Di Umberta Telfener
Durante il 2018 all’Università UVM di Guadalajara, Messico, un gruppo di colleghi messicani con età e livelli di esperienza differenti si sono dati appuntamento per seguire un corso tenuto dai didatti del Centro Milanese e organizzato da Ricardo Rosas Peña, collega messicano che ha fatto una formazione a Milano. I partecipanti, curiosi e desiderosi di integrare nuove conoscenze per arricchire il proprio bagaglio e affrontare il viaggio lungo del sapere, si sono incontrati per tre giornate al mese per 8 volte, ciascuna in cui si trattava un tema specifico.
Ricardo Rosas Peña, l’organizzatore, colui che ci ha ospitato con cura, attenzione e generosità – con la sua sensibilità al contesto, la capacità nella lettura dei bisogni, le sue traduzioni accurate e la conoscenza del modello milanese – così ha spiegato la sua motivazione a organizzare questa formazione: le idee possono cambiare le persone, aiutarle a percepire una realtà diversa; da quando sono bambino è stata sempre una passione personale quella di ascoltare diverse interpretazione della stessa realtà. Le storie hanno segnato la mia vita, quelle che raccontano esperienze diverse del futuro, del passato e anche del presente, il modello sistemico relazionale si è sedimentato nel tempo nel mio percorso, permettendomi di costruire una narrazione personale: si tratta di un paradigma familiare ben conosciuto che mi aiuta a vedere ed ascoltare il mondo, concedendomi una fioritura di colori concettuali. L’idea del diploma a Guadalajara è stato un proseguo del mio percorso personale, lo scopo era quello di poterlo condividere con i miei colleghi, con gli amici e gli allievi. Un coro plurale d’idee per dare a tutti la libertà di costruirsi il proprio percorso esclusivo e poter amare questa “rivoluzione”, non basandosi solo su quello che avevo già condiviso con loro.
Sono grato della disponibilità che tutti i colleghi hanno dimostrato a condividere con me qualche giorno della loro vita, mettendo in comune storie, sentimenti ed emozioni che ci hanno reciprocamente ancor più fatto innamorare di questo lavoro, che è anche un modo di vivere, di sentire e di servire.
Marco Bianciardi commenta sull’insegnamento principale che come paradigma offriamo: siamo a sud del mondo – dice – e l’entusiasmo, l’interesse, la partecipazione di ciascuno ce lo ricordano in ogni attimo. Si percepisce una ‘sete’ di formazione, di crescita personale, di conoscenze, che da noi – imbrigliati nei lacci e nei vincoli sempre più stretti della formazione obbligatoria, riconosciuta e regolamentata – sono ormai un ricordo. Vorrei condividere un momento che ricordo ancora con emozione: impegnato a mostrare come la cibernetica di secondo ordine possa essere assunta in modo coerente e come ciò introduca a una complessità non riducibile, propongo che ‘soggetto’ di quanto il singolo vive siano, su di un altro piano, le relazioni e i contesti a cui l’individuo partecipa: la relazione è il soggetto, soggetto è la relazione. “Proviamo a sentire che soggetto dell’emozione che ciascuno di noi sta vivendo in questo momento è il contesto di relazione in cui ci troviamo; che ciò che io sto dicendo emerge dalla relazione con voi; provate a intervenire pensando che se d’un lato siete voi il soggetto di ciò che dite, da un altro punto di vista e su un altro piano, il soggetto è questo contesto di relazione a cui tutti contribuiamo …”. Alcuni intervengono e l’emozione che i loro occhi palesano fanno intuire l’insight, la scoperta di una dimensione nuova, la possibilità di un punto di vista che introduce complessità e arricchisce l’esperienza personale. Solo allora posso introdurre la dimensione clinica: quando incontriamo chi ci consulta possiamo riconoscere che quanto proviamo, pensiamo, diciamo è un dono della relazione, possiamo cercare di aprirci a ‘sentire’ quanto l’incontro stesso ci sta suggerendo.
Cinzia Giordano specifica: “durante il mio incontro si è trattata la terapia sistemica di gruppo da un punto di vista teorico e pratico, considerando i differenti contesti in cui può essere applicata e vedendone l’efficacia attraverso un’esperienza fatta con il gruppo in formazione, sempre coinvolto e attivo”.
Igino Bozzetto continua: “Ringrazio il Centro Milanese per aver permesso la mia partecipazione a questa esperienza e ringrazio anche Marco Bianciardi e Cinzia Giordano che mi hanno dato preziose informazioni su ciò che hanno fatto e sul gruppo che hanno trovato. Per quanto riguarda il seminario ho trattato la tematica del lavoro con le famiglie in cui ci sono bambini e adolescenti sia nel contesto della richiesta spontanea di terapia sia nel contesto di coazione (maltrattamento, trascuratezza e abuso). Nella prima giornata ho esposto la teoria, facendo riferimento in modo particolare alla psicologia dello sviluppo a orientamento costruzionista; nella seconda ho lavorato sull’opportunità di costruire un’ipotesi sistemica e su varie tecniche per la conduzione della seduta; infine nella terza ho affrontato le modalità di approccio alle situazioni di intervento determinate dal sistema sociale e giudiziario, cercando di offrire alcune idee sul sistema italiano diverso dalla situazione messicana”. Riferendosi al gruppo aggiunge: “Il gruppo ha letto con competenza ciò che è stato loro tradotto e ha fame di apprendere. Nelle simulate le persone sono entrate così profondamente nella parte che rappresentavano da rendere difficile la distinzione con una seduta vera”.
