di Arianna Girard
Con il numero 13 di Connessioni si respira l’avvicinarsi della pausa estiva e immaginiamo il lettore riflessivo e un po’ “ciondolante” in un tempo fatto di ritmi pacati, quelli della lentezza, della sospensione e della riflessione. Connettersi con le proprie idee necessita tempo e occasioni di incontro, talvolta anche corpo a corpo, e questo numero racconta trasversalmente quanto il tornare a connettersi post covid sia stato fondamentale per la stesura degli articoli e dei contributi raccolti, nella loro diversità e ricchezza, accomunati dalla presenza di una pluralità di voci e corpi in relazione tra loro.
Leggendo l’articolo (“Intervisione in azione. Il gruppo Sinergic@mente presenta un caso clinico”) scritto da Adele Anna Abbondio, Cinzia Ardigò, Gloria Bianchi, Monica Gatti, José Adan Martinez Flores sentiamo l’eco dei dialoghi tra colleghi e si rimane affascinati da quanto il gruppo sia longevo (un gruppo di intervisione nato nel 2009!) e ci si domanda se la presenza di regole (per esempio uno statuto) e di fasi procedurali, in qualche modo, abbia a che fare con la possibilità che un gruppo di lavoro porti avanti con successo il proprio intento per così tanto tempo. Interessante riflettere sugli aspetti organizzativi dei sistemi e di come la complessità talvolta necessiti di linearità, fatta di regole, procedure e di fasi. La sfida molto spesso è includere in queste due ascisse una terza dimensione che dia profondità di campo. E un esempio di questa profondità presente nell’articolo è il porre il focus sugli aspetti emotivi della relazione non solo tra terapeuta-paziente ma anche tra colleghi all’interno dell’intervisione.
In qualche modo anche Chiara La Barbera e Pier Francesco Sannasardo nel loro contributo dal titolo “La lente multicontestuale sistemica e il disagio degli adolescenti” parlano di emozioni e lo fanno mettendosi in gioco come terapeuti. La Self Disclosure Sistemica diventa uno strumento che permette di connettere adolescenti, la loro famiglia, gli insegnanti e gli operatori e di attivare negli adulti coinvolti emozioni di tenerezza che facilitano l’attivazione di fiducia reciproca e che sviluppano la mobilità intersistemica da parte del giovane, con il superamento del blocco evolutivo.
Anche Andrea Mosconi e Igino Bozzetto riflettono su “Le emozioni in terapia” nell’articolo “In primo piano” su questo numero, e lo fanno dialogando, tessendo un metalogo (e ritorna nuovamente quella pluralità di voci necessaria ad avviare riflessioni) sollecitati dalla necessità di “sistematizzare” alcune idee e creare materiale didattico da utilizzare con gli allievi della scuola di specializzazione per facilitare l’apprendimento e la costruzione dell’ipotesi.
Da tempo ci si interroga come psicoterapeuti non solo su come “fare terapia” ma anche su come sistematizzare ciò che si fa, per poterne facilitare l’apprendimento ai futuri terapeuti. Una domanda frulla nella mente: si può insegnare la terapia o si può solo apprendere? E quali sono gli strumenti per trasmettere mappe utili alla navigazione in terre sconosciute?
Nella rubrica dal Mondo sistemico Mosconi riporta alcune riflessioni scaturite dal Convegno “Terapia Familiare Sistemica Efficace: tra Evidenza e Creatività” del 2/3/4 giugno a Colli del Tronto (AP). La sistemica oggi si interroga sulla necessità di creare mappe, che concretamente si traducano in manuali per poter condividere idee in modo sistematico, una necessità sempre più urgente soprattutto in organizzazioni in cui l’evidence based sembra essere la logica predominante. Ma come mantenere la soggettività e la creatività del processo terapeutico? La relazione tra mappa e territorio diventa relazione tra terapia e manualizzazione, tra evidenza e creatività, dove forse la metafora dei riff della musica jazz ci viene in soccorso.
Sempre dal Mondo sistemico, Umberta Telfener racconta l’esperienza del Convegno dell’IFTA a Malaga, Spagna 30 marzo / 1 Aprile 2023 e dell’incontro a Sofia dell’NFTO dell’EFTA 1-3 di giugno 2023 come occasioni di scambio di idee e contaminazione orizzontale tra colleghi. Tra le righe arriva forte la dimensione “fisica” della relazione, in cui i corpi che si incontrano, si abbracciano, mangiano cheesecake al limone, potenziano lo scambio di idee.
