Postmedia books, 2020
Letto da Walter Troielli
Dice Obi Wan Kenobi ad un giovane e sprezzante Han Solo: “Chi è più folle… il folle o il folle che lo segue?”, lasciando sul volto del contrabbandiere di Corellia un’espressione stupita.
E così possiamo parlare di serena pazzia per definire ciò che serve per pensare un pensiero (ci consentano Guccini e Gaber) all’origine di un progetto come quello di Mente e Luoghi, volume curato da Anna Anzani, Professore Associato presso il Politecnico di Milano, con i contributi di diversi e svariati autori (fra cui due docenti del Centro Milanese, Ada Piselli e Massimo Giuliani, con Massimo Schinco: tutt’e tre parte del drappello di psicologi che da anni dialogano con il Politecnico sii temi della mente e dell’abitare): un libro che approccia al tema del “design della città contemporanea” attraverso una riflessione critica di cosa voglia dire abitare e vivere spazi metropolitani, confrontando spunti provenienti da discipline diverse e ambiti diversi ma anche riflessioni provenienti da approcci differenti interni ad una stessa disciplina, con particolare attenzione al design di interni.
Il volume, legato a sua volta all’omonimo corso di formazione previsto al Politecnico di Milano, origina inoltre al termine di un percorso che negli ultimi 5 anni ha visto affiancati nell’Ateneo milanese docenti esterni ed interni esperti di design, psicologia e restauro in un percorso che oltre e prima di essere un percorso formativo rivolto agli studenti, è stato un percorso di sviluppo di un pensiero e di un approccio ad un meta-modello di apprendimento transdisciplinare.
Nell’introduzione viene chiarita immediatamente quella che, per chi mastica il lessico del Milan Approach, è l’epistemologia che sorregge il libro e ciò che ci sta dietro: in un mondo moderno che produce, consuma, mercifica e vende è facile perdere di vista il senso dell’esistere e dell’abitare, inteso come relazione con il proprio luogo di vita. Perdere questo legame vuol dire perdere memoria di sé, del proprio modo di vivere il mondo, ma anche del proprio corpo e del corpo sociale, storico e mnestico in cui ognuno di noi è inserito. Anna Anzani e il gruppo di folli che la segue si pone allora l’obiettivo di dare un senso nuovo, ecologico, al concetto di abitare inteso quindi come “una forma di conoscenza della realtà che coinvolge sia gli aspetti tangibili dei luoghi sia la loro rappresentazione mentale”; questa sfida, a sua volta, viene rilanciata in particolare all’Interior Design che deve essere la “pratica che coinvolge le condizioni relazionali […] tra le persone e l’ambiente circostante”. Da qui la necessità di pensare e agire in modo transdisciplinare è immediata, perché per fare questo salto di livello è necessario ibridare i saperi, andare oltre i confini delle conoscenze delle singole discipline per sviluppare la capacità di deutero-apprendere, capacità che passa a sua volta attraverso la contemporanea consapevolezza dei limiti (e dei confini) di ciascun sapere. Per questo nel libro si trovano contributi di psicologi, architetti, designer, docenti di conservatorio e ricercatori: così Mente e Luoghi diventa un vero e proprio meta-viaggio che attraversa territori e Luoghi noti per arrivare in Luoghi differenti, che permette ai suoi viaggiatori (o neonomadi, per usarne una delle tante parole chiave) di incontrare idee e Menti diverse e tornare diversi da come si era partiti.
Riflessione: una delle caratteristiche dei lavori di Escher era l’utilizzo del paradosso della diplopia, che tradotto nei suoi lavori vuol dire affiancare diversi punti di vista per trovare un senso a ciò che al primo sguardo può non averne.
Si può dire allora che il volume Mente e Luoghi sia un lavoro “diplopico”, che permette cioè al lettore di fare un’esperienza distonica: suddiviso in due parti (la Mente nei Luoghi e i Luoghi nella Mente), ogni parte a sua volta composta da capitoli con una propria tematica specifica, abbiamo la possibilità di muoverci tra Confini, Percezione, Sogni, Corpo, Memoria, Paesaggio, Metropoli, Riuso, Tempo, Identità. O se volete si può dire che il libro abbia una struttura a specchio, in cui le due parti si riflettono l’un l’altra, come uno Ying e uno Yang, o come i Rettili o le Mani che Disegnano, appunto di Escher. O se vogliamo ancora, per usare un riferimento più pop e irriverente (non ce ne vogliano gli autori), come un libro-game anni ’80, in cui il lettore doveva muoversi da un paragrafo all’altro, a seconda delle scelte che faceva di volta in volta nella lettura.
Così, ad esempio, i Confini del primo capitolo, che hanno a che fare con la possibilità di ri-utilizzare spazi in dis-uso e con la capacità di pensare questa stessa possibilità, richiamano i Confini della seconda parte, dove l’attenzione è sui confini dentro, fuori e tra le relazioni umane e sulla possibilità di allargare il proprio sguardo per comprendere (e quindi abitare) il tessuto relazionale di cui siamo fatti.
O ancora: le Memorie delle due parti si chiamano, riverberandosi l’un l’altra, dove l’attenzione è posta sulle infinite possibilità comunicative degli edifici abbandonati: depositari di memoria e ricordi storici, ma anche testimoni del pensiero che fu alla base della loro progettazione, il loro recupero può e deve passare attraverso il recupero del senso originale con cui furono pensati e del senso progettuale e futuro con cui possono essere ri-pensate.
