di Fany Triantafillou
Traduzione di Ada Piselli
Questo dialogo, basato prevalentemente sulle idee di Gregory Bateson, è stato originariamente pubblicato in greco su Metalogos, 2010, 18: 6-26. Fany Triantafillou è psichiatra e psicoterapeuta, fotin@hol.gr.
A p p r e n d e r e
Le costruzioni in questione sono le idee di Gregory Bateson… Con la speranza che possano essere utili alle riflessioni di coloro che partecipano e co-costruiscono i processi di apprendimento/insegnamento/cambiamento…
(Tratto dal primo seminario di un training quadriennale in Terapia Familiare del 2010):
Didatta: (agli allievi, professionisti nel campo della salute mentale): Allora, se vi chiedo come imparate? Quale pensate sia il vostro modo preferito di imparare?
Allievi:
- Io preferisco i metodi esperienziali, i giochi, il movimento.
- Quando sono stanco anche io preferisco il movimento. Sono stanco delle lezioni frontali.
- Io preferisco prima ascoltare e poi leggere tutte le cose che ho sentito.
- Io ho bisogno non solo di studiare le cose, ma anche di rispolverarle di quando in quando così che siano ben fissate nella mia mente.
- Ma non siamo bambini, e nemmeno più studenti delle superiori!
- Dai, come se ci fosse stata qualche differenza all’università! Tutta la nostra istruzione, dalle fondamenta, è stata tradizionale! Siamo abituati a questo stile. É più facile.
- Cosa stai dicendo?! Io imparo più facilmente con I metodi esperienziali!
- Anche a me piacciono I metodi esperienziali… Sono piacevoli!
- Pronto! Imparare è una faccenda di “mi piace o non mi piace”?! Io credo che ci sia bisogno di serietà!
- Sì, e c’è bisogno anche di estetica!…
Didatta: Pensate che una discussione possa essere un modo di imparare “esperienziale”, “serio” ed “estetico”?
***
Figlia Papà, queste conversazioni sono serie?
Padre Certo che lo sono.
F. Non sono una specie di gioco che tu fai con me?
P. Dio non voglia… Sono però una specie di gioco che noi facciamo insieme.
F. Allora non sono serie!
(Metalogo: Dei giochi e della serietà) (1, p. 14, tr. it. p. 45).
***
Gregory Bateson: Dato che la nostra discussione va oltre le questioni quantitative, va verso i pattern e le qualità, arriveremo inevitabilmente (sperabilmente) a fare riflessioni sull’estetica1… (7)
Allievo: Stai dicendo, Gregory, che in una conversazione didattica in cui i partecipanti formano insieme una “unità di apprendimento”, il loro sguardo unificante inizierà a vedere la connessione tra le cose, la loro unità, e che questo sarà “estetica”? (5)
Gregory Bateson: Sì, sto parlando di quella scintilla che appare alla coscienza come una perturbazione (5).
Allievo: Come possiamo raggiungere quella scintilla?
Gregory Bateson: Solo quando percepiamo il sottostante pattern di relazioni che connette un grillo, un’opera d’arte, una famiglia o un’idea, solo allora possiamo iniziare a realizzare l’estetica delle cose2… (5).
Allievo: Mmm… Per te quindi “estetica” significa “ogni cosa che risuona al pattern che connette”, al pattern delle relazioni! (2).
A livello umano, tuttavia, intendi una risonanza olistica di conscio, inconscio, logica, fantasia ed emozione?
E i sensi? Come se li potessimo separare dai sentimenti, dalle idee, dal corpo!
Gregory Bateson: Prendi un semplice puntino di gesso sulla lavagna. Se metti il dito sul puntino non lo puoi sentire. Tuttavia, se muovi il dito delicatamente sulla superficie invariata del puntino – finché non incontri il bordo del punto bianco – lo senti immediatamente (5). La morale è che non si può presentare al sistema sensoriale, come lo chiamano, nessun input di una situazione statica. Si può solo percepire quello che un evento produce al confine di un organo di senso. E l’unica cosa che può creare un evento al confine di un organo di senso è la differenza, il contrasto (7).
Allievo: Allora cos’è la differenza?!
Gregory Bateson: La differenza non è una cosa o un fatto. Il gesso è diverso dalla lavagna, ma la differenza non sta né nel gesso né nella lavagna né nello spazio in mezzo. La differenza è intangibile; è una faccenda astratta. La differenza non si può situare nello spazio o nel tempo, non è una quantità3 (2).
Allievo: Quindi non è materia né energia?! Ma non ci sono un mucchio di differenze dentro al gesso?!
Gregory Bateson: Certamente, c’è un numero infinito di differenze intorno e dentro al gesso4… Ma quando creiamo una differenza, quando operiamo una distinzione, scegliamo la relazione su cui ci focalizziamo. Questo perché la differenza è un’idea; ha a che fare con una distinzione tra membri o oggetti – una distinzione creata dalla persona che la percepisce come una relazione tra le parti… (5).
Allievo: Intendi dire che la creiamo noi? Siamo noi che scegliamo, Gregory?
Gregory Bateson: Certamente! E sicuramente le molteplici differenze dicono più delle relazioni dell’osservatore che dei contenuti delle osservazioni… (5).
Allievo: Quindi l’apprendimento è un fenomeno sistemico, relazionale?!
