Psiconline, 2020
Letto da Massimo Giuliani
Il codice deontologico degli Psicologi, con i suoi 42 articoli organizzati in cinque capitoli, entra in vigore nel febbraio 1998, dopo essere stato sottoposto all’approvazione della categoria, consultata con un referendum. È definito spesso come la “carta di identità” degli psicologi (“sintesi dei valori di una comunità”, dice il Presidente David Lazzari nella sua nota di presentazione), e in qualche modo è un passaggio nella formazione di una identità che va costruendosi proprio quegli anni. “Identità” difficile, data la grande varietà di pensieri ed epistemologie che la professione psicologica contiene, e dunque la costruzione di riferimenti condivisi è stata un’opera tanto ardita quanto necessaria. Ancora di più perché in una professione in cui l’agire che non può prescindere dal soggetto, il rischio della deriva nel soggettivismo e nell’individualismo, come bene spiega Erminio Gius nell’altra nota di presentazione.
Come sempre, se “identità” vuol dire riconoscersi in relazione e per differenza con l’altro, e implica continuità nel tempo, quella continuità non significa restare identici a sé stessi nel corso del tempo. Per cui non sorprende che il dibattito sulla sua attualità e sulla necessità di aggiornarlo sia sempre aperto e vivace.
Il volume che abbiamo letto è redatto da Catello Parmentola e Elena Leardini. Il primo è un collega salernitano che fu tra gli estensori del Codice e che ha continuato la sua opera in varie commissioni del CNOP – ad esempio si è occupato per l’Osservatorio deontologico del Consiglio nazionale dell’Ordine di introdurre linee guida sulla psicologia online. Leardini, specializzata in Diritto di Famiglia e Diritto Minorile, è consulente legale per la deontologia degli Psicologi.
Il volume è esattamente quello che si capisce dal titolo, una versione completa del Codice in una forma immediatamente utilizzabile nella pratica e nella vita professionale: in una forma “maneggiabile”, insomma, con gli articoli ampiamente commentati e, per l’occasione, pubblicati in un ordine che non ricalca la sequenza numerica “ufficiale” ma procede per argomenti. L’idea nasce nel 2018, quando, in occasione del ventennale, si è scritto e detto molto sul Codice e sulla sua attualità. Gli autori hanno allora inteso riprendere il discorso per restituirgli il necessario spessore anche epistemologico.
Nel percorso di senso che tracciano, si parte comprensibilmente dall’art. 37 (capo III), che riguarda l’accettazione del mandato. Ogni articolo è corredato da un ampio commento dell’epistemologo e della giurista, e ciascuna norma è illustrata nel suo senso profondo, con lo scopo di espanderne l’utilità ben oltre quella di avere sempre a portata di mano una guida ragionata: l’ambizione del volume è quella di promuovere un “pensare deontologico” e quindi una adesione ai “valori di una comunità” che sia assunzione di responsabilità consapevole.
Tanto che la lettura – non ve l’aspettereste, eh? – non è solo scorrevole e oltremodo piacevole, ma persino coinvolgente. Dalle pagine i vari articoli prendono vita e parlano dell’esperienza quotidiana del professionista, nei suoi aspetti ordinari e straordinari. Questo è possibile anche grazie alla passione degli autori (per dirne una, l’articolo 23 che riguarda il compenso professionale, è descritto come “estremamente bello e complesso”) che riescono a mostrare come l’argomento più prosaico ha uno spessore epistemologico che interroga e rimanda ad aspetti delicati e affascinanti della relazione con l’altro.
Delle presentazioni di Lazzari e Gius abbiamo detto; l’ultimo invito alla lettura è la prefazione dell’avvocato Remo Danovi, già Presidente dell’Ordine milanese, che inquadra il libro in un discorso più generale sulle regole degli ordinamenti professionali.
Il “Manuale” è un libro utile sia per ragioni pratiche che per tenere accesa la riflessione. Si rivolge ovviamente ai Professionisti e ci sembra particolarmente consigliato a chi si avvicina all’esame di stato.