Il Centro Milanese ricorda Mony Elkaïm (di Umberta Telfener e Pietro Barbetta)

Il Centro Milanese ricorda Mony Elkaïm (di Umberta Telfener e Pietro Barbetta)

(immagine da Liberation,fr)

Mony Elkaim è morto venerdì 20 novembre 2020 dopo una lunga ospedalizzazione, evviva Mony Elkaim.
Nato a Marrakech nel 1941, pensatore sistemico e neuropsichiatra, è stato direttore dell’Istituto di studi sulla famiglia e sui sistemi umani di Bruxelles dal 1979 e direttore della rivista Cahiers Critique de Thérapie Familiale e de Pratiques de Réseaux. E’ stato il fondatore, il  presidente e l’anima dell’Associazione Europea di Terapia Familiare (EFTA)  che raduna professionisti dal 1990; era attualmente il chair del Board che accoglie gli Istituti europei che si occupano di formazione sistemica, che lui aveva insistito per creare nel 2001 (EFTA-TIC).
Diretto, autorevole, accentratore, ironico e puntuale, grande amico di Luigi e Gianfranco, ce lo ricorderemo perché ci è venuto a trovare a Milano più di una volta e tra gli altri suoi contributi per il libro Se mi ami non amarmi, (Seuil 1989, Bollati Boringhieri 1992) in cui propone il quid pro quo delle coppie: proprio perché si amano rischiano di dover ballare distanti.
Lo ricorderò, lo ricorderemo, come una mente brillante, un uomo molto umano, un fantastico teorico e un buon amico.
Lunga vita alla sua influenza nel nostro campo e alla sua memoria!
Umberta Telfener

Ho conosciuto personalmente Mony Elkaiim a casa di Donald Bloch a Manhattan, molti anni fa. Lo avevo ascoltato più volte nei suoi interventi in italiano a diversi convegni organizzati sia dal CMTF che dalle associazioni scientifiche delle scuole sistemico-relazionali. L’ho visto al recente convegno Efta-Sippr di Napoli, ma non sono riuscito ad andare a sentirlo quando fu invitato a Palermo.
Mony Elkaim è stato un grandissimo terapeuta e un maestro di grande cultura. Conosceva bene la filosofia, la letteratura e aveva frequentato molti esponenti dell’area francese e Parigina tra gli anni Sessanta e gli anno Novanta del secolo scorso. Si era interessato a Jean Jacques Abrahams, noto anche come L’uomo col magnetofono, che aveva, per la prima volta, portato un piccolo registratore durante la sua seduta con lo psicoanalista. Poiché lo psicoanalista aveva rifiutato di parlare nel magnetofono, Abrahams lo aveva costretto e la registrazione era stata poi pubblicata da Jean-Paul Sartre, contro il parere degli psicoanalisti. Elkaim aveva preso parte a questa impresa letteraria a aveva conosciuto personalmente Abrahams. Dalla sua scuola di terapia – grazie alla formazione ampia e flessibile che ricevevano – i suoi allievi imparavano alcune declinazioni impensate di terapia. Un caro amico mio, Michel Jeannes, dopo la formazione con lui, aveva inventato un lavoro in un museo di Lione. Si era fatto denominare Monsieur Bouton (Signor Bottone) e, tra le altre attività, filmava, dentro una periferia, le mani della gente che passava, chiedendo loro di slacciare e riallacciare un bottone. In breve era diventato il Signor Bottone del quartiere, veniva invitato nella case e mi mostrò la ripresa di una nipote e una nonna che ricordavano la madre/figlia scomparsa, rovistando dentro la scatola dei bottoni. Attraverso la storia dei bottoni, la storia orale delle vite familiari. Elkaim aveva lavorato con Felix Guattari e, attraverso la storia dell’uomo col magnetofono, anche con Elvio Fachinelli.
Si racconta che, quando veniva a Milano su invito di Luigi Boscolo e Gianfranco Cecchin, al momento di esser pagato, lui, riconoscendo la grandezza dei nostri fondatori, una volta abbia preso l’assegno del compenso e l’abbia nobilmente rifiutato.
Pietro Barbetta