Enrico Cazzaniga aggiunge: “I giorni passati a Guadalajara sono stati un’occasione importante per me. La vita è fatta di incontri e vi sono incontri che possono intervenire nei cambi vita in due modi: attraverso cambiamenti che riconosciamo come tali ed altri che si propongono attraverso segnali deboli. In Messico insieme a Ricardo Rosas e a tutti i colleghi intervenuti nei seminari dedicati al tema del lutto ho raccolto diversi segnali del genere che ancora oggi continuano a stimolare la mia riflessione perché la passione e il rigore che hanno caratterizzato l’attenzione durante il nostro incontro sono stati davvero eccezionali. Un incontro caratterizzato non solo da un confronto teorico, ma anche esperienziale”.
Teresa Arcelloni specifica: “Tre giorni di formazione super intensiva, perché bisogna sfatare il pregiudizio che in Messico il lavoro segua i ritmi della siesta e della tequila. I colleghi si presentano puntualissimi e restano volentieri dopo la fine prevista della giornata. Fanno domande, chiedono con curiosità, vogliono capire. Cercano connessioni con il loro lavoro clinico e anche con la loro storia personale che generosamente mettono a disposizione, senza esitazione. Regalano sorrisi, facce perplesse, dubbi, stupore, fiducia e rispetto. Per me questo Diplomado è stato una costruzione a incastri tra diversi livelli, in una girandola di tempi e connessioni. Alle mie spalle avevo una storia condivisa con Ricardo Rosas e con molti partecipanti: ero già stata più volte in Messico e a Guadalajara per tenere seminari, c’erano persone che conoscevo ormai da anni. Il presente era la nuova esperienza di lavorare con un gruppo già costituito, di cui osservavo alcune dinamiche relazionali che si erano instaurate attraverso i precedenti incontri con i miei colleghi italiani. Non c’era stato modo di avere uno scambio con i didatti del Centro Milanese in relazione alla docenza, ma la connessione viveva davanti ai miei occhi perché i partecipanti cercavano (e trovavano) collegamenti tra il processo formativo mio e quello degli altri didatti italiani. Volevano capire quale era il filo sistemico che ci legava: mai mi sono sentita così tanto parte del Modello di Milano e del Centro Milanese. Noi didatti eravamo connessi grazie alla rete che gli allievi messicani tessevano, ci vedevano come appartenenti a un processo di pensiero comune e il loro sguardo fotografava e costruiva correlazioni tra noi”.
Questa esperienza del Diplomado vive anche in una dimensione futura perché in modo aperto gli allievi hanno chiesto che scrivessi sul tema di terapia di coppia. Mi hanno colpito le parole di uno di loro nei saluti di chiusura dell’ultimo incontro: “Ti prego, scrivi! Noi abbiamo sete di apprendere!”. Fino a quel momento avevo pensato che Boscolo e Cecchin sarebbero stati fieri di noi didatti italiani e di Ricardo Rosas … mi dovevo ricredere: molto di più i nostri Maestri sarebbero stati orgogliosi di questi allievi messicani! Quindi scriverò, anzi scriveremo con Ricardo una riflessione sulla Terapia di Coppia in Italia e in Messico. Anche questo è frutto del Diplomado Internazionale di Guadalajara.
Massimo Giuliani interviene: “A dicembre è stato il mio turno di passare tre giornate con il gruppo a Guadalajara. Gli argomenti che avevo scelto di trattare andavano dal linguaggio metaforico agli aspetti artistici e narrativi della seduta di terapia. Quello che mi preoccupava era che la mia parte presentava un certo grado di astrattezza e un sacco di esempi che nella traduzione si sarebbero persi completamente (come si fa a tradurre delle metafore da una lingua a un’altra?). Invece il gruppo è entrato perfettamente nello spirito degli argomenti che ho proposto, la conversazione è stata vivace, l’interazione dei partecipanti fra loro e con me è stata costruttiva. Gli aspetti clinici, teorici ed etici che speravo emergessero si sono evidenziati con naturalezza, grazie alla forte curiosità e alla voglia di mettersi in gioco di tutti i partecipanti”.
Io stessa, Umberta Telfener, ho tenuto il penultimo incontro: Amore in tempi ipermoderni e coppie. Mi hanno colpito le molte foto che abbiamo fatto insieme, come se gli allievi – persone anche grandi e professionisti raffinati – volessero trattenere il clima che abbiamo condiviso e le nozioni discusse, come se le foto permettessero, in questa epoca così totalmente visiva, di proseguire le riflessioni che avevamo solamente iniziato a porre sul tavolo.
Hanno chiuso gli incontri Pietro Barbetta insieme a Jacqueline Boscolo Pereira: abbiamo consegnato i diplomi, felici di questo interesse e di un clima molto accogliente. Abbiamo festeggiato i diplomi presso la casa di una collega dove i mariachi hanno cantato le canzoni tradizionali messicane. Durante il corso abbiamo fatto un lavoro sulla schizofrenia attraverso una simulata che si è protratta per due giorni: la terapia di una famiglia vegana e animalista con un figlio che si sta trasformando in lupo.
Ricardo – fa notare Bozzetto – oltre ad essere un attento professionista e un coerente rappresentante del modello milanese, è stato un’ottima “balia”. Attento a creare situazioni agevoli sia durante il seminario che all’esterno, visita turistica della città e dintorni comprese, con ampie spiegazioni e il tentativo di mettersi nei nostri panni e accordarsi ai potenziali nostri desideri. Sia lui che gli allievi ci hanno fatto sentire sempre protetti, “visti” e gratificati.
GRAZIE, concludo dopo aver dato voce a tutti i didatti del Diplomado in base al programma e all’ ordine delle lezioni.