ha riproposto il testo al lettore italiano nell’ambito della collaborazione tra le due riviste.
Mary Catherine Bateson è una scrittrice e antropologa, Professore alla Harvard Graduate School of Education e Professore di Antropologia e Inglese alla George Mason University. È president dell’Institute for Intercultural Studies, N. Y. Ha scritto numerosi articoli e libri.
Di quando in quando mi sono meravigliata per un commento che mio padre Gregory Bateson mi ha fatto mentre camminavamo nel bosco tra una sessione e l’altra della Conferenza sulla Finalità cosciente e l’Adattamento Umano a Burg Wartenstein, il castello di proprietà della Fondazione Wenner-Gren, a Gloggnitz, in Austria (M. C. Bateson, 2004). È stato un commento che ho trovato piuttosto scioccante. “La natura”, mi disse, “è una lurida cagna che crea doppi vincoli”. Quello che cercherò di fare qui è contestualizzare quel commento in relazione ai diversi periodi della vita e del lavoro di Gregory e, così facendo, suggerire un modo diverso di guardare al doppio vincolo che non si limiti alla patologia.
La teoria del doppio vincolo è stata sviluppata nel periodo della vita di Gregory in cui era maggiormente coinvolto nella psichiatria, nella psicoterapia e nello studio della schizofrenia. La conferenza Wenner-Gren in cui Gregory fece quel commento, tuttavia, ebbe luogo molto tempo dopo che si era ritirato dal gruppo di colleghi con i quali aveva studiato la schizofrenia e aveva sviluppato il concetto del doppio vincolo. Successivamente aveva trascorso del tempo nelle Isole Vergini e alle Hawaii a studiare i delfini ed era diventato profondamente preoccupato per le questioni ambientali. Quando Gregory stava lavorando al doppio vincolo, ero ancora un’adolescente, ma ricordo che ne parlava e spiegava che la classe di tutte le penne non è una penna e non si può usare per scrivere, per illustrare la teoria dei tipi logici e come si relazionano al doppio vincolo. Ricordo che sedevo dietro uno specchio unidirezionale e lo guardavo lavorare con una famiglia in cui c’era un membro diagnosticato schizofrenico.
Al tempo della Conferenza sulla Finalità Cosciente e l’Adattamento Umano, tuttavia, un decennio più tardi, stavo collaborando con lui da persona adulta. In pratica, ho appreso il suo modo di pensare al contrario. Allora, scrivendo metaloghi di conversazioni romanzate padre-figlia, stava usando la teoria dell’informazione e la cibernetica per capire il comportamento disadattivo degli esseri umani nella biosfera. Eravamo riuniti a Burg Wartenstein per parlare dell’abuso dei sistemi naturali, non della psicoterapia, ma lui era lì a riportarmi ai suoi primi lavori con questo commento piuttosto scioccante, che suggeriva che le disfunzioni nel consorzio umano potessero essere parte di un modello più ampio.
Prima di tutto, un po’ di storia. Gregory non ha vissuto una guerra particolarmente “buona”. Era venuto in America con mia madre negli anni Trenta ed era ancora un suddito britannico, così quando scoppiò la seconda guerra mondiale in Europa, tornò nel suo Paese il più presto possibile, chiedendo come poteva tornare utile. Gli fu detto che non avevano bisogno di un antropologo, così tornò negli Stati Uniti e trascorse la guerra nel Pacifico lavorando per l’OSS, l’organizzazione madre di quella che oggi è la CIA, dove fu coinvolto nella guerra psicologica e nella disinformazione.
In effetti, egli contribuiva allo sforzo bellico usando la sua comprensione della cultura e della natura della comunicazione per creare confusione nel nemico. Non credo che fosse molto bravo a farlo. Nessuna delle sue storie sembra molto convincente. Credeva profondamente nell’importanza di sconfiggere le potenze dell’Asse, come la maggior parte degli intellettuali dell’epoca, ma l’atto di disturbare o distorcere la comunicazione era, credo, qualcosa che trovava molto doloroso. Per un periodo dopo la guerra, Gregory cadde in una lunga depressione. Andò in analisi con una junghiana, Elizabeth Hellersberg, si separò da mia madre, e si trasferì in California. Molte persone si stavano prodigando per trovargli un lavoro, e si scoprì che c’era una categoria, “etnologo”, nel sistema di amministrazione dei veterani, per la quale poteva essere descritto come unico qualificato, nonostante non avesse la cittadinanza, così ottenne un lavoro con i pazienti psichiatrici presso il Veterans Administration Hospital di Palo Alto.
