di Barbara Trotta
didatta del Centro Padovano di Terapia della Famiglia, Membro di redazione della Rivista Connessioni, Membro della Commissione di Ricerca della SIPPR
Dal 20 al 22 settembre 2018 si è tenuta a Berlino la 7a conferenza sulla ricerca qualitativa nella salute mentale Qualitative Research on Mental Health: Rising to a Global Challenge, organizzata da Maria Borcsa, Presidente della Facoltà di Scienze sociali ed economiche dell’Università delle Scienze applicate di Nordhausen, Germania, e “past president” dell’Efta (European Family Therapy Association), e da Sebastian Schörer dell’Università Protestante delle Scienze applicate di Berlino.
L’evento s’inserisce all’interno delle conferenze biennali nate circa quattordici anni fa a partire dall’esigenza di incrementare la comprensione dei problemi mentali, rispetto alle loro origini e al loro trattamento. Le giornate si presentano come forum internazionali interdisciplinari dedicati alle ricerche che cercano di rispondere ai vari quesiti nell’ambito della salute mentale, attraverso l’uso di varie metodologie e approcci. In particolare, la conferenza è strutturata con sessioni tematiche in parallelo e con alcuni keynote speechin plenaria. Il primo contributo è quello del Prof. Dainius Pūras, rappresentante speciale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, professore e direttore del Centro di psichiatria infantile e pediatria sociale dell’Università di Vilnius, Lithuania che porta una riflessione sulla salute mentale e la salvaguardia dei diritti umani. Molte le sessioni tematiche che si sono interessate alla soggettività dell’intervistatore. Il Prof. Andrew Shepherd dell’Università di Manchester, Regno Unito, a tal riguardo, evidenzia, come l’intervista qualitativa, anche quando strutturata, è primariamente un incontro clinico in cui il ricercatore porta aspetti di Sé, pertanto, sottolinea l’importanza di orientare gli studi sul ruolo del “ricercatore clinico”. Tema affrontato anche nel keynotedi chiusura del primo giorno, tenuto dal Prof. Sebastian Schörer, che focalizza l’attenzione sugli aspetti etici implicati nella ricerca qualitativa. Molto interessante il simposio coordinato dalla Prof. Juha Holma dell’Università della Finlandia, in cui l’enfasi è posta sulla rilevazione dei pensieri, sentimenti e sensazioni del terapeuta e non solo dei pazienti. Ad esempio, la Prof. Aarno Laitila mostra come la misurazione delle risposte del sistema nervoso autonomo, in concomitanza dell’analisi della conversazione, permetta di vedere l’attivazione emotiva nelle varie fasi della seduta e di come questa sia differente per il terapeuta e i pazienti. In particolare, dai suoi studi risulta che i terapeuti tendono ad avere una dominanza semantica, generalmente si attivano dopo la prima mezz’ora quando sono più impegnati nella conduzione della conversazione e/o quando emergono temi nuovi e/o raggiungono una discussione riflessiva condivisa. I pazienti, dal proprio canto, hanno una dominanza relazionale e presentano una maggiore attivazione quando si focalizzano rispetto al futuro e ai propri sforzi per il cambiamento.
La Prof. Maria Borcsa, in un’altra sessione, suggerisce un’indagine di secondo ordine rispetto ai processi interpersonali durante le sedute di terapia di coppia. Proponendo, un’intervista di richiamo post seduta, come strumento per poter riflettere sia con il terapeuta sia con i pazienti rispetto al proprio “dialogo interno”, ossia sentimenti, sensazioni non espresse in terapia. Il Prof. Jerry Gale dell’Università della Georgia, sempre a proposito dell’intervista di richiamo, specifica come costituisca un modo per i pazienti e per i terapeuti di sperimentare nuove posizioni e prospettive multiple da quella in terapia, a partire dalle quali i soggetti possono continuare a sviluppare ed elaborare significati, dando spazio a nuove “identità fluide”.
Nella sessione tematica, coordinata da due ricercatori dell’Università di Salonicco, Grecia, l’analisi degli aspetti non verbali è proposta come fondamentale per rilevare la dimensione relazionale in psicoterapia. A tal proposito, la Prof. Yakinthi Paraskevopoulou, fa osservare come la congruenza posturale e la sincronizzazione dei movimenti paziente-terapeuta diventino indicatori dell’alleanza terapeutica.
La 7a conferenza si conclude con la relazione del Prof. Laurence Kirmayer, direttore della Divisione sociale e transculturale di Psichiatria dell’Università McGill, Montreal, che affronta il tema della salute mentale nella sua complessità, e nello specifico, l’impatto delle influenze culturali nei concetti di salute e malattia.
Un convegno ricco di contributi che credo abbia ben evidenziato come la ricerca e la clinica siano interconnesse e si alimentino a vicenda in un processo virtuoso, fornendo stimoli interessanti per pratiche sempre più accorte ai vari livelli implicati nell’interazione terapeutica. Mettendo a fuoco come la ricerca possa costituire un momento meta rispetto alla terapia, e, quindi, favorire la riflessività e l’affiorare di nuovi significati. Tema, sottolineerei, a noi sistemici caro, da quando, da un punto di vista epistemologico, abbiamo iniziato a pensare in termini di seconda cibernetica e, quindi, di come l’osservatore compartecipi a ciò che osserva.