Gregory Bateson: Sì, dobbiamo partire dal presupposto che la relazione viene prima e che se c’è qualcosa come un apprendimento “individuale” è come un uragano (emergente) dalla relazione (8). Inoltre le descrizioni di una persona sono limitate, solo una frazione, un dettaglio. E naturalmente, la relazione deriva dalla doppia descrizione delle molteplici differenze5…
(William Blake: Che dio ci salvi dalla visione singola e dal sonno di Newton6!).
Allievo: Tu dici che senza la cornice estetica il significato della differenza è limitato al dominio dei dettagli?!
Gregory Bateson: Sì… quando aumentiamo la nostra inevitabile diversità, quando entriamo in contatto con una moltitudine di differenze, possiamo sentire e apprendere i pattern e i contesti della relazione… (5).
Io penso che ciò che la coscienza non può mai apprezzare senza aiuto (l’aiuto dell’arte, dei sogni, della religione, dei miti) è la natura sistemica della mente e di conseguenza la pura razionalità finalizzata diventa di necessità patogena e distruttrice di vita7… (1)
Allievo: Perché?
Gregory Bateson: Perché la coscienza senza aiuto deve sempre tendere all’odio: non solo perché sterminare il prossimo è norma di buon senso, ma per la ragione più profonda che, vedendo solo archi di circuito, l’individuo è continuamente sorpreso e necessariamente irritato quando le sue cocciute tattiche si rivoltano a mordere l’inventore… (1, p. 148; tr. it p. 186).
Allievo: Stai parlando non solo della necessità di un pensiero circolare, ma anche della necessità di vivere all’interno di processi stocastici8?! (2, p. 148; tr. it. p. 197).
Gregory Bateson: Tanto il cambiamento genetico quanto il processo detto apprendimento (ivi compresi i cambiamenti somatici indotti dall’abitudine e dall’ambiente) sono processi stocastici. È mia convinzione che in ciascun caso vi sia un flusso di eventi che è per certi aspetti casuale e un processo selettivo non casuale che fa sì che alcune delle componenti casuali “sopravvivano” più a lungo delle altre. Senza il casuale, non possono esservi cose nuove. (2, p. 147, tr. it. p. 197).
Allievo: Quindi questo significa che se il processo al quale partecipiamo (terapia familiare o insegnamento) prevede uno scopo, della razionalità (la nostra teoria), un piano (il nostro “metodo” o tecnica) e una parte di spontaneità, casualità, imprevedibilità, immaginazione) allora è “stocastico”?
In un processo di apprendimento così ci sarebbe una certa programmazione o intenzione di “imparare” qualcosa, ma il processo sarebbe anche intessuto con la libertà, l’improvvisazione e la creatività di tutti i partecipanti…
Gregory Bateson: Io credo che se proprio l’azione deve essere programmata, allora deve sempre essere programmata su una base estetica.
Allievo: Consideriamo inoltre che in una classe (di bambini, adolescenti o adulti) ogni persona9 è un sistema olistico, che si regola e si organizza da solo, ma che anche partecipa a un sistema più ampio (la classe o il contesto dell’apprendimento) che lo contiene e ne è allo stesso tempo prodotto, e che questo sistema allargato a sua volta funziona come un sistema olistico, che si regola e si organizza da solo. In questo caso, cosa dobbiamo aspettarci?
Gregory Bateson: Dobbiamo sviluppare un processo insegnamento interattivo nel quale ci sia la consapevolezza e la facilitazione dei “circuiti di feedback” che sono coinvolti, in modo che la cornice più ampia funzioni come un sistema olistico. Come unità olistica, tuttavia, la classe sviluppa la propria storia di interazioni (su più livelli), e naturalmente nessuna parte del sistema (né gli allievi né il didatta) può davvero esercitare un controllo unilaterale sul sistema intero. La classe co-evolve e ciascuna persona nella classe sviluppa le proprie strategie rispondendo ai messaggi delle relazioni che “controllano” la creazione della classe stessa (13).
Allievo: In un processo così complesso di “co-modulazione” di tutti i partecipanti e di co-creazione di conoscenza -di co-evoluzione, in effetti- le persone che assumono la posizione (o il ruolo) dell’insegnante cosa devono fare? Come si devono comportare in una cornice come questa?
Gregory Bateson: Devono lasciarsi ispirare dalle moderne teorie sulla comunicazione e sull’interazione ed essere in grado di facilitare una comunicazione dialogica; essere capaci di facilitare una cornice di comunicazione/dialogo in cui sistemi/membri diversi possono scambiarsi informazioni (parole, atteggiamenti, valori, abitudini emozioni, fantasie). Dovrebbero anche essere in grado di riconoscere, comprendere e facilitare le “risposte” appropriate alle varie manifestazioni di feedback negativi o positivi, che significa assistere gli allievi nei loro processi di apprendere ad apprendere che sono prevalentemente inconsci…
***
(Metalogo: Quante cose sai?) (1, p. 21-26, tr. it. p. 52-55).
Figlia: Papà, quante cose sai?
Padre: Eh? Uhm… so circa un chilo di cose.
F.: Non dire sciocchezze. Ti sto chiedendo davvero quante cose sai.
P.: Be’, il mio cervello pesa circa un chilo e penso di usarne circa u quarto… quindi diciamo due etti e mezzo.
F.: Ma tu sai più cose del papà di Johnny? Sai più cose di me?