Lì iniziò a lavorare con gli alcolisti, uno dei quali era anche schizofrenico diagnosticato. (È utile ricordare che da allora le categorie diagnostiche sono cambiate). Ricordo di aver ascoltato con Gregory dei nastri di “insalata di parole” schizofreniche, e che commentava che c’era una struttura in questo sbraitare apparentemente caotico. Per non metterci troppo la mano sul fuoco, disse, “c’è metodo nella sua follia”. Gregory giunse così alla conclusione che alla radice della schizofrenia ci fosse un’incongruenza logica, un’interruzione del pensiero e della comunicazione, che poteva essere vista come causata o esacerbata dagli schemi di relazione nelle famiglie degli schizofrenici. Questi modelli sono stati definiti come il doppio vincolo.
Il problema principale nella comprensione e nel dare un senso alla teoria del doppio vincolo è la tendenza a pensare che i doppi vincoli siano cose che si possono contare. Il doppio vincolo era in realtà un modello astratto di relazioni che potevano emergere in scambi particolari, ma questi dipendevano sempre da un contesto più ampio. Come nel noto esempio del giovane che era stato in ospedale e che si era in qualche modo ripreso da un episodio di schizofrenia acuta quando gli venne in visita la madre. Questo è il racconto di Gregory dell’evento: “Un giovanotto che si era abbastanza ben rimesso da un accesso di schizofrenia ricevette in ospedale una visita di sua madre. Contento di vederla, le mise d’impulso il braccio sulle spalle, al che ella s’irrigidì. Egli ritrasse il braccio, e la madre gli domandò: ‘Non mi vuoi più bene?’. Il ragazzo arrossì, e la madre disse ancora: ‘Caro, non devi provare così facilmente imbarazzo e paura dei tuoi sentimenti’. Il paziente non poté stare con la madre che per pochi minuti ancora, e dopo la sua partenza aggredì un inserviente e fu messo nel bagno freddo” (G. Bateson [1949b], 2000, 217).
In questa sequenza, il giovane compie un gesto d’affetto, e l’irrigidimento della madre trasmette un rifiuto di quell’affetto da parte sua – proibisce la sua espressione d’affetto. Ma poi interpreta la sua reazione come se lui non la amasse – viene punito per la sua risposta – e gli viene proibito di notare il suo rifiuto. Lei continua a esprimere affetto verbalmente e a dare a lui la colpa del fallimento dell’interazione. Il suo commento successivo è che lui non deve avere paura di esprimere i suoi sentimenti. È una brutta storia, e chiaramente è dolorosa e dirompente per il paziente e lo spinge a un comportamento violento.
Il doppio vincolo si crea nell’interazione tra due o più parti o entità (evito deliberatamente di dire “persone”, che è la formula consueta – in realtà si tratta di parti di un insieme più grande) in un rapporto significativo non transitorio che continua per un periodo prolungato, con lo stesso schema ripetuto più e più volte. In questo schema, c’è una contraddizione tra messaggi a diversi livelli logici: un’ingiunzione primaria e una seconda ingiunzione conflittuale ad un altro livello che influisce sull’interpretazione della prima. In questa situazione c’è un pericolo o una minaccia emotiva reale, non c’è la possibilità di ritirarsi, e non c’è la possibilità di dare un nome al problema.
Così Gregory, studiando i pazienti psichiatrici, ha posto le basi per il processo familiare per cui le intuizioni sulla psicologia e la biologia umana sono nate dallo sforzo per affrontare la patologia. Storicamente, abbiamo dovuto fare un passo indietro rispetto agli sforzi di Freud per comprendere la psicopatologia dei suoi pazienti, per progredire verso una teoria della salute, rispetto alla quale quei problemi possono essere affrontati e forse trattati. Impariamo a conoscere il sistema immunitario come sistema che mantiene la salute nel corpo umano studiando i punti in cui fallisce. Questa sequenza avviene di continuo nella ricerca biomedica, tranne che spesso viene omesso il passo finale – lo studio del sistema funzionante e del suo sviluppo sano.