Abitare non è solo però pensare o stare dentro o fuori degli spazi, ma è anche ascoltare, sentire e vivere la città; ecco allora la musica come rappresentazione di un legame tra autori, fruitori, luoghi e progetti, dove gli spazi dedicati alla musica possono essere dentro le città ma anche dentro i i corpi dei musicisti stessi. Dal rinnovamento degli spazi musicali di Wagner nell’800, ai Genesis fino ai Pink Floyd (per altro già abili architetti sonori nel loro Live at Pompei) fino ad una concezione della musica come mezzo che crea relazioni e connessioni tra persone e luoghi, già nel periodo di via prenatale, nel ventre materno, primo luogo per eccellenza abitato in vita da ogni essere umano. Abitare, sognare, suonare forse, ringraziando il Bardo di Avon.
In questo libro escheriano, in cui si entra da una scala e si può uscire in una stanza da tutt’altra parte, i capitoli si chiamano tra di loro: pensare, abitare, riutilizzare, sognare, suonare e creare sono parole che tornano, ricorrono e si chiamano nelle pagine di un libro che gira come una spirale, dove anche il tempo assume valenze progettuali e potenzialità “abitative”. Troviamo infatti riflessioni sui tempi della memoria, della conoscenza, del recupero e dell’oblio in un movimento da aiòn, attraverso il kronos per arrivare al kairòs: ciclicità, linearità, opportunità.
Ma Mente e Luoghi non è solo un libro di architetti per anarchistar (Metropoli, parte I), bensì è un libro che richiama fortemente e fa ri-suonare profondamente il pensiero terapeutico; luoghi, confini come possibilità di incontro, spazi, strutture sono tutti termini che ricorrono anche nella psicoterapia. Termini che veicolano significati che possono aprire a metafore che curano. Il genogramma non è forse una rappresentazione di geometrie relazionali? Di spazi di vicinanza e lontananza? Non è una mappa delle architetture in cui vivono le persone nella loro quotidianità e che riscoprono e forse “ristrutturano” quando vanno in terapia?
Quale città abitano (da habitus, abitudine, Parte I) i pazienti dei servizi pubblici? Il consumo di droghe aumenta nei contesti urbani: quale metropoli si portano dentro i tossico-dipendenti (Metropoli, parte I)? Quali spazi vivono i pazienti e i terapeuti nel loro intimo e quali spazi possono creare nell’incontro pensato, progettato, immaginato all’interno della stanza di psicoterapia?
Qualche tempo fa lavorando con i minorenni autori di reato, mi sono trovato a “seguire” un ragazzo accusato di spaccio. Proveniva dalla periferia di Milano e da una famiglia con un livello di benessere economico e sociale più che buono; chiaramente lui non ammetteva né l’utilizzo di sostanze né il reato contestato. I suoi racconti erano però pieni di viaggi quasi compulsivi in metropolitana, avanti e indietro, sempre sottoterra, per la città; erano chiaramente i viaggi del consumo e dello spaccio, ma erano anche i viaggi della sua dimensione metropolitana. Mi sono portato dietro per anni questo pensiero: quel ragazzo non aveva spazi dentro di sé, il suo modo di vivere dentro e fuori era tossico prima ancora dell’utilizzo di sostanze (poi esploso in modo lampante), le architetture del suo mondo relazionale erano sotterranee, soffocate e impossibilitate nel venire alla luce. E lui viveva nello stesso modo; dentro e fuori dalla metropolitana, su e giù per la città. Ho sempre avuto il pensiero, nel fondo della mia testa, che se quel ragazzo avesse vissuto in un altro contesto, magari meno urbano, non avrebbe sviluppato il sintoma dell’uso di sostanze.
Un altro paziente mi dice: “Papà era la colonna portante della famiglia. Morto lui… è venuto giù tutto”. Penso che la sua famiglia sia rimasta senza progetto, sotto le macerie di una perdita; probabilmente bisogna trovare un modo per ridisegnare le relazioni interne alla famiglia e a ciascun componente.
Mente e Luoghi vede la luce editoriale però in un tempo radicalmente diverso da quello in cui ha iniziato il suo viaggio: arriva in piena pandemia covid. Un libro che parla di abitare luoghi e spazi, di ri-connettere il dentro e fuori, esordisce in un momento in cui gli spazi non possono essere abitati come prima e in cui il cittadino (ma non solo) è costretto a vivere in prevalenza dentro a certi spazi e fuori da altri. Mai come in questo momento, paradossalmente, diventa necessario sapere e volere mantenere viva la capacità di progettare (etimologicamente “gettare avanti”), intesa come spinta a pensare un futuro di cambiamento e di evoluzione, che sia però fortemente radicato nel presente e che permetta di tenere viva la memoria, per ri-dare senso al passato e alle origini; tutto questo è possibile solo dove ci sia un pensiero capace di travalicare confini e esplorare luoghi differenti.
Mente e Luoghi approccia ufficialmente al pensiero della progettazione e dell’Interior Design ma in realtà parla del pensiero creativo e divergente che nasce dalla capacità e dalla possibilità di ibridare spunti e contributi da diversi ambiti o di modulare nello stesso ambito pensieri in modo differente.
Come un moderno flaneur, il lettore può costruire il suo libro durante la lettura, come il terapeuta costruisce la terapia durante la terapia stessa, abitando luoghi che si creano nel momento della conoscenza. Come nella poesia di Machado: “il nostro è passare, passare facendo sentieri. Non esiste il sentiero, il sentiero si fa camminando”, attra-verso Menti, attra-verso Luoghi.