P.: Uhm… Una volta conoscevo un ragazzino in Inghilterra che chiese a suo padre: “I padri sanno sempre più cose dei figli?” E il padre rispose: “Sì”. Poi il ragazzino chiese: “Papà, chi ha inventato la macchina a vapore?” e il padre: “James Watt”. E allora il figlio gli ribatté: “Ma perché non l’ha inventata il padre di James Watt?”
F.: Lo so. Io so più cose di quel ragazzo perché so perché il padre di James Watt non l’ha inventata. È perché qualcun altro doveva inventare qualcos’altro prima che chiunque potesse fare una macchina a vapore. Voglio dire… non so… ma ci voleva qualcuno che scoprisse la benzina prima che qualcuno potesse costruire un motore.
P.: Sì… è questa la differenza. Cioè, voglio dire che il sapere è come tutto intrecciato insieme, o intessuto, come una stoffa, e ciascun pezzo di sapere è significativo o utile solo in virtù degli altri pezzi, e…
***
F.: Papà… c’è mai stato nessuno che ha misurato quanto uno sapeva?
P: Oh, sì, spesso. Ma certo non so quale fosse il significato dei risultati. Lo fanno mediante esami e prove e quiz, ma è come cercare di sapere quanto è grande un pezzo di carta gettandogli contro dei sassi.
F.: Cioè, come?
P.: Voglio dire… se tu getti dei sassi a due pezzi di carta dalla stessa distanza, e vedi che uno dei due pezzi è colpito più spesso dell’altro, allora probabilmente quello che colpisci di più è più grande dell’altro. Allo stesso modo, in un esame tu getti un sacco di domande agli studenti, e se vedi che colpisci più conoscenze in uno studente che negli altri, allora pensi che quello ne sappia di più. Questa è l’idea.
F.: Ma in questo modo si potrebbe misurare un pezzo di carta?
P.: Certo che si potrebbe. Anzi, sarebbe un ottimo metodo. Si misurano moltissime cose, in questo modo. Per esempio si giudica quanto è forte un caffè guardando quanto è scuro… si guarda cioè quanta luce esso blocca. Si gettano onde luminose invece che sassi, ma è la stessa idea.
F.: Ah.
***
Allievo: Ok, Gregory, hai detto tutto! E come al solito nel tuo stile giocoso! Possiamo prenderci un momento per parlare dei criteri del processo mentale, che tu definisci per distinguere i fenomeni del pensiero dai molto più semplici fenomeni chiamati eventi materiali? (2).
Gregory Bateson: Per prima cosa lasciami sottolineare che i criteri del processo mentale possono essere utili solo in combinazione.
Criterio 1: Una mente è un aggregato di parti o componenti interagenti.
Allievo: Una descrizione molto olistica! E, come ogni olismo serio, si basa sulla premessa della differenziazione e dell’interazione tra le parti. (2).
Gregory Bateson: Sì, ecco perché sottolineo che sto parlando della differenziazione e dell’interazione di parti (non separate o individuate10). Queste “parti”, che possono includere parti che non sono “cognitive”, quando partecipano in una interazione combinata creano la totalità o il sistema mentale.
Allievo: Uhm… Come ha luogo l’interazione tra le “parti” per creare i processi mentali mi sembra un argomento più grande!
Gregory Bateson: Vediamo se il criterio 2 ci può aiutare.
Criterio 2: L’interazione tra le parti della mente è attivata dalla differenza. La differenza è un fenomeno asostanziale, non situato nello spazio o nel tempo. Un’idea è “una differenza o una distinzione o la notizia di una differenza”. Vi suggerisco di considerare la parola “idea” nel suo più elementare significato di sinonimo di “differenza”.
Criterio 3: Il processo mentale richiede un’energia collaterale (apparentemente abbastanza bassa) ma essendo uno stimolo, il fenomeno immateriale della differenza non fornisce energia. L’energia collaterale è solitamente fornita dal metabolismo corporeo.
Criterio 4 : Il processo mentale richiede catene di determinazione circolari (o più complesse).
Allievo: Metti una grande enfasi sulle catene di casualità circolari o complesse. Non starai seriamente pensando di classificare i processi mentali come processi “chiusi”?!
Gregory Bateson: Poiché il sistema è circolare (cioè un processo ricorsivo), gli effetti di un evento in qualsiasi punto del circuito si riverberano ciclicamente attraverso il sistema, e potrebbero anche causare cambiamenti nel punto iniziale (6, p. 243). Il circuito chiuso – combinato con gli effetti del tempo – genera una matrice olistica in cui nessuna parte del sistema può esercitare un controllo unilaterale sul sistema in quanto totalità. Ciascun segmento è controllato dall’informazione che attraversa l’intero circuito dell’intero sistema. Questi sistemi sono soggetti agli effetti del tempo, e tuttavia ciascun segmento si adatta alle caratteristiche temporali del sistema. In questo modo ciascuna parte si regola sugli effetti delle proprie azioni passate all’interno del sistema. Quindi, le caratteristiche mentali sono immanenti non in qualche sua parte, ma nel sistema come totalità11 (1).
Allievo: Processi mentali circolari in circuiti! Circuiti nei quali l’uno diventa cornice dell’altro! Cervello; cervello-corpo; uomo-ambiente! E cosa dici della scuola?