Nel corso del tempo, poiché Gregory e gli altri membri del suo gruppo si sono concentrati sulla schizofrenia come argomento di ricerca, non solo perché trovavano questi pazienti particolarmente interessanti, ma anche perché era lì che si trovavano i finanziamenti (non, per esempio, nell’analisi dell’umorismo, che li interessava nello stesso periodo e che presentava alcune analogie). La schizofrenia era un problema, e c’erano soldi disponibili per la ricerca che avrebbe potuto trovare una soluzione a quel problema. Allo stesso modo, i biologi attualmente stanno scrivendo diligentemente domande di sovvenzione per dimostrare che la ricerca scientifica di base che sono interessati a fare su, diciamo, il sistema immunitario o il cervello o quant’altro, contribuirà alla ricerca di una cura per l’HIV-AIDS, perché al momento negli Stati Uniti è lì che si trovano i soldi per la ricerca. A parte una serie di incidenti – il lavoro durante la guerra, il lavoro per l’Associazione Veterani, la disponibilità di risorse per la ricerca sulla schizofrenia – non credo che Gregory si sarebbe concentrato sulla patologia come punto di partenza. Ironia della sorte, è diventato famoso (al di fuori dell’antropologia, su cui si è concentrata in gran parte sul suo lavoro prebellico) per aver identificato il doppio vincolo come patologia della comunicazione all’interno delle famiglie, che si ipotizzava potesse causare o esacerbare la schizofrenia. Questo significava che si stava concentrando esattamente su ciò che sostanziava i suoi sforzi durante la guerra, l’interruzione della comunicazione. Non credo che si possa dare un senso al lavoro di Gregory se non vi si guarda come a un ricercatore con un interesse primario per la comprensione della totalità, piuttosto che con un interesse primario per la patologia.
La domanda posta da Gregory a Burg Wartenstein riguardava l’incapacità degli esseri umani di comprendere il carattere sistemico del mondo naturale di cui facciamo parte. Ciò è stato posto nei termini del fallimento della finalità cosciente nel condurre ad azioni intraprese per raggiungere obiettivi specifici o risolvere problemi specifici. E naturalmente, questo è il modo in cui è strutturata la maggior parte della ricerca medica e psichiatrica, in gran parte orientata alla soluzione dei problemi piuttosto che alla comprensione. Gregory sottolineava che questo approccio è spesso distruttivo, a lungo termine. Quando si ha qualcosa che sembra essere una soluzione, si dice: “Bene, non mi serve altro”. Ai nostri giorni, si tratta probabilmente di una droga psicoattiva. Abbiamo scoperto che quando si somministrano a vari tipi di pazienti mentali, questi smettono di essere un problema. Così si smette di porsi la domanda più ampia di cosa non funzioni in tutto il sistema in cui si sviluppa la patologia, e spesso si ignorano gli effetti collaterali fino a quando non è troppo tardi. Oggi si preferisce inoltre dare la colpa dei problemi alla genetica, così da evitare di pensare in modo più ampio all’esperienza umana.
A Burg Wartenstein, Gregory sosteneva che occuparsi solo di piccole porzioni di sistemi più grandi e cercare di raggiungere finalità limitate era la causa della distruttività umana nella biosfera: aveva individuato un problema. Ma era irremovibile nel rifiutare la ricerca di una soluzione (una “soluzione rapida”): “[…] La tentazione nella nostra posizione nel tempo presente, di fronte a questa serie di problemi enormemente complessi, è quella di afferrare il più velocemente possibile qualsiasi cosa che nasconda l’oscurità del soggetto e, soprattutto, ci dia qualcosa da fare, preferibilmente una reazione muscolare. C’è un’altissima probabilità che ci avvieremo proprio verso quelle operazioni che rientrano come parte di questo sistema complesso e che aumentano di una frazione trascurabile la velocità con cui il mondo si approssima all’inferno” (M. C. Bateson, 2004, 302).
Gregory ha invece indirizzato la conferenza verso modi di pensare la totalità nelle arti e nella religione e attraverso il processo primario. Se si torna a un saggio che scrisse nel 1949, intitolato “Bali: The Value System of a Steady State” (Bateson, G., 2000, 107-27), ciò che si trova è un insieme di idee sulla percezione estetica della totalità e sulle caratteristiche di un sistema in equilibrio che non è incline ad andare in fuga. Bali ha rappresentato per lui una possibilità che credo sia alla base di molte cose che ha detto in tempi successivi parlando della saggezza e del sacro. A Burg Wartenstein, Gregory ha cercato di dare una definizione del “brutto”. Il suo esempio di bruttezza era quella che viene chiamata la lesione di Still, che egli descriveva come il “mito centrale dell’osteopatia” (Bateson, M. C., 2004, 294-95). Si tratta di un maladattamento, un’irregolarità nella progressione ritmica della colonna vertebrale, cioè un’alterazione dello schema che diventa poi l’origine di una vasta gamma di altri disturbi. Quella lesione che rompe lo schema era per lui emblematica della bruttezza. Il doppio vincolo è così.
