Libro a cura di Nello Viparelli
Colonnese Editore, 2017
Letto da Massimo Giuliani
Facciamo che da oggi prendiamo tutti quanti l’impegno di dedicarci periodicamente allo studio sistematico, alla pratica alacre, alla contemplazione di quei fenomeni umani di cui ci occupiamo solo quando si inceppano, si incasinano, diventano il punto di attrazione di sofferenze e conflitti? Facciamo che, per esempio, ogni tre libri sulle disfunzioni sessuali ne leggiamo uno sui piaceri della carne? (Per non dire della pratica, ché lì ciascuno si regoli come crede). Facciamo che ogni tre conferenze sui dolori dell’adolescenza ci troviamo tutti a un bel convegno su tutto quello che ci siamo persi da quando non abbiamo più quindici anni e su quanto sia creativa e irripetibile quell’età? Facciamo che dopo i doverosi aggiornamenti sui disturbi alimentari, che certamente non ci saremo fatti mancare quest’anno, ora ci portiamo in vacanza, o anche in studio, o dove vi pare, un libro come questo sul cibo, la convivialità e i godimenti della tavola?
Non lo dico soltanto perché mi pare un buon modo di salvarci la pelle. Lo dico perché non ho mai incontrato qualcuno che aggiustasse auto che non sapesse godere del rumore di un motore che canta; né qualcuno che ripari strumenti rotti che non passi ore ad ascoltare la musica degli strumenti ben funzionanti; o un orologiaio che oltre a riparare orologi che si fermano, non sappia godere dell’armonia delle meccaniche e degli ingranaggi nel loro funzionamento normale; e perché, insomma, se la vita di cui ci occupiamo ci attrae solo quando si scassa, beh, abbiamo un problema. E con noi ce l’hanno quanti si rivolgono a noi speranzosi che possiamo dar loro una mano a immaginare vite meno scassate.
Sto facendo uno sforzo sovrumano per evitare gli ovvi stereotipi mentre vi dico che il volume è stato concepito a Napoli. Ma soprattutto è importante che sia nato prima a tavola e di lì in un convegno: “Dialoghi sul cibo”, 16 gennaio 2016 all’ISPPREF, in ricordo di Sergio Maria Maresca (psichiatra basagliano, didatta della scuola e catalizzatore di compagnie e conversazioni, meglio ancora se a tavola da qualche parte lungo la costiera amalfitana).
E dopo il convegno il curatore ha interpellato altre voci ancora, per aggiungere visuali e impreziosire il ragionamento collettivo: così, a Gianni Schisa, manager di una industria alimentare, Raffaele Sibilio, sociologo ed economista, Antonella Gallo, psicoanalista lacaniana, Oscar Nicolaus, filosofo e psicologo, Giuseppe Nello Viparelli, psichiatra e psicoterapeuta (che cura il volume), si sono aggiunti l’epistemologo Gianluca Bocchi, l’antropologo Marino Niola, l’esperto di epigenetica Paolo Sassone Corsi, lo psicologo e psicoterapeuta Alberto Vito. Chiudono due interviste agli chef Vincenzo Casillo e Celeste Cozzolino.
Non vi aspettate ora che possa farvi una specie di riassunto del libro. Non è possibile. Non per niente si apre con la ricetta della “minestra maritata”, antico piatto natalizio napoletano dalle origini molteplici che hanno dato luogo ad altrettanto numerose versioni regionali (fra le quali, l’avreste mai detto?, la cassœula lombarda): che qui diventa metafora di un connubio di sapori che poi è anche quello da cui nasce il libro in questione. Però preparatevi a un percorso sul cibo che lo considera in una prospettiva evoluzionistica, culturale (le diete, gli orari e il tempo del mangiare, la produzione della pasta, la convivialità come fatto sociale, persino religioso), psicologica (le fisse del consumatore, la convivialità come forma d’amore, la metafora del nutrimento, la richiesta di soluzioni chirurgiche agli eccessi della tavola).
Il libro è profondo, brillante, divertente e ben scritto. Le voci sono veramente ben mescolate, scusate la metafora. Lo stile è perfettamente coerente col contenuto, e ne fa ancora di più un’occasione di divertimento e di apprendimento calvinianamente “leggero” (e peraltro citazioni calviniane non casualmente ricorrono qua e là). E riguardo le due domande che state per farmi, quello che so dire è: 1) sì, il volume mi pare piuttosto ben reperibile quanto meno nelle librerie on line; e 2) no, non so bene quale sia il vino migliore da abbinare alla sua lettura. Ma voi scegliete il vostro preferito e poi fatemi sapere come si accompagna.
Ho appreso della morte del curatore del libro, Giuseppe Viparelli, Nello per gli amici, una volta terminata la stesura di questa segnalazione. Scelgo di lasciarla così, col suo tono “leggero” che mi ha ispirato la lettura di Tra vita e girovita. È il mio modo di esprimere gratitudine per chi riesce a restituire bellezza e piacere a questa professione.
Gli amici più cari (fra cui molti contributori di questo libro) hanno dato vita all’“Associazione Nello Viparelli” (cliccate per la pagina Facebook), di cui è presidente onorario Mauro Ceruti. La pubblicazione del libro e la sua presentazione sono tra le prime iniziative dell’Associazione.
Nello Viparelli lavorava all’Ospedale dei Colli, era psichiatra, con doppia formazione analitica e sistemico-relazionale.