Gregory Bateson: Possiamo pensare che tutto questo suggerisca che i metodi di insegnamento “autoritari” non siano così efficaci come i metodi interattivi, come l’apprendistato e il counseling relazionale12
. Che vi piaccia o no, gli insegnanti non possono effettivamente imporre la loro volontà sul sistema mentale di una classe, né tantomeno su ciascun singolo “individuo”-studente. Naturalmente un insegnante può esercitare il proprio potere, ma un controllo unilaterale non è un’opzione valida, e qualsiasi tentativo di esercitare la loro sovranità potrà avere successo solo se gli studenti sono “sottomessi”. Il risultato finale di una lezione “autoritaria” non può essere predetto o controllato e, nonostante gli studenti siano spesso inconsapevoli, molte volte hanno abbastanza controllo sui processi di apprendimento personali e collettivi.
Allievo: Ricapitoliamo! Questa immagine della mente suggerisce che il contesto di una classe o contesto di apprendimento “è”, o diventa, un sistema intellettuale olistico che comprende l’insegnante, gli allievi (che interagiscono con tutti gli aspetti della loro esistenza: coscienza, inconscio, immaginazione, emozione, corpo, gli aspetti sociali del sé, eccetera) ma anche le implicazioni tecnologiche dei processi mentali (libri, computer, altri strumenti didattici)…
Gregory Bateson: Sì, all’interno del contesto fisico della classe ci sono anche dei “marcatori di contesto” (tavoli, uffici, supporti tecnologici, eccetera) che comunicano il messaggio rilevante (informazioni disponibili solo al sistema mentale) che quella cornice è diversa dalle altre, che è un ambiente didattico e non, ad esempio, uno stadio o un dormitorio (13).
Allievo: Uhm… Ora, fa venire in mente le classiche aule scolastiche o gli anfiteatri universitari… L’ambiente fisico (e quello simbolico) insieme ai marcatori di contesto mandano continuamente messaggi circa la logica centrata sull’individuo dell’insegnamento. In effetti essenzialmente centrata sull’insegnante, la posizione centrale è della cattedra dell’insegnante che sta frontalmente, “vis-a-vis”, alle file dei banchi degli studenti. In un contesto come questo ci si aspetta che l’insegnante abbia tutta la conoscenza nella sua testa (la santificazione della “quantità”!) e che sia in grado di trasferire tutta la sua conoscenza nelle teste degli allievi. All’interno della stessa logica centrata sull’individuo ci si aspetta che gli allievi, come individui distinti (piuttosto che “differenziati”) saranno intelligenti, stupidi, creduloni, interessati, indifferenti, sottomessi, eccetera…
Gregory Bateson: Uhm. La questione è davvero molto semplice! Ogni persona o entità che partecipa a un sistema interattivo complesso diventa parte del sistema stesso, e nessuna parte può avere il controllo sulla totalità (20). Io credo che le università non dovrebbero funzionare secondo lo sgradevole principio secondo il quale tutti i fenomeni, inclusi quelli mentali, possono e devono essere studiati e valutati secondo criteri quantitativi (7). Io sono preoccupato che questa prevalenza incontrollata della quantificazione nel mondo occidentale, il modo in cui ci approcciamo al mondo, con un’enfasi massiccia sulla quantificazione e una attenzione minima ai pattern, sia la strada più veloce verso l’inferno. Comunque la più sicura! (21).
Allievo: Allora, ci potrebbe essere una speranza se ci affidassimo ad una logica olistica? In questo caso (potremmo chiamarlo “concentrato sulla collettività”?) nelle nostre scuole ed università gli spazi (reali e simbolici) favorirebbero processi circolari; non ci sarebbero posizioni o ruoli “contrapposti”, ma entrambe le parti sarebbero “insieme”. La conoscenza non sarebbe considerata come qualcosa di “materiale” che può essere trasmessa, trasferita e “conficcata”. Sarebbe considerata come qualcosa che può emergere dalla discussione esplorativa di idee, percezioni e “costruzioni”. In questo senso, facilitare lo sviluppo di una mente collettiva sarebbe un processo di ricerca condivisa su più livelli tra membri paritari del sistema, da cui ci si aspetta la creazione di una comunità di sintesi di qualsiasi conoscenza predefinita.
Gregory Bateson: Con una filosofia circolare si sviluppa un processo interattivo fondamentale. Così, in un ambiente didattico di questo tipo, ogni persona funziona da un lato come un sistema intellettuale olistico impegnato in un dialogo con se stesso, mentre contemporaneamente partecipa (spesso silenziosamente) al dialogo del sistema mentale più ampio: la persona dentro e con l’ambiente. Indubbiamente questo dialogo è in co-esistenza e complessa interazione con i sistemi dei valori e dei comportamenti sociali (13).
Allievo: Mi sembra che il Centro Milanese di Terapia Familiare faciliti molto la creazione di un dialogo “trasformativo” di questo tipo, a partire dalle domande che pone. Ma naturalmente ci sono molti altri processi circolari oltre a questo…
D’altra parte, il tempo delle “polarità” è finito! Ho notato che in una cornice di apprendimento circolare, come didatta io cerco di rivolgermi sia al “sistema mentale individuale” – di ciascun allievo – che alla mente “collettiva” del gruppo. Un miscuglio di idee, intenzioni e azioni “lineari” e “circolari”! Tu diresti una metodologia13
incomprensibile o non esistente?
