di Andrea Mosconi
Nel primo weekend di giugno, e precisamente il 2/3/4 giugno si è tenuto a Colli del Tronto (AP) il Congresso Internazionale dal titolo “Terapia Familiare Sistemica efficace tra evidenza e creatività”. Il convegno ha visto la partecipazione di molti relatori nazionali e internazionali per riflettere su questo tema. Oltre agli autori di origine italiana erano rappresentate Inghilterra, America, Turchia, Spagna, Slovenia, Olanda e Grecia. Anche nel pubblico che assisteva vi era la presenza di rappresentanti in diverse nazioni più o meno corrispondenti a quelle citate.
Il Congresso intendeva porsi in continuazione con il Manuale di Terapia Sistemica recentemente pubblicato per Springer. I relatori intervenuti anticipavano i contenuti di quello che dovrebbe diventare un nuovo Manuale in lingua italiana. Il tema centrale del congresso è stato quello della compatibilità tra la manualizzazione e la creatività in terapia. Il dibattito si è incentrato sul fatto che se da un lato la manualizzazione permette di avere una guida della terapia secondo procedure sufficientemente definite, dall’altro il timore è che i protocolli possano essere limitanti riguardo alla creatività in terapia, pensata come valore che favorisce la flessibilità nella relazione terapeutica.
Il tema oggi non è banale in quanto in altri indirizzi di psicoterapia l’uso di protocolli è ormai da tempo affermato e permette di rendere visibile la loro validità. Inoltre la validazione dell’efficacia delle terapie è una richiesta sempre più pressante sia da parte dell’utenza privata che dalle Istituzioni Pubbliche. Quindi l’uso di protocolli anche in Terapia Sistemica permetterebbe una sperimentazione e renderebbe evidenti i risultati di efficacia della terapia stessa. Già il precedente Manuale era a vantaggio dell’“evidence based”. Al Convegno quindi sono stati compresenti questi due pensieri. A favore della manualizzazione vi sono stati i contributi di diversi autori. Cancrini ha sottolineato l’importanza che la dimostrazione dei risultati assumerebbe nella terapia con i bambini, permettendo di sostenere poi la richiesta al sistema politico di interventi che tengano conto di tali evidenze. Andolfi ha sottolineato l’importanza di includere nell’accertamento dei risultati l’intervista alle famiglie. Peter Stratton – già co-autore del precedente Manuale e fermo sostenitore della manualizzazione – ha affermato con forza come la manualizzazione è la base per una creatività della quale si riesca a descrivere i criteri. È, infatti, anche opinione di chi scrive che è impossibile che un clinico non faccia un qualche tipo di manualizzazione della propria pratica terapeutica. Vi sono, quindi, manualizzazioni implicite e non descritte e manualizzazioni esplicite e descritte. La manualizzazione e la creatività si pongono a due livelli diversi: la manualizzazione organizza e descrive ipotesi da sottoporre a valutazione, mentre la creatività ne inventa di nuove. La manualizzazione è dell’ordine logico della forma mentre la creatività del processo. Il metodo scientifico serve appunto per validare le descrizioni più plausibili per il momento. Del resto già il famoso articolo e “Ipotizzazione Circolarità Neutralità” aveva come obiettivo di “erodere spazio a stereotipi tanto abusati quanto concettualmente indefiniti quali fiuto, sesto senso, carisma” nel lavoro terapeutico. Sappiamo quanto ci è stato utile!