Quando Gregory disse: “la natura è una lurida cagna che crea doppi vincoli”, ci si potrebbe chiedere se stesse parlando della propria madre, e la risposta è che probabilmente era così, e forse anche di altre donne della sua vita, non è stato certo un caso che il progetto si sia concentrato principalmente sulla madre schizofrenica. Ma dare la colpa alla madre non era il punto centrale della teoria del doppio vincolo. Penso che la questione centrale fosse la natura della distorsione nei modelli di comunicazione e di pensiero e le circostanze in cui tale distorsione diventi intollerabile. Anche il doppio vincolo, credo, non dovrebbe essere visto semplicisticamente come un problema da risolvere. Il fatto è che, sebbene si vedano esempi piuttosto raccapriccianti nelle famiglie dei pazienti, ci sono doppi vincoli in tutta l’esperienza che non portano necessariamente alla malattia mentale e possono anche portare alla creatività. La domanda è perché alcuni individui li trovino così devastanti (Kafka, 1971).
Il doppio vincolo ci circonda. Non c’è via di fuga. Basta aprire un giornale. Ho trovato interessante, di recente, rileggere i primi articoli di Gregory, per vedere come nel 1942 Gregory scriveva di quale errore sarebbe stato, dopo la guerra, imporre la democrazia (Bateson, G., 2000, 159-65). Dove abbiamo sentito questa idea ultimamente? Scrisse del pericolo di istituire quelli che lui chiamava i “demo-Quisling” nelle ex potenze dell’Asse. Questo parallelismo corrisponde a uno dei classici doppi vincoli, cioè dire a un bambino o a un paziente: “Devi essere libero, devi fare le tue scelte”. Ecco la contraddizione: se devi essere libero, allora non sei libero.
In realtà, ci sono due livelli logici di libertà in gioco, così come ci sono due livelli logici nel paradosso di Epimenide, “sto mentendo”, che creano un’oscillazione: se sto mentendo, allora sto dicendo la verità, ma… eccetera. Potremmo dire che in questo momento una delle cause della follia in Iraq è il conflitto tra l’ingiunzione primaria, dovete essere democratici e liberi di scegliere la vostra forma di governo, e l’ingiunzione secondaria ad accettare il fatto che i nostri soldati resteranno lì e saranno i giudici di ciò che vale come democrazia. Non siete liberi di ritirarvi o di commentare la limitazione della vostra libertà, per non essere ritenuti sleali o ingrati. Questo è un doppio vincolo, e un vincolo letale, che gli iracheni non possono né articolare né sfuggire.
Come esseri umani, tuttavia, siamo tutti soggetti a molteplici doppi vincoli che si sviluppano attraverso modelli ricorrenti in contesti di apprendimento. Il doppio vincolo non è solo un elemento per comprendere la schizofrenia e una vasta gamma di altre psicopatologie apprese o acquisite (Sluzki, Veron, in Sluzki, Ransom, 1976, 261) ma fa parte del tessuto della vita ordinaria. Come per tutte le teorie che vedono l’eziologia della psicopatologia nell’apprendimento infantile, la domanda più interessante è perché alcune persone sopravvivono apparentemente intatte – o se forse tutti gli esseri umani o tutti quelli cresciuti in particolari culture sono danneggiati allo stesso modo, accettato come normale.
Forse il doppio vincolo più basilare che interessa tutti gli esseri umani è che possiamo sapere a un livello che ci siamo evoluti per lottare per la sopravvivenza individuale, e a un altro livello, che come specie con riproduzione bisessuale, dipendiamo dalla morte. Siamo tutti presi, come si dice, tra l’incudine e il martello, conoscendo a un livello, forse razionale, la necessità della morte, e a un altro livello, essendo profondamente programmati per lottare contro la morte. Gran parte della religione sembra essere uno sforzo per sfuggire a questo doppio vincolo apparentemente inflitto da una divinità amorosa e giusta. In qualche modo la razionalità è insufficiente. Anche per le persone che hanno un’idea molto chiara del fatto che stanno effettivamente morendo e che lottano per accettare la morte come appropriata, mentre la coscienza si riduce, si afferma l’abitudine profondamente radicata di cercare di rimanere in vita ostinatamente, e diventano incapaci di affrontare la contraddizione, che si afferma anche nelle risposte emotive conflittuali dei loro amici e dei loro parenti.
