di Gianluca Ganda
E siamo a dieci! Quando ci siamo chiesti che impatto avrebbe avuto per Connessioni la sua transizione dal formato cartaceo al digitale, non immaginavamo questa buona riuscita. La rivista era nata agli inizi degli anni 90. Nel 1992, per esattezza; il primo direttore era Maurizio Marzari, da Bologna. Arrivava sulle orme, o meglio sulle pagine, per lo più fotocopie, di un fascicolo che girava soprattutto tra i frequentatori del Centro, invero già molti negli anni 80. Il Bollettino, così si chiamava, raccoglieva scritti di allievi e traduzioni di articoli importanti. Nacque così Connessioni, all’epoca un volumetto piccolo e colorato. Dopo i primi quattordici numeri, un primo rinnovamento, del 1997. Strada facendo, Connessioni aveva acquisito una rilevanza importante nel panorama delle voci sistemiche nazionali che meritava un formato elegante, secondo la moda dell’epoca. Con un piccolo ritocco attorno al venticinquesimo episodio, uno snellimento dei volumi e l’alleggerimento del formato, era arrivata al trentasettesimo numero.
Nel 2016 il grande salto. In questo Natale 2021 consegniamo ai nostri lettori il decimo numero sul web, un formato che registra qualche migliaio di accessi a numero, sparsi nel globo – un altro segno dei tempi – per un numero di visite che cresce di anno in anno, e che nel 2021, nel momento in cui questo numero 10 è appena uscito, sfiora i 25000. Questo è il quarto numero di Connessioni della Era Covid. Più che usciti dall’emergenza, come si sperava nel 7 e 8, ci ritroviamo in una dimensione di crisi costante, sempre nuova, che col tempo che passa richiede diverse quanto urgenti risposte: un segno della necessità di leggere il mondo con le lenti della complessità. Le evidenze dei dati numerici dicono che i vaccini stanno riducendo la scia di morte della malattia, mentre i dibattiti sulla loro efficacia continuano, in barba ai numeri. Infatti nel territorio delle emozioni, delle convinzioni e dei punti di vista registriamo un altro genere di impatto che porta sconquassi e tensioni. È proprio dei ponti tra questi domini che parla la nostra rivista, con uno sguardo alle dinamiche dei viventi e alle ripercussioni emotive sulle loro relazioni. Solo col tempo riusciremo a comprendere gli effetti del Covid sui rapporti. Su questa linea Pandemia da SARS-Cov-2: Cosa avrebbe detto Gregory Bateson?: immaginario metalogo condotto nientemeno che da Bateson padre, con cui Susanna Roici e Roberta Marchiori ci propongono riflessioni e ipotesi di lettura della pandemia. Stimoli per cercare un insegnamento dalla pandemia, da far fruttare e risultare, almeno nella conoscenza e nell’esperienza, più arricchiti. Fabio Sbattella con Il tarlo della mente: effetti patogeni del pensiero controfattuale, ci fa tornare a un’esperienza comune a tutti, da cui può nascere quel disagio con cui impattiamo in terapia. quante volte ci siamo chiesti come sarebbe andata se non avessimo fatto quella cosa o preso quella strada? Domanda Come possiamo aiutarci a tollerare l’imprevedibilità degli eventi?
Altro filone di lettura del numero è il pensiero di Maturana. Il Convegno internazionale “Humberto Maturana. La complessità come estetica”, promosso dal Centro Milanese, ha permesso di unire tra loro Cile (con Ximela Davila), Argentina (con Maria Ester Cavagnis) e Stati Uniti (con Marcelo Pakman) con la penisola intera su cui si estendono allievi e didatti che afferiscono al Milan Approach per giungere infine alla Grecia, con i colleghi di Metalogos, di cui troverete un nuovo contributo. Del convegno ci parla Sacchelli e l’intera rubrica Territori Sistemici, curata da Piselli e Trotta, in cui compaiono i contributi di Tonietti, Patris e Bertocchi. Recuperiamo poi una intervista a Maturana stesso, del compianto Italo Musillo, dal titolo Credere per vedere, dove si toccano temi scomodi quanto fondamentali, quali l’etica e l’amore. Temi che trasversalmente risuonano nell’altro filone del numero, quello dei diritti umani. Si apre con In ricordo dell’infamia, le sparizioni forzate nel Magdalena Medio, in Colombia, l’analisi testimoniale (che pubblichiamo in italiano e in lingua originale) di Liz Arevalo Naranjo sul fenomeno dei desaparecidos colombiani; e culmina con la recensione di Giuliani a Diritti umani e intervento psicologico. Etica e pratica clinica, volume a cura di Pietro Barbetta e Gabriella Scaduto. Ricordo poi le recensioni ai volumi Il manuale deontologico degli psicologi e Psicoanalisi e rivoluzione, anch’essi dedicati al dibattito sui diritti.
Dicevo prima degli amici greci. Compiangiamo insieme a loro un caro collega Petro Polychronis, di cui pubblichiamo un contributo. Apparso su Metalogos in formato video e trasformato in articolo da Elena Karliampa (ancora una volta siamo lieti di poterlo pubblicare in due versioni: italiana e inglese), ci parla di quanto un pensiero creativo e complesso permetta ai sistemi umani di evolvere in senso inclusivo e di salute. I ricordi non si fermano qui. Pietro Barbetta e Umberta Telfener ci lasciano la toccante testimonianza di una grande terapeuta della storia della terapia familiare, Peggy Papp. Nei due contributi potrete cogliere la ricchezza della sua esperienza.
Nel numero appaiono inoltre la testimonianza (Girard) del convegno La psicoterapia sistemica nel mondo, che ha raccolto voci dalla Cina, dal Messico, dalla Svizzera oltre che, naturalmente, dall’Italia e il resoconto di Trotta del convegno Ricerca-re tra le relazioni, organizzato da SIPPR, in collaborazione con il Centro Padovano di Terapia della Famiglia.