Interferenze e risonanze di due trainees del Centro Milanese alla 11th Conference of the European Family Therapy Association (EFTA 2022)

Interferenze e risonanze di due trainees del Centro Milanese alla 11th Conference of the European Family Therapy Association (EFTA 2022)

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di Maria Ganeo e Magherita Luciani

Dal 7 al 10 settembre si è tenuta in Slovenia nella città di Lubiana l’undicesima conferenza della European Family Therapy Association che ha riunito terapeuti, apprendisti e studenti da tutto il mondo, tutti accomunati dalla passione per la pratica sistemica.

Questa edizione è stata sicuramente unica, rispetto alle precedenti, per il periodo storico in cui si è svolta. Ci siamo ritrovati in un auditorium, vicini gli uni agli altri e senza mascherine, a conoscerci fisicamente in un luogo dopo due anni di distanza: “toccate la spalla del collega che avete davanti, date la mano a quello che avete dietro”, con questa connessione fisica è iniziata la EFTA, riportandoci ad una connessione a cui siamo stati ormai disabituati.

Ma non è stato solo il post-Covid a rendere unica questa conferenza. Accanto a noi due terapeute ucraine, che vivono con preoccupazione e sofferenza la guerra che sta attraversando il loro popolo. Eppure erano lì, in mezzo al mondo che, ormai da mesi, sta guardando impotente questa escalation simmetrica che sta devastando non solo due nazioni ma il mondo intero. Eppure erano lì, per andare oltre e per sentire e pensare sistemico con noi.

Systemic resonances and interferences in a (post) pandemic, climate change and migration context in Europe è il tema che ha guidato keynotes, workshops e round-tables quest’anno.

“Risonanza”, uno dei concetti chiave della terapia familiare, introdotto da Mony Elkaïm, è stato il fil rouge di tutto il convegno. Questo concetto è l’eredità più autentica di Mony, pioniere della terapia famigliare, terapeuta dall’ampio respiro, mancato dopo una lunga malattia il 20 novembre scorso. È mancato sì, ma è stato anche sempre presente: presente nell’hic et nunc di ogni momento in cui risuonavamo l’uno con l’altro, in cui risuonavamo con il terapeuta sistemico, con l’operatore sociale francese, con la giovane psicologa americana, in una danza di premesse ed emozioni che ricorda l’eterna ghirlanda brillante di Hofstadter.

Ma che cos’è per noi sistemici la risonanza?

Ho chiamato “risonanza” questa particolare configurazione in cui le persone appartenenti allo stesso sistema iniziano a “vibrare” sullo stesso tema e a rafforzare le credenze profonde dei membri di quel sistema.

(Mony Elkaïm, 2004)

Le risonanze che abbiamo sentito sono state presenti momento per momento, in modo sempre nuovo e dinamico, aprendoci alla conoscenza dell’altra persona, dell’altro approccio, dell’altro team, aprendoci all’incontro con quelli che Cecchin avrebbe chiamato i pregiudizi dell’altro. Le risonanze ci hanno aperto al mondo della sistemica e la sistemica ci ha fatto risuonare con l’altro in una relazione biunivoca, costante e infinita. Siamo state irriverenti alle nostre idee, mettendole in dubbio e sfidando e usando i nostri pregiudizi per risuonare con l’altro e danzare insieme.

Durante questi quattro giorni di conferenza i sistemi che si sono incontrati e creati a loro volta all’interno di un più ampio sistema hanno “vibrato” più volte all’unisono in uno scambio di conoscenze, idee e opinioni frutto di un insieme di premesse condivise.

Durante le quattro giornate abbiamo avuto modo di partecipare a diverse presentazioni e di entrare in relazione con numerosi professionisti appassionati. Non è stato facile scegliere cosa seguire e spostarsi per tempo da una sala all’altra – i temi affrontati erano tutti estremamente interessanti – ma sicuramente ne è valsa la pena. Siamo rimaste sopraffatte da tutto il fermento e dall’interminabile scambio collettivo che si poteva osservare in ogni auditorium, corridoio, aula: non c’era mai un momento di silenzio e non c’era mai un intervento puramente frontale, ma tutto era sempre costantemente co-costruito e condiviso.

È stato emozionante vedere così tante persone legate da un medesimo interesse e profondamente impegnate nella vocazione alla pratica terapeutica sistemica. Persone che credono nel valore delle nostre relazioni e per le quali, pertanto, un’occasione come quella offerta dall’EFTA è un tesoro immenso, un’occasione irrinunciabile di scambio, un hummus fertile su cui far crescere i prossimi tre anni di dubbi, interrogativi e ispirazioni.

Abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare i più famosi volti della psicoterapia sistemica internazionale, come per esempio Justin Van Lawick che ha portato un intervento sul dialogo polifonico della violenza nelle famiglie. La violenza ha molte facce differenti, e noi non possiamo sfuggirle perché siamo noi stessi parte di essa.