Vivendo in una società occidentale individualista, siamo doppiamente vincolati dal fatto che ci viene detto che siamo liberi e che siamo soggetti a un gran numero di controlli sociali che ci rendono non liberi (Sluzki, Veron, in Sluzki, Ransom, 1976, 252). Nello stesso volume (199-208), un articolo del 1965 di Ronald Laing identifica lo stesso tipo di paradosso nel concetto marxista di mistificazione, dove a un livello le persone sanno di essere sfruttate e a un altro livello si dice che dovrebbero essere grate. Wilden e Wilson (263-286) sottolineano che tutto il nostro sistema economico dipende dalla crescita continua in un contesto in cui la crescita illimitata deve portare all’autodistruzione. Quando ci siamo incontrati a Burg Wartenstein, Gregory aveva cominciato a parlare della crescita economica come di un processo che crea dipendenza, e le idee per il suo articolo del 1971 sull’alcolismo sono state sviluppate nelle settimane successive (G. Bateson, 2000).
In precedenza, ho definito il doppio vincolo come due ingiunzioni contraddittorie a diversi livelli di comunicazione, che coinvolgono due parti o entità, in cui non è possibile nominare la contraddizione o sfuggirle. Qualunque sia la terminologia, è importante notare che un doppio vincolo non deve necessariamente coinvolgere due persone. La confusione dei livelli logici che crea il doppio vincolo sembra verificarsi più facilmente quando un sistema è incorporato in un altro. Quindi, l’interazione del doppio vincolo non è un evento tra madre e figlio, nell’esempio riportato in precedenza, ma tra il figlio e la famiglia di cui fa parte. Può anche verificarsi all’interno della persona o dell’organismo, o tra l’individuo e l’unità sociale, e, più significativamente, tra un organismo o una specie e il suo ambiente.
Dal punto di vista di Gregory, l’unità di sopravvivenza è l’organismo nel suo ambiente. Cerchiamo di risolvere problemi immediati come gli insetti nocivi con il DDT, ma per farlo ci rifiutiamo di riconoscere il carattere sistemico del mondo in cui viviamo. Blocchiamo questa realtà alla percezione proprio come la madre schizofrenica proibisce al bambino di articolare la contraddizione, il doppio vincolo, in cui è intrappolato. Farlo significherebbe dire qualcosa di brutto sulla madre e forse perderla. Allo stesso modo, non siamo disposti ad analizzare la contraddizione tra le nostre finalità e la nostra sopravvivenza (come individui o come specie) o la contraddizione tra l’essere organismi che devono necessariamente morire e l’essere convinti della necessità di rimanere in vita. Gran parte della paranoia prodotta da tali contraddizioni è semplicemente data per scontata.
Gregory ha equiparato il “sistema” nella teoria dei sistemi o senso cibernetico con la “mente”, dimostrando che un sistema può imparare, può rispondere, può interpretare gli eventi e può autocorreggersi in vari modi (Bateson, G., 2003, 91-128). E ha sottolineato che se si accetta questa definizione, la mente non è necessariamente qualcosa di contenuto in un involucro di pelle. Una mente potrebbe essere due persone in interazione, o un boscaiolo e un’ascia e un albero. Potrebbe essere un intero ecosistema con una certa capacità di risposta e di adattamento ai cambiamenti. Da questo punto di vista, la madre e il figlio della storia citata in precedenza, anche se possiamo vedere che sono due persone e hanno due cervelli, sono intrappolati in un unico sistema disadattivo, un circuito che si autosostiene, e funzionano come un’unica mente difettosa. Il doppio vincolo non è solo qualcosa che accade a una mente, ma anche qualcosa che accade in una mente.