Gregory Bateson: Se vogliamo creare un contesto di apprendimento efficace per gli allievi, dobbiamo stare bene attenti ad assicurarci che i nostri metodi siano simili ai principi dialogici che collegano il sistema mentale ad una vasta gamma di livelli sociali fondamentali del processo mentale (13).
Criterio 5: Nel processo mentale gli effetti della differenza devono essere considerati come trasformate (cioè versioni codificate) degli eventi precedenti (2). Le regole di questa trasformazione devono essere relativamente stabili (più stabili del contenuto), ma sono a loro volta soggette a trasformazione. È un processo nel quale l’informazione è tradotta e codificata in una nuova forma, perché solo in questo modo l’informazione diventa disponibile per i passaggi successivi delle operazioni del sistema…
Allievo: Intendi dire che la “mente” risponde solo alle differenze nel suo ambiente?
Gregory Bateson: Sì, solo alle differenze che può percepire. In questo processo, le parti interconnesse olisticamente che formano il sistema mentale agiscono come una specie di filtro o schermo che sceglie, seleziona, raccoglie ed infine decodifica l’informazione, ossia la differenza o la notizia di una differenza[]“Forma, sostanza e differenza” (1 pp. 448-464; tr. it. pp. 488-506)[/note](1).
Allievo: Uhm, ti ispiri alle teorie dell’informazione, ma vai oltre! Grazie al cielo! Non vorrei continuare a considerare i sistemi umani (una famiglia, o una classe) come una “scatola nera”, in cui si inseriscono cose (informazioni) e si producono output a comando!
Gregory Bateson: Forse i concetti di input e output di informazioni si adattano ai computer e forse persino a qualche essere unicellulare. Ma di sicuro non si adattano alle interazioni complesse delle famiglie o delle classi scolastiche, e nemmeno alle personalità che (quando connesse attraverso la comunicazione) creano i sistemi mentali estesi. La trasformazione dell’informazione, secondo i criteri del processo mentale, include le influenze dall’insieme delle esperienze di apprendimento nei contesti di ogni singola persona; è una costruzione di biologia, cultura ed etica (13).
Allievo: Il mondo della comunicazione contrapposto al mondo newtoniano?!
Gregory Bateson: La differenza tra il mondo newtoniano e il mondo della comunicazione è semplicemente questa: il mondo newtoniano ascrive realtà agli oggetti e consegue la propria semplicità escludendo il contesto del contesto -escludendo in effetti tutte le metarelazioni. Il teorico della comunicazione, viceversa, prende in esame le metarelazioni e consegue la semplicità escludendo tutti gli oggetti14…
Allievo: Il mondo della comunicazione sembra il mondo di Berkeley15!!!
Gregory Bateson: L’idea che abbiamo della sedia sta realmente comunicando. Nell’area di azione del processo mentale – nel mondo della comunicazione – la sedia su cui stiamo seduti è solo un’idea, un messaggio in cui riponiamo fiducia. Infatti nel circuito funzionale della mente non esistono sedie o tavoli, uccelli o gatti, studenti o insegnanti, se non come “idee”16.
Allievo: Idee! Sono tutto quello che possiamo conoscere – non possiamo arrivare a conoscere nient’altro… (2, p. 191). Pertanto, la percezione del sistema mentale è limitata alle immagini! Ricorda le ombre nell’allegoria della caverna di Platone17!(13)
Gregory Bateson: Quello che viene introdotto dentro al sistema funzionale della mente sono le idee (notizie di differenza, immagini, mappe) sulle cose; ma il sistema mentale non sa nulla circa le “cose come sono”.
Allievo: Dunque, stai dicendo che i sistemi mentali sono influenzati solo dalle “mappe” e mai dal “territorio” vero e proprio?
Gregory Bateson: Il ponte tra la mappa e il territorio è la differenza. Diciamo che la mappa è diversa dal territorio. Ma cos’è il territorio? Da un punto di vista operativo, qualcuno con la sua retina, o con un metro, è andato a ricavare delle rappresentazioni che poi sono state riportate sulla carta. Ciò che si trova sulla carta è una rappresentazione di ciò che si trovava nella rappresentazione retinica dell’uomo che ha tracciato la mappa. E se a questo punto si ripete la domanda, ciò che si trova è un regresso all’infinito, una serie infinita di mappe. Non raggiungiamo mail il (reale) territorio. […] Il processo di rappresentazione lo filtrerà sempre, cosicché il mondo mentale è costituito solo da mappe di mappe, ad infinitum… (1).
Allievo: Bene, in questo caso, i processi di apprendimento interattivi possono offrire agli allievi e ai didatti l’esperienza del “cartografo che entra nella mappa che ha creato”! (14).
***
Padre: … Noi parliamo di idee. E io so di giocare con le idee allo scopo di comprenderle e metterle insieme. È un “divertimento” nello stesso senso in cui un bambino “si diverte” coi cubi… E un bambino coi cubi per lo più si comporta in maniera molto seria col suo “divertimento”.
Figlia: Ma, papà, è un gioco nel senso che tu giochi contro di me?
Padre: No. La mia idea è che tu e io stiamo giocando insieme contro i cubi -le idee. A volte siamo un tantino in competizione, ma in competizione su chi dei due riesce a sistemare l’idea successiva. E talvolta uno di noi aggredisce il pezzetto di costruzione dell’altro, oppure io cerco di difendere le idee che ho costruito dalle tue critiche. Ma alla fin fine lavoriamo sempre insieme per tirar su le idee in modo che si reggano in piedi.