E leggendo queste esperienze di congressi svolti in presenza, viene da interrogarsi su quando abbia senso spostarsi nello spazio, prendere treni e aerei (siamo forse suggestionati dalla voglia di vacanza!?) ma anche sudare, metterci del tempo nel tragitto e quando invece tutto sommato valga la pena adagiarsi nelle nostre poltrone e avviare un link Zoom.
In questo numero di Connessioni percepiamo quasi un “cambio di passo”.
Ci sono ancora riflessioni legate a ciò che rende tutto incerto e destrutturato, a partire dalla guerra, dagli incidenti ferroviari o alcuni strascichi del Covid-19. Ma c’è anche un’aria di speranza, come intravediamo dal titolo dell’incontro EFTA di cui ci parla Umberta Telfener: “Potenziare storie tranquille di fiducia, sostegno e umanità”.
Che cosa il Covid-19 ci ha lasciato in dono e quali sono gli effetti nella nostra continua crescita come terapeuti? Forse questo interrogativo è oggi centrale e rimane aperto: vale la pena riflettere su di esso nella formazione e, quindi, nelle aule delle scuole di specializzazione, negli scambi congressuali, oltre che nelle terapie. Che ruolo hanno i corpi nell’incontro di idee e quanto tornare a fare le cose in presenza è voluto, necessario, quando è veramente significativo?
E nell’articolo “Psicoterapia e musicoterapia: il corpo e le sonorità nella terapia sistemica” scritto da Donatella De Colle, Paola Suriano, Andrea Mosconi ritroviamo la dimensione corporea: corpi che vibrano nelle proprie concavità ed entrano in contatto con nuove sonorità e ritmi proposti dal musicoterapeuta come elementi in grado di cambiare le premesse su cui è basata la propria musica, proprio come avviene nella relazione terapeutica. Interessante l’analisi svolta dagli autori che mettono in parallelo i processi della musicoterapia e quelli della terapia sistemico-relazione sintetizzati da Viario e quelle del modello di Mosconi, assumendo l’ipotesi che nella rielaborazione delle memorie traumatiche la musicoterapia possa essere particolarmente efficace non utilizzando la parola come stimolo perturbante.
E a proposito di traumi, Barbara Trotta, come membro della Commissione Riviste della FIAP (Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia) mette in evidenza l’articolo scritto da Chiara La Barbera e Giampaolo Spinnato, all’interno del lavoro di collaborazione tra le riviste italiane che nell’ultimo anno si è centrato sul tema guerra e psicoterapia.
E ancora, prosegue la collaborazione tra Connessioni e Metalogos, la prima rivista sistemica a essere pubblicata in Grecia. Walter Troielli ne ha curato l’integrazione in questo numero di Connessioni in cui pubblichiamo la prima parte di un lungo e interessante articolo di Dimitris Trintafyllou, dove ritroviamo ancora una volta la potenza del dialogo e della pluralità di voci in una polifonia tra allucinazioni psicotiche e allucinazioni terapeutiche.
La collega Barbara Trotta nella rubrica “Territori sistemici”, raccoglie spunti emersi in tre lavori di tesi del 2022: due allieve della sede di Milano, Valentina Rossi e Marta Guidotti, e una della sede di Padova, Adriana Davoli.
Infine segnaliamo tre libri freschi di stampa e particolarmente significativi per noi di Connessioni: letto e recensito da Massimo Schinco “Il mistero del rispetto – Il pensiero di Cecchin e la terapia inclusiva” di Gianluca Ganda e Riccardo Canova, il secondo letto e recensito da Enrico Valtellina “La classe è morta” di Carla Cerati a cura di Pietro Barbetta, il terzo letto da Gianluca Ganda: “Soffro dunque siamo” di Marco Rovelli. Più uno un po’ più datato (ma meritava che se ne parlasse) che è “Dinamiche dell’opinione” di Daniele Nigris (ce lo presenta Massimo GIuliani).
Auguriamo una buona estate e l’auspicio di una lettura riflessiva e ciondolante capace di tempi lunghi e meditati per avere a settembre nella propria cassetta degli attrezzi, nuovi strumenti pronti alla manutenzione della nostra “motocicletta” (per citare Pirsig e una delle letture estive che molti allievi passando dal CMTF hanno fatto) perché sappiamo che nuovi viaggi ci attendono e dobbiamo prepararci al meglio. E proprio quei percorsi ci aiuteranno a diventare professionisti migliori: “Vivere soltanto in funzione di una meta futura è sciocco. È sui fianchi delle montagne, e non sulla cima, che si sviluppa la vita”.
E quel nostro “ciondolare” estivo riflessivo e anche un po’ simpatico diventa subito apprendere…
Foto di kordula vahle da Pixabay