Tornando al Convegno altri autori si sono schierati a favore della manualizzazione portando ricerche ben fatte in diversi campi. Pomini con una ricerca su ragazzi depressi: Terapia Familiare vs Terapia Individuale Breve di indirizzo psicodinamico, che dimostrava l’efficacia nell’incontrare tutta la famiglia fin dall’inizio. Visani con un percorso strutturato per la terapia di coppia, il Prepare-Enrich. Sluzky con i criteri della costruzione di trame narrative che da statiche divengano storie ben formate: equità, eleganza, ecologia, evolutività, equanimità ed etica. Interessante anche una ricerca citata sulla popolazione di Berkeley che dimostrava come la qualità della rete sociale era fattore preventivo del disagio psichico in quanto migliorava la qualità della vita favorendo un insieme di fattori: regolarità di abitudini di vita, alimentazione, riposo, attività e bassa attivazione emotiva. Bassoli si è espresso a vantaggio di un equilibrato rapporto tra manualizzazione e creatività. Saba, uno degli autori del precedente manuale, con un programma per i medici di medicina generale ed ancora Mariotti con l’evoluzione del modello DAN (digitale, analogico, narrativo) e la sua applicazione ad un contesto aziendale. Ursini ha proposto un programma di ricerca che dimostrava l’efficacia della terapia di coppia. Mosconi con un contributo a favore del fatto che la manualizzazione permette poi l’integrazione anche tra modelli di psicoterapia, verso un “Modello Sistemico Integrativo”. Ugazio con un contributo sulla coesione semantica all’interno delle coppie come fattore predittivo dell’accordo o disaccordo. Alper (Turchia) con una ricerca sulla validità di un intervento sistemico nel post terremoto, Axberg (Svezia) con un programma strutturato di intervento famiglia-scuola, Stratton e Hanks con una ricerca sul trauma di abuso dei bambini, Charalabaki (Grecia) con un programma di intervento sulla vecchiaia.
A vantaggio invece della creatività e del dubbio che la manualizzazione possa diventare una maglia troppo stretta per la relazione terapeutica sono intervenuti: Loriedo che pur presentando una manualizzazione della formazione in psicoterapia sistemica, dal punto di vista della terapia ha sottolineato la creatività del terapeuta che dovrebbe seguire il criterio del “tailoring ericksoniano”. Saccu ha sostenuto l’imprevedibilità del percorso terapeutico. La metafora è quella di un viaggio dove improvvisamente si debba scendere dal treno prima e ci si trovi in un ambiente sconosciuto stimolatore di nuove possibilità. Telfner ha affermato la necessità della flessibilità nella relazione terapeutica che è contemporaneamente istruttiva e non istruttiva e non può venir definita a priori. Altri contributi rilevanti sono stati: Moreno (Spagna) con un programma di formazione che tenga presente una prospettiva di genere, Trampuz (Slovenia) con un manuale come guida sicura per la creatività, Ceuca (Romania) con alcuni esercizi sulla cibernetica di secondo ordine, Sabbatini (Italia) con un intervento sui disturbi dell’apprendimento, van Hennick (USA) con la metafora della musica Jazz dove la manualizzazione è come il riff di base su cui poi si improvvisa per tornare alla manualizzazione se necessario. A chiudere il Convegno è stata una tavola rotonda sul “Futuro della Psicoterapia” che ha visto la partecipazione di: Manfrida, Mosconi, Schepisi, Sluzky, Ugazio. Manfrida ha sottolineato come partendo dall’essere “sulle spalle dei giganti” pionieri della Terapia Sistemica, dobbiamo mantenere e sviluppare l’enorme ricchezza di questo approccio applicandolo alle sfide dell’oggi. Mosconi ha proposto le recenti acquisizioni delle Neuroscienze sugli effetti neurologici dei traumi come riferimento per le future manualizzazioni. Schepisi ha riportato le prospettive future della ricerca in Psicoterapia Sistemica che ne confermano l’utilità. Sluzky ha riflettuto ancora una volta sulla necessità di tenere insieme rigore ed immaginazione. Ugazio con il suo “be stupid” ha invitato i terapeuti ad essere competenti senza perdere l’interesse per “l’oggetto” del loro lavoro che è il cliente che hanno davanti a sé, cosa che spesso i ricercatori perdono di vista.
Ultima nota riguardante questo Convegno va fatta relativamente al piacere di rincontrarsi dopo tanto tempo in presenza tra Terapeuti Sistemici di diverse scuole. Si è avvertito in tutto il Convegno il forte desiderio di riconoscersi e mantenersi collegati per ridare forza e visibilità al Movimento Sistemico. Forse la coniugazione di questi due termini: manualizzazione e creatività uniti alla pubblicazione prossima del Manuale in lingua italiana potrà sostenere almeno in parte questo processo.