La nostra specie è parte di un sistema, una mente più grande, nel senso di Bateson. Facciamo parte del mondo naturale ma ci comportiamo come se ne fossimo al di fuori, generando contraddizioni, incoerenze e brutture. Ci capita di essere il pezzo “cosciente” del sistema più grande, ma su questo punto, la natura dell’interazione è tenuta fuori dalla consapevolezza. Siamo, in ogni caso, consapevoli solo di una minuscola parte di ciò che accade dentro di noi, e ciò necessariamente. Possiamo solo dire che abbiamo una consapevolezza della parte della mente che siamo. Sarebbe impossibile essere totalmente auto-coscienti, creando un regresso infinito della consapevolezza della consapevolezza della consapevolezza della consapevolezza. Così siamo capaci di contraddizioni interne (come i disturbi autoimmuni), e siamo capaci di essere parte di interazioni più ampie in cui ci sono contraddizioni patogene letali in cui svolgiamo ciecamente un ruolo distruttivo.
Una delle mie osservazioni preferite di Gregory è stata una definizione dell’amore in termini cibernetici, che mi piace ripetere agli studenti perché a loro sembra così poco romantica. (Una volta uno dei miei studenti mi ha chiesto, dopo aver letto With a Daughter’s Eye (Bateson, M. C., 2001), “Lei e i suoi genitori non avete mai avuto conversazioni normali?”) Gregory disse: “Si potrebbe dire che l’amore è un concetto piuttosto difficile da definire, legato a cose di cui abbiamo discusso – sistemi. Almeno una parte di ciò che intendiamo con questa parola potrebbe essere esposta dicendo che ‘Amo X’ potrebbe essere scritto come ‘Mi considero un sistema, qualunque cosa questo possa significare, e accetto con valutazione positiva il fatto che lo sono, preferendo esserlo piuttosto che cadere a pezzi e morire; e considero la persona che amo come sistemica…’”. Ecco una riformulazione della regola aurea, giusto? Aha. Ma Gregory ha fatto un altro passo avanti, che è molto importante perché ha continuato dicendo: “… e considero il mio sistema e il suo sistema come un sistema più grande con un certo grado di conformabilità al suo interno”. (Bateson M.C., 2004, 279-80). Questo non è nella regola aurea. Questo è il pezzo del pensiero di Gregory che si incontra quando si parla il linguaggio dell’individualismo, perché Gregory guardava agli individui umani non solo come sistemi ma come componenti di sistemi più grandi che hanno essi stessi un valore intrinseco. Quindi una comunità ha un valore. Una famiglia ha valore. Ciò che gli studenti non riescono a riconoscere in questa frase è una traduzione dell’affermazione profondamente romantica degli amanti, siamo una persona sola.
Dove ci porta tutto questo? Che cosa facciamo di questa tendenza piuttosto orribile a produrre brutture sulle contraddizioni non riconosciute in cui continuiamo ad incorrere, forse ancor più facilmente nelle società industrializzate occidentali? Le conseguenze sono particolarmente gravi perché noi in Occidente abbiamo il potere di infliggere queste contraddizioni in modo più ampio e più disastroso che mai sul pianeta. Direi che, poiché non siamo in grado di evitare i doppi vincoli, dovremmo imparare a riconoscerli e a lavorarci in circostanze relativamente sicure.
Alcuni degli psicoterapeuti che facevano parte del gruppo Bateson si sono interessati all’uso di interventi paradossali in psicoterapia. Osservarono Frieda Fromm-Reichmann al lavoro e Milton Erickson, uno dei grandi ipnoterapisti. In entrambi i casi, il terapeuta creava deliberatamente delle contraddizioni. I doppi vincoli creano psicopatologie, ma possono anche essere usati per risolvere patologie o per stimolare la creatività. C’è una storia illuminante che Gregory ha raccontato, di un delfino che viene usato per dimostrare l’apprendimento tramite rinforzo in uno spettacolo in acquario. Per fornire nuovi esempi in ogni spettacolo, l’istruttore rifiuta la performance che è stata premiata il giorno precedente, cosa che frustra e angoscia il delfino. Alla fine, il delfino trascende il processo per un passo verso un tipo logico superiore (Bateson, G., 2000, 276-278). Improvvisamente, con grande eccitazione, il delfino produce una lunga serie di comportamenti precedentemente non osservati, avendo afferrato l’idea astratta che ciò che viene premiato è la novità, una classe di comportamenti piuttosto che un comportamento particolare.
In questo senso, il doppio vincolo solleva interrogativi per l’educazione. Tutti i bambini hanno l’esperienza di essere premiati per comportamenti che poi vengono dati per scontati – la maggior parte degli adulti non viene elogiata per il successo nell’allacciarsi le scarpe o nell’uso del vasino! Ma anche la novità non sempre viene premiata. Gli artisti devono imparare che il loro lavoro creativo viene valutato solo se è riconoscibilmente uguale al lavoro precedente (ma diverso), e i bambini riconoscono rapidamente che non vengono valutati in base all’apprendimento o alla creatività, ma per le risposte corrette.