Anche l’intervento di Joel Bergman (Ackerman Institute, New York) è stato un’occasione che capita una volta nella vita: abbiamo osservato un video di un caso clinico interessantissimo in cui emergeva il ruolo dell’ironia e della sdrammatizzazione nell’aprire al cambiamento in una coppia conflittuale. Il ruolo dello humour è usato dal terapeuta statunitense per creare nuovi significati positivi che possano contrastare quelli negativi portati dal paziente. Anche l’uso delle metafore è fondamentale per fare un passo in avanti in terapia: per esempio, se le persone non riescono a parlare di sesso si può parlare con loro di cibo. Le metafore permettono un reframing da storie dolorose a storie che curano. Combinare lo humour e le metafore alla fine della seduta in un rituale efficace è per Bergman un po’ come dare una prescrizione paradossale per un terapeuta del Milan Approach.

Ma che ruolo gioca il Centro Milanese in questo panorama?

Noi siamo rimaste molto impressionate dal fatto che a distanza di più di 40 anni dalla fondazione del Centro Milanese, esso abbia ancora una enorme risonanza in tutto il mondo. Quando ci chiedevano chi siete, da dove venite, e noi rispondevamo “Milan Institute of Family Therapy” tutti ci guardavano con stupore e ammirazione. Una scuola che ancora oggi è conosciuta in tutto il mondo per la rivoluzione della terapia a cui ha dato luogo, sulla cui scia si è innescato un processo di cambiamento, generatore e fucina di nuovi orizzonti terapeutici.

Umberta Telfener, nota didatta e responsabile delle relazioni internazionali del CMTF, ha rappresentato alla EFTA l’anima del Centro Milanese. Ha infatti aperto, chiuso e moderato numerose autorevoli sessioni con il carisma, l’esperienza e la bravura che la contraddistingue, portando alta la bandiera dei fondatori Boscolo e Cecchin. L’emozione più grande però, Umberta, ce l’ha regalata con la sua elezione a nuova Presidentessa della EFTA, cuore pulsante della pratica sistemica: un incarico di rilevanza internazionale, motivo di grande orgoglio per tutto il Centro. Ricordiamo ancora il momento in cui è uscita dalla sala in cui è stata proclamata e ci ha detto “ragazze sono la nuova presidentessa della EFTA”. È un successo che rimette al centro della scena internazionale tutto il CMTF come fulcro di pratiche sistemiche innovative e divergenti.

Il Centro Milanese ha presentato in tre diverse sessioni tre studi e progetti che sono stati portanti avanti negli ultimi anni. In particolare, Margherita Luciani (CMTF; University of Applied Sciences of Southern Switzerland) allieva del primo anno ha presentato due studi co-autorati con Pietro Barbetta (Direttore del CMTF) e Josephine Convertini (Department of Education and Learning – SUPSI, Switzerland Unité psychiatrique de crise dévolue au handicap mental – UPCHM, Lausanne, Switzerland). Uno studio è di natura empirica, approfondisce nel dettaglio un caso clinico sviluppatosi al Centro Milanese e riguarda l’uso delle argomentazioni contro-concessive (ma, però, tuttavia, anche se…) nella pratica terapeutica con le famiglie e in particolare l’aiuto che tali connettori possono dare nel non essere trascinati in alleanze e coalizioni nelle terapie familiari. L’altro studio è di natura più teorica e si concentra sul ragionamento controfattuale come pietra miliare del Milan Approach, illustrando le basi logiche della connotazione positiva del sintomo e di tutti i tipi di domande ipotetiche.

Terzo, e ultimo, studio presentato da Maria Ganeo (CMTF; Università Cattolica del Sacro Cuore) e Margherita Luciani durante una sessione dell’EFTA riguarda il progetto #YOUTOO, un progetto di promozione del benessere psicologico negli adolescenti a seguito della pandemia da Covid-19. Il progetto nasce da un’idea di Marilena Tettamanzi, didatta e responsabile dell’area tirocini del Centro Milanese, che grazie alla sua capacità di coinvolgere e far appassionare le nuove leve ha reso possibili questi interventi, nell’ottica “giovani per i giovani”.

Peculiarità di tale ricerca-intervento (ancora in corso) è offrire ai ragazzi degli spazi di ascolto e attivazione attraverso attività che trovano una sintesi comune a partire dalle teorie dei sistemi complessi e delle teorie proprie della psicologia positiva e della psicologia dell’emergenza. Dei momenti in cui vissuti, opinioni ed esperienze dei ragazzi risuonano tra loro in un lavoro di condivisione e conoscenza, che si espande a sua volta nel creare una memoria sociale e collettiva.

Quali sono quindi gli insegnamenti che ci portiamo a casa dalla partecipazione a questa stra-ordinaria conferenza?

Difficile riassumerli in una conclusione esaustiva.

Vi lasciamo con alcune riflessioni che speriamo possano perturbarvi.

Il terapeuta sistemico non è mai neutrale. Mony Elkaïm ha amplificato il concetto di circolarità delle risonanze tra sistema familiare e sistema terapeutico definendo così come si viene a creare tra i due un legame bidirezionale che è vissuto con la stessa intensità: in terapia il terapeuta vive la vita del paziente e il paziente vive la vita del terapeuta.

Condividere premesse e desideri, imparare l’uno dall’altro.

Noi sistemici abbiamo fiducia nelle relazioni e nei legami.

In certi momenti il significato non conta.

I legami contano.