Libro di Fabio Sbattella
Giunti Editore, 2020
Letto da Ada Piselli
Nella comprensibile e legittima incertezza scientifica, i bambini sono completamente scomparsi sia dalle decisioni istituzionali che dal dibattito pubblico. In nome della tutela dalla salute di tutti, sono stati privati dei loro diritti fondamentali: il diritto all’istruzione, il diritto alla salute, che non è solo non contrarre e non diffondere il coronavirus, ma che è anche, come sanno tutti gli studenti di psicologia, benessere fisico, psichico e sociale.
I bambini sono a casa da scuole e asili dal 20 febbraio, separati dalle famiglie allargate e tuttora dai coetanei, ancora oggi le aree gioco a loro destinate in molte città sono tristemente recintate, i progetti per i campi estivi si profilano ancora nebulosi, quando non francamente inquietanti (cubi di plexiglass, quadrati disegnati sui pavimenti e braccialetti elettronici degni del condizionamento operante di Skinner, che chi scrive spera rimangano solo articoli di costume sui giornali), così come le anticipazioni circa le modalità del rientro in classe a settembre. Quando sono raramente comparsi nei discorsi istituzionali è stato come “problema” per le famiglie che dovevano riprendere il lavoro, come “oggetto” di cura, come “destinatari” di proposte di accoglienza che hanno più a che fare con la sorveglianza che con l’educazione.
In questo scenario sconfortante l’apparizione di Nano Gianni è stata una boccata di ossigeno: un progetto editoriale pensato per i bambini da Riccardo Bettiga e Gabriella Scaduto dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia. Una delicata fiaba scritta da Fabio Sbattella, collega didatta del Centro Milanese di Terapia Familiare e professore di Psicologia dell’Emergenza presso l’Università Cattolica di Milano. Uno che di diritti dell’infanzia tra l’altro se ne intende, come testimoniato dal testo scritto con Gabriella Scaduto Promuovere i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (2018, Franco Angeli).
Oltre alla storia, deliziosamente illustrata da Giada Negri, il volume propone 21 giochi (più uno), collegati alla fiaba e destinati a bambini di età diverse (ma facilmente adattabili, con un po’ di immaginazione), attività da fare insieme a chi è in casa e anche a chi è distante, al telefono o in videochiamata. In conclusione è presente una lettera ai genitori di Umberto Galimberti, che esorta gli adulti a vivere responsabilmente e consapevolmente le relazioni con sé stessi e con gli altri, naturalmente in primis i figli, il tempo della quarantena.
Perché una fiaba? I genitori e gli educatori che leggono avranno sicuramente visto passare sulle chat delle scuole e sui social network molti video e disegni (più o meno accattivanti, più o meno ben fatti) destinati a spiegare a bambini di età diverse il coronavirus e le misure igieniche da mettere in pratica. Spesso di tratta di prodotti destinati ad “adulti bassi” più che a bambini: contengono le medesime informazioni – corrette, per carità – destinate ai grandi, rese con un linguaggio e una grafica adatte ai più piccoli. Una fiaba svolge tuttavia un compito diverso. Il punto non è semplicemente insegnare una corretta igiene delle mani o il mantenimento delle distanze. La questione è piuttosto trovare un modo per stare dentro ad una situazione nuova e angosciante, insieme. Come sottolinea anche Fabio Sbattella nella postfazione, una fiaba è innanzitutto del tempo trascorso insieme, specie con i bambini che ancora non sanno leggere. E mi permetto di aggiungere: un tempo insieme in cui il genitore può “semplicemente” fare il genitore, non maestro, educatore, facilitatore di didattica a distanza, ma papà e mamme che leggono una storia ai propri bambini. Si legge insieme per il piacere di leggere, perché la storia è molto bella e i personaggi simpatici, senza troppa finalità cosciente. Ma la fiaba, con il suo linguaggio allegorico e i suoi personaggi fantastici, stimola l’immaginazione e consente di relazionarsi con il reale attraverso una strada che non è quella della pura razionalità, ma quella della creatività. Consente di tenere insieme livelli diversi, con la grazia cara a Gregory Bateson. E tra il regno di Madia ed il nostro mondo, adulti e bambini possono trovare un linguaggio per parlare di quello che spaventa, vicino e lontano allo stesso tempo, dare una forma e un nome all’angoscia, e stare insieme dentro alla paura e anche alla speranza. Già, perché una caratteristica importante delle fiabe è proprio il lieto fine, e questa non fa eccezione. E allora, dopo aver incontrato la paura e l’incertezza, la fiaba permette di immaginare una soluzione possibile, nel regno di Madia, certo, ma se ci sono riusciti loro…
Nano Gianni e i granelli rossi è arrivato in casa mia in e-book, perché le tipografie erano chiuse a causa delle restrizioni legate al Covid19 (ora è disponibile anche in formato cartaceo). Insieme a mio figlio di 5 anni abbiamo letto la storia e guardando le figure, che poi abbiamo anche stampato, ritagliato e usato per inventare nuove avventure per Nano Gianni, Vassilissa e Re Berto. Ci siamo preoccupati per i granelli rossi che circondavano il regno di Madia, abbiamo letto con qualche apprensione le soluzioni proposte dai vari personaggi (tentati invero di mettere anche noi la testa sotto al cuscino come propone Tremolino), e abbiamo accolto con sollievo l’intervento di Nano Gianni e del coniglio bianco. Anche noi, come gli abitanti del regno di Madia, e come moltissime altre famiglie, eravamo fermi ad aspettare che i granelli rossi sparissero, preoccupati, e come loro ne abbiamo approfittato per riposare, per cucinare, per aggiustare e, naturalmente, per leggere (e guardare cartoni animati).
La storia di Nano Gianni ci ha dato un’ulteriore possibilità di parlare di quello che stava succedendo con un linguaggio leggero, ma soprattutto ci ha permesso di poter immaginare insieme un lieto fine. Mio figlio per molti giorni dopo ha lavorato alacremente per pianificare la grande festa che avremmo fatto alla fine di tutto: invitati, menù, attività, musica…
Questo è il dono più grande che ci ha fatto Nano Gianni: immaginare che dopo la preoccupazione e la lontananza sarebbe tornato il tempo di stare insieme e fare festa.