(Metalogo: Dei giochi e della serietà) (1, p. 17; tr. it. p. 48-49).
***
Gregory Bateson:
Criterio 6: La descrizione e la classificazione di questi processi di trasformazione rivelano una gerarchia di tipi logici (o livelli) immanenti ai fenomeni.
Allievo: Gerarchia?! Cosa c’entra la gerarchia con tutta la circolarità che suggerisci? Cos’è: il sistema o livello più ampio o più meta o superiore?
Gregory Bateson: I sistemi cognitivi non sono unità isolate. Hanno la capacità di unirsi ad altri sistemi simili, formando così sistemi gerarchici composti da sottosistemi mentali differenziati. I sistemi mentali possono in questo modo creare gerarchie di differenze, come, per esempio, la cellula nel tessuto, il tessuto nell’organo, l’organo nell’organismo, l’organismo nella società. Una classe “più alta” non è verticalmente superiore rispetto alle classi inferiori. Possiamo pensarle una includente l’altra.
Ogni passaggio tra le gerarchie promuove lo sviluppo di una maggiore complessità secondo la forma definita dall’organizzazione (13).
Allievo: In altre parole, questo approccio all’apprendimento multilivello non è una teoria che prevede degli stadi. I diversi livelli dell’apprendimento compaiono simultaneamente, in parallelo, non progressivamente o in stadi successivi (18).
Gregory Bateson: Io credo che i fenomeni che chiamiamo pensiero, evoluzione, ecologia, vita, apprendimento e simili emergono solo nei sistemi che soddisfano i criteri della mente elencati sopra (2).
Allievo: Sembri definitivo! È interessante osservare che ancora oggi, per spiegare questi fenomeni fondamentali, le metafore dominanti e i principi esplicativi provengono ancora dalle cosiddette “scienze forti”!
Gregory Bateson: Appunto! Dobbiamo ripensare, seriamente e completamente, la base teorica che è il pilastro di molte scienze sociali e del comportamento.
Allievo: Ricapitoliamo. Il processo di apprendimento è un fenomeno sistemico. Il processo mentale non è limitato solo alla scatola cranica. È per sua natura relazionale, emergente (dai contesti e dalle relazioni) e circolare, ed include molteplici livelli logici (e non solo). In un’epistemologia “circolare” come questa l’accento è posto sulla relazione tra l’allievo e l’oggetto dell’apprendimento, l’insegnante e il soggetto insegnato, cioè tra tutti gli elementi coinvolti nel processo di apprendimento. Giusto?
Gregory Bateson: Sì! E aggiungo una cosa: indubbiamente la parola “apprendimento” denota un qualche tipo di cambiamento (1). I pattern interattivi che comunemente chiamiamo “processi mentali” (νόες) sono collegati attraverso la comunicazione. Pertanto le relazioni emergenti innescano o rilasciano la possibilità di un cambiamento, che può successivamente portare a una profonda trasformazione delle “entità” coinvolte, così come dell’intero sistema mentale in cui sono immerse (13).
Allievo: A questo punto ti stai riferendo ai livelli dell’apprendimento 18, come li hai definiti (1).
Gregory Bateson: Userò l’analogia con il moto.
Apprendimento zero è l’esperienza immediata: metto la mano sul fuoco – brucia. Diciamo che l’apprendimento zero è la posizione di un oggetto. L’apprendimento zero manca di qualsiasi processo stocastico, cioè non contiene informazioni del processo per tentativi ed errori. È definito dalla specializzazione della risposta che, giusta o sbagliata che sia, non è suscettibile di correzioni19[(1).
Apprendimento 1 è quello a cui ci riferisce comunemente col termine “apprendimento: è una generalizzazione di un’esperienza elementare. Spesso viene chiamato apprendimento per tentativi ed errori o apprendimento di abilità. Ho sperimentato “la mano nel fuoco” e “mi sono bruciato” e non lo farò di nuovo. Questo è chiaro e risuona sia con la visione comportamentista che con il circuito dell’apprendimento esperienziale. Diciamo che l’apprendimento 1 è la velocità alla quale si muove la mia mano. Quando emergono nuove risposte con la ripetizione delle esperienze, allora è apprendimento 1.
Apprendimento 2 (talvolta chiamato “deutero-apprendimento) completa le esperienze dell’apprendimento 1. Riguarda lo sviluppo di strategie per ottimizzare l’apprendimento 1 attraverso la comprensione di regole implicite e la creazione di abitudini, così come il collocare alcune parti dell’apprendimento 1 dentro ad un contesto; ad esempio, generalmente non rischio, ma potrei farlo per salvare qualcuno dal fuoco. Diciamo che l’apprendimento 2 è un’accelerazione (o decelerazione) -un cambiamento nella velocità. Riguarda i cambiamenti nel processo di apprendimento 1 e viene indicato come “apprendere ad apprendere”.
L’apprendimento 2 è definito come “un cambiamento correttivo dell’insieme di alternative entro il quale si effettua la scelta”. È un modo di segmentare gli eventi. Questi pattern relazionali generali si sviluppano nella prima infanzia e rapidamente diventano inconsci. Siccome quello che abbiamo imparato è un modo per segmentare, successivamente tendiamo a “plasmare” il nostro ambiente per adattarlo alla segmentazione voluta20 (1).