Se i doppi vincoli sono inerenti alla situazione umana, dobbiamo pensare a come i bambini possano imparare a osservare e diagnosticare l’incoerenza logica e a salire la scala dei tipi logici per risolvere il paradosso. Il paradosso può essere un insegnante potente, come lo è nella formazione Zen, oltre che una fonte di psicopatologia. Dobbiamo sradicare i doppi vincoli disfunzionali che sono costruiti nei processi educativi nelle scuole, ma dobbiamo anche chiederci se ci sono modi per costruire nel processo di scolarizzazione la capacità di funzionare coscientemente a più livelli.
La capacità umana di apprendere e di trasmettere l’apprendimento è una cosa meravigliosa, ma è importante riconoscere che ad ogni nuovo incremento dell’apprendimento si creano dissonanze, che devono essere in qualche modo risolte, sia all’interno degli individui che tra di loro. Diciamo che ho imparato qualcosa ieri, il che significa che oggi so qualcosa che voi non sapete e che potremmo aver bisogno di chiarircelo per mantenere la conformabilità tra le nostre concezioni del mondo. Viviamo in una situazione cronica di adattamento a idee sconosciute e di nuovo apprendimento, che crea una costante dissonanza con le vecchie idee, spesso attraverso la disparità tra l’apprendimento a casa e a scuola. La maggior parte della formazione impone queste contraddizioni senza essere consapevole del fatto che i costi per i bambini sono elevati, anche se la posta in gioco emotiva a scuola non è così alta come a casa. Per avere successo a scuola, in primo luogo, bisogna definirsi ignoranti, e in secondo luogo, se si è immigrati o si proviene da un gruppo minoritario, si è probabilmente messi nella condizione di imparare un pezzo della cultura maggioritaria che fa di sé un traditore della propria famiglia. Inoltre, il sistema proclama la legittimità di mettere in discussione – ma solo fino a un certo punto, oltre cui punisce.
Il nuovo apprendimento può anche minacciare le preziose premesse del processo di apprendimento, minando l’apprendimento futuro. Sono cresciuta sentendomi dire che se mi fossi bruciata, avrei dovuto mettere del burro sulla bruciatura. Poi a un certo punto mi hanno detto: “No, non farlo, metti la scottatura sotto l’acqua corrente o meglio ancora mettici del ghiaccio”. Non solo avevo imparato una versione di come affrontare una scottatura, ma nel processo di apprendimento di ciò, avevo anche imparato a chi credere sulla natura della validità e dell’autorità. Se venite a dirmi: “questo è sbagliato, è una superstizione”, il pericolo è che stiate interrompendo uno schema più astratto che potrebbe essere essenziale per il mio apprendimento futuro. Questo è stato sottolineato per i bambini afroamericani che parlano un dialetto inglese perfettamente regolare e prevedibile, anche se che non è standard. E si dice loro che parlano in modo sbagliato, come se stessero solo commettendo errori casuali. Ma non è così. Parlano grammaticalmente, ma è una grammatica diversa, ma poiché il loro uso non è casuale, le correzioni violano il loro senso del modello. Il rischio a scuola è che nell’introdurre nuovo materiale, stiamo anche sconvolgendo ciò di cui Gregory ha descritto come premesse deutero-apprese di come imparare, come affrontare il contesto e il modello, a chi credere, quali relazioni insegnano le relazioni.
Si può andare in due direzioni. Si può dire che mettere il burro su una bruciatura è falso e superstizioso e antiquato e non si dovrebbe credere alle persone che ti dicono di farlo, oppure si può dire che lo scopo di mettere il burro su una bruciatura è quello di tagliare il contatto con l’ossigeno per evitare che l’ossidazione continui. Ci sono diversi modi per fermare questo processo di combustione: Puoi privarlo dell’ossigeno, o puoi abbassare la temperatura, e con acqua o ghiaccio, fai entrambe le cose. Quindi, in sostanza, chiunque mi abbia detto di mettere il burro su una bruciatura mi stava dicendo qualcosa che aveva senso, e ho fatto bene ad ascoltarlo, ma il nuovo approccio è un modo più efficiente per ottenere ciò che mi stavano insegnando. Questo tipo di correzione non è dirompente per l’apprendimento futuro (Bateson, M. C., [2001] in Bateson, M. C., 2004, 250-62).