Allievo: Difficile! Penso che sulla base di queste suggestioni gli insegnanti/didatti, all’interno del loro ruolo, debbano contribuire allo sviluppo di cornici e cornici in cui gli studenti/allievi possano costruire, esplorare e rivedere alcune delle loro fondamentali convinzioni sulla realtà (13).
Gregory Bateson:
Apprendimento 3 include l’apprendimento 2 e non è del tutto compreso, ma potrebbe essere esistenziale (o spirituale). Cosa mi dice di me stesso il fatto che rischierei di bruciarmi per…?
Diciamo che l’apprendimento 3 è un cambiamento nel ritmo dell’accelerazione – un cambiamento nel cambiamento del cambiamento di posizione… Più alto è il livello, meno comprendiamo il processo, e siccome questo livello altissimo è indubbiamente uno di quei casi, la cosa più difficile è maneggiarlo consapevolmente. L’apprendimento 3 è probabilmente difficile e raro persino negli esseri umani. C’è anche da attendersi che sia difficile per gli studiosi, che sono solo esseri umani, immaginare o descrivere questo processo. Tuttavia si pretende che di quando in quando qualcosa del genere accada in psicoterapia, nelle conversioni religiose e in altre sequenze in cui avviene una profonda riorganizzazione del carattere.
I poeti hanno sempre saputo queste cose, ma noialtri abbiamo divagato verso un mucchio di convinzioni sul “sé” e sulla divisione tra “sé” ed “esperienza”…
È il tentativo di separare l’intelletto dall’emozione che è mostruoso, e secondo me è altrettanto mostruoso (e pericoloso) tentare di separare la mente esterna da quella interna, o la mente dal corpo21…
Allievo: E cosa dici dell’arte?
Gregory Bateson: L’arte spesso ha a che fare con… ridurre la distanza tra i principi prevalentemente inconsci acquisiti con l’apprendimento 2 e i contenuti più episodici della coscienza e dell’azione diretta (7). Le capacità artistiche sono una combinazione di molti livelli della mente – inconsci, consci ed esterni, per riassumere la loro combinazione. Non è una questione di esprimere un solo livello…
Allievo: È il momento di dire qualcosa sulla psicoanalisi?
Gregory Bateson: La psicologia freudiana ha dilatato il concetto di mente verso l’interno, fino a includervi l’intero sistema di comunicazione all’interno del corpo (la componente neurovegetativa, quella dell’abitudine, e la vasta gamma dei processi inconsci). Ciò che sto dicendo dilata la mente verso l’esterno. E tutti e due questi cambiamenti riducono l’ambito dell’io conscio. Si rivela opportuna una certa dose di umiltà, temperata dalla dignità o dalla gioia di far parte di qualcosa di assai più grande: parte, se si vuole, di Dio22.
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Figlia: Papà, perché non usi gli altri tre quarti del tuo cervello?
Padre: Ah, sì… già… vedi, il punto è che anche io ho avuto degli insegnanti a scuola. E loro hanno riempito circa un quarto del mio cervello di fumo. Poi ho letto i giornali e ascoltato quello che dicevano gli altri, e così mi sono riempito di fumo un altro quarto.
F.: E l’altro quarto, papà?
P.: Oh, quello è il fumo che ho fatto da me quando ho cercato di pensare da solo.
(Metalogo: Quante cose sai?) (1, pp. 21-26; tr. it. p. 57)
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Gregory Bateson: E ora immagino che vorreste chiedermi: “come possiamo raggiungere un’istruzione olistica di questo tipo?” E persino la domanda in se stessa è una ammissione di quello che generalmente non facciamo. La domanda emerge da un universo già frammentato e non da un universo (olisticamente) organizzato, ed è il motivo per cui cerca una risposta che non può essere una risposta. Chiede una risposta nei termini di un universo frammentato e non sarò io a dare quella risposta. Non sarebbe una risposta23…
Fonti di ispirazione
1. Bateson, G. (1972), Steps Towards an Ecology of Mind, Chandler Pub. Co. 3rd Ed., (1983), New York, Ballantine Books.
2. Bateson, G. (1979), Mind and Nature: A Necessary Unity, New York, E.P. Sutton.
3. Bateson, G. (1980b), Men are grass: Metaphor and the world of mental process, West Stockbridge, Mass., Lindisfarne Press.
4. Keeney, B. (1983b), “Size and shape in mental health: The story of a conference”, Journal of Strategic and Systemic Therapies, 2, 72-79.
5. Morris, J. P. (1987), The Shape of Context: Implications of Bateson’s Aesthetics for Family Therapy: A dissertation in Home Economics, Texas University, etd.lib.ttu.edu/theses/available/etd…/31295000026145.pdf
6. Bateson, G. (1977), Afterword, in J. Brockman (Ed.), About Bateson, New York, Dutton.
7. Bateson, G. (Chair); Bateson, M. C.; Berry, U.; Perry, J.; Rabkin, R.; Snyder, G.; Wynne, L. (1979), Size and shape in mental health, Conference organized by the Menninger Foundation, Topeka, Kansas.
8. Bateson, G. (1982), Difference, double description and the interactive designation of the self, in F. Hanson (Ed.), Studies in symbolism and cultural communication, Laurence, Kansas, University of Kansas Publications in Anthropology, Number 14.
9. Bateson, G. (1991), A Sacred Unity: Further Steps to an Ecology of Mind, New York, Cornelia & M. Bessie Book.
10. Birdwhistell, R. (1977), Some discussions of Ethnography, Theory and Method, in John Brockman (Ed.), About Bateson, pp. 103-4, New York, Dutton.
11. Nachmanovich, S. (2009), “This is Play”, New Literary History, Vol. 40, 1, p. 1-24. http://muse.jhu.edu
12. Tosey, P. (2006), Bateson’s Levels of Learning: A Framework for Transformative Learning?, Paper presented at Universities Forum for Human Resource Development conference, University of Tilburg.
www.som.surrey.ac.uk/NLP/Resources/BatesonLevels2006.pdf
13. Bale, L.S. (1992), Gregory Bateson’s Theory of Mind: Practical Applications to Pedagogy,
www.narberthpa.com/Bale/lsbale_dop/gbtom_patp.pdf
14. Krippendorff, Κ. (2009), The Power of Communication and the Communication of Power: Toward an Emancipatory Theory of Communication, in On communicating: otherness, meaning, and information, London, Routledge.
15. Μουρελή, Ε. (2002), “Αναφορά στον Gregory Bateson”, ΜΕΤΑΛΟΓΟΣ, 1, p. 24-48.
16. Atherton, J.S. (2010), Learning and Teaching, Learning how to learn,
http://www.learningandteaching.info/learning/learnlea.htm
17. Bredo, E. (1989), “Bateson’s Hierarchical Theory of Learning and communication”, Educational Theory, 39:1, 27 -38.
18. Plato (360 a. c.), La repubblica, http://classics.mit.edu/Plato/republic.html
19. Bateson, G. (1970), “An open letter to Anatol Rappaport”, ETC: A Review of General Semantics, 27, 359-363.
20. Bateson, G. (1981b), Paradigmatic conservatism, in Wilder-Mott, C.; Weakland, J. (Eds.), Rigor and imagination: Essays from the legacy of Gregory Bateson, New York, Praeger.
Note
- Frase rivolta a Keeney, 4, p.74.
- Per approfondire le idee di Bateson sull’estetica: “Gli uomini sono erba: la metafora e il mondo del processo mentale” (9)
- I criteri del processo mentale.
- Bateson modifica l’assunto di Kant (dalla Critica del Giudizio) secondo cui “questo gessetto contiene un milione di fatti potenziali” (Tatsachen) dicendo che c’è un numero infinito di differenze dentro e fuori il gessetto.
- Doppia descrizione: “Nella visione binoculare la descrizione combinata che deriva da entrambi gli occhi contiene informazioni che si possono ottenere con un solo occhio solo usando tipi specifici di conoscenze collaterali (8.p.3)
- W. Blake, Lettera a Thomas Butts (9, p.93)
- Stile, grazia e informazione nell’arte primitiva (1 p.145-146; tr it. p. 184-185)
- I grandi processi stocastici (2 p.147-185; tr. it p. 195-247)
- Uso il termine persona anziché individuo o membro, perché sento che trasmette meglio la complessità della “costruzione” individuale multilivello attraverso lo sviluppo e la co-creazione all’interno di diverse contesti relazionali significativi che esistono sin dall’inizio della vita di un essere umano, attraverso la sua “storicità”
- “Differenziate” dalla totalità nella quale esistono.
- “La cibernetica dell’io: una teoria dell’alcolismo” (1 p. 315-16, tr. it. p.364-365).
- Supporto, tutoraggio.
- In un seminario di Antropologia, mentre si discuteva dell’impatto del film “Trance and Dance In Bali” e dei libri “Balinese Character: A Photo Analysis” e “Naven”, uno studente chiese se Bateson e la Mead avessero usato una metodologia specifica. Gli altri studenti rimasero abbastanza scocciati dalla mia risposta: “Ma naturalmente no! Erano entrambi etnografi esperti, non tecnici!” (Birdwhistell, R. 1977) (10).
- Requisiti minimi di una teoria della schizofrenia (1, p. 250; tr. it. p. 295)
- Arcivescovo George Berkeley (1685-1753): filosofo irlandese che si è occupato di molti campi della conoscenza. Ha proposto la nozione di “non realismo” (che i suoi detrattori, in particolare John Locke, chiamavano “idealismo soggettivo”). Il suo principio più celebre è “Esse est percipi” (essere significa essere percepito). Altre idee rilevanti citate da Bateson sono: “L’oggetto non esiste aldilà della nostra percezione di esso”. “Si deve negare realtà non solo al rumore dell’albero che cade nella foresta lontano da ogni orecchio, ma anche a questa sedia, che vedo e su cui sto seduto”.
- Gli uomini sono erba. La metafora e il mondo del processo mentale (9, p. 237)
- L’allegoria della caverna di Platone raffigura una caverna, all’interno della quale persone incatenate, con alle spalle una luce (un fuoco e la luce del giorno che entra dall’apertura della caverna), non possono vedere gli oggetti o le persone reali dietro di loro, ma considerano reali le ombre proiettate sulla parete di fronte a loro (18).
- Le categorie logiche dell’apprendimento e della comunicazione (1, p. 28; tr. it. p. 328)
- ibid: p. 293 (tr. it. p. 332)
- Le categorie logiche dell’apprendimento e della comunicazione (1, pp. 300-301; tr. it. pp. 347-348)
- Forma, sostanza e differenza (1, p. 464; tr. it. p. 505)
- Ibid: 1, p.461 (tr. it. p. 502)
- “Ultima lezione” (9, p. 313)