Dire che una cosa appresa in precedenza è un errore è dirompente, quindi ha senso farlo quando si desidera che tale frattura sia desiderata. Dire che la versione biblica della creazione è una superstizione o una menzogna è molto più dirompente che dire che è una versione metaforica o poetica della verità. L’ideale è rendere lo studente capace di pensare a più livelli, di capire il rapporto tra grammatiche alternative in cui una è socialmente preferibile, i diversi tipi di efficienza dei diversi procedimenti, la possibilità di diverse verità che non sono contraddittorie perché “vere” in modi diversi. Forse l’attuale epidemia globale di fondamentalismo è un effetto collaterale della massiccia esposizione a nuove idee e informazioni in modi che minacciano l’intera volontà di imparare.
Il doppio vincolo è endemico nella vita umana. Il gruppo Bateson ha trovato i cambiamenti di tipo logico che creano il doppio vincolo nell’umorismo e nella religione, nella metafora e nella poesia e in tutte le arti, e ha osservato modi creativi di affrontarli. Non si possono eliminare le dissonanze tra i livelli logici. Quello che dobbiamo fare è trovare un modo per preparare i bambini a vivere a più livelli, inserendo la consapevolezza dei molteplici livelli nei nostri sistemi educativi. Questo è il motivo per cui le misure economiche che stanno entrando in vigore in tutti gli Stati Uniti per eliminare le arti dall’istruzione, e per concentrare tutto sulle risposte corrette agli esami sono così pericolose e distruttive.
Con due genitori entrambi antropologi, sono cresciuta in una famiglia in cui l’osservazione dei partecipanti era la norma, una tecnica che prevede l’esperienza a più livelli: partecipare e osservare se stessi e l’altro allo stesso tempo. A casa nostra, era così che si guardava la colazione. Trovo che molte persone, però, se dico loro che i miei genitori hanno preso appunti su di me e hanno scattato centinaia di fotografie, rimangono scioccate perché trovano la nozione di osservazione scientifica, di sguardo intellettuale, alienante. La gente tende a sentire che il ruolo dell’osservatore è un ruolo distanziante e incompatibile con l’amore, con la partecipazione a un’interazione amorosa. Essendo stata letteralmente addestrata all’osservazione partecipante fin dalla più giovane età, sono convinta che questo sia stato per me un modo primario di imparare a funzionare a più livelli: essere coinvolta, interagire, partecipare, e allo stesso tempo osservare e analizzare e imparare (Bateson, M. C., [1991] in Bateson, M. C., 2004, 320-338). Critico, per questo, è quell’elemento dell’auto-osservazione che oggi si chiama riflessività: essere consapevoli delle proprie risposte in quel contesto. I clinici usano talvolta anche il termine relativo soggettività disciplinata, che significa essere impegnati e attenti e osservanti, auto-osservanti, e anche disposti ad agire. La stessa stratificazione dell’esperienza è coinvolta nella ricerca dell’azione, e infatti dobbiamo esigere da tutti coloro che agiscono sulla vita degli altri – genitori, insegnanti, riformatori – che esprimano rispetto e amore portando la loro più alta intelligenza e che coltivino molteplici strati di consapevolezza, sempre alle prese con i paradossi creati dalla necessaria incertezza.
Gregory ha esitato ad agire. Esitava ad agire per molti livelli di ragioni – tutte queste cose hanno molteplici livelli di causazione – ma almeno una parte della sua esitazione, credo, è stata la sua esperienza di guerra, la mancanza di volontà di usare l’intuizione come strumento per risolvere i problemi che potrebbero diventare una manipolazione distruttiva. Eppure, nell’ultimo decennio e mezzo della sua vita, diceva che dobbiamo arrivare a una nuova coscienza e a un nuovo livello di grazia nel modo in cui interagiamo con il mondo naturale, di cui dobbiamo riconoscere noi stessi come parte. C’era sia rabbia che dolore in quel commento mezzo scherzoso che mi fece quel giorno, che “è una lurida cagna che crea doppi vincoli”, ma si diceva di un rapporto con la natura che non possiamo lasciare e di cui non possiamo fare a meno, un rapporto che deve essere finalmente d’amore.
Bibliografia
Nota: Tutti i riferimenti nel testo e sotto riportati si riferiscono all’ultima edizione disponibile, con la data di pubblicazione originale, se diversa, citata tra parentesi.
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