Recensione di “Lo psichiatra e il sesso” di Sergio Benvenuto

Recensione di “Lo psichiatra e il sesso” di Sergio Benvenuto

Mimesis, 2021, prefazione di Pietro Barbetta
Letto da Enrico Valtellina

Sono passati vari lustri dal prezioso lavoro di Pietro Barbetta (Barbetta, 2005; Barbetta, Benini, Naclerio, 2003), sulle radici culturali della diagnosi, eppure il realismo ingenuo che accoglie e santifica le categorie elaborate dalla task force del DSM, che le essenzializza come luogo della verità dei soggetti, se possibile, si è ulteriormente rafforzato. Dare nomi alle condizioni di vita problematiche, e usare tali nomi per dire le persone che le vivono, è la pratica fondamentale delle discipline psy, il testo di riferimento, non questionabile, è evidentemente il Manuale Diagnostico e Statistico delle malattie mentali, il DSM, giunto nel maggio 2013 alla sua quinta edizione. La prospettiva sistemica è forse l’unica a coltivare un atteggiamento irriverente verso il riduzionismo all’etichetta diagnostica, a pensarla nell’orizzonte più ampio della vita e delle relazioni in cui si inscrive, a considerarne l’irrilevanza reale e ad un tempo le possibili performatività. Torna utilissimo allora il confronto con il delizioso libro dello psicoanalista critico Sergio Benvenuto Lo psichiatra e il sesso: I malesseri sessuali secondo il DSM-5 (Benvenuto, 2021. Introduzione di Pietro Barbetta).

Lo psichiatra e il sesso è un testo importante e salutare che demolisce la Bibbia dell’American Psychiatric Association mettendone a nudo la natura tutt’altro che ateorica, la fondamentale ascentificità e le finalità reali, banalmente burocratico-amministrative. Disorder, termine chiave tradotto in italiano con disturbo, evidenzia la mozione d’ordine dell’impresa dell’APA. Non di una nomenclatura medica si tratta, in effetti, ma di qualcosa nell’ordine della mappatura delle devianze dalla norma. Il disorder reale, come emerge dal libro, è poi in effetti nel DSM stesso, sintesi precaria e incoerente tra urgenze culturali, sollecitazioni di gruppi di pressione, prospettive teoriche radicalmente divergenti tra loro, che ha portato a una proliferazione incontrollata delle categorie (in origine, nel Trattato di Pinel, le categorie erano quattro, malinconia, mania, demenza e idiozia, il DSM 5 supera le mille pagine). Libro invero democratico, che ormai riserva un posticino a chiunque. Perfino gli estensori delle due versioni precedenti, Robert Spitzer e Allen Frances (Frances, 2013), sono diventati critici feroci del mostro che hanno alimentato, dell’esplosione diagnostica che si è sviluppata nelle successive versioni.

Il libro di Benvenuto procede a ritmi serrati evidenziando le portanti dell’impresa DSM, la matrice utilitarista come criterio dominante, ovvero la polarità buono/cattivo giocata sulla partizione piacere/dolore, per cui non è patologico tutto ciò che provoca piacere senza arrecare danno agli altri, e lo è ciò che provoca dolore “a sé e agli altri” (come recitava la legge Giolitti sui manicomi del 1904). Criteri evidentemente culturali e per niente scientifici, talvolta scelti (come accadde nel 1973 per la depatologizzazione dell’omosessualità) per alzata di mano. Non esattamente una modalità particolarmente scientifica. Come correttivo al principio utilitarista, quando, come nel caso della pedofilia, entra in conflitto con il sentire comune, subentra il paternalismo, la patologizzazione di ciò che offende i costumi. Non solo utilitarismo e paternalismo, comunque. Come lascia intendere il termine disorder, un altro ingrediente antiscientifico tiene la scena, il funzionalismo, la prospettiva teleologica strutturata sull’idea implicita di una “norma” regolatrice.

La parte centrale del libro corrobora le critiche avanzate con la loro verifica in relazione a un ambito specifico dell’esistenza, che storicamente è stato campo di battaglia della classificazione psichiatrica (si pensi alla Psychopathia sexualis), il sesso, le sue forme, le combinatorie non conformi, le “disforie”.

Ciò che emerge è il DSM come un brogliaccio precario la cui unica utilità, matrice della sua fortuna, è prestarsi alla riduzione a numero, quello della patologia di riferimento, delle condizioni di non conformità attenzionate a livello sociale.

Lo psichiatra e il sesso è un libro prezioso, dall’argomentazione sempre brillante, piacevole nella lettura e sorprendente nelle intuizioni. Una lettura vivamente consigliata a chi si muove quotidianamente tra le etichette psy, un ottimo antidoto al rischio di essenzializzare categorie culturali precarie, e di vedere le persone attraverso i numeri che ne dicono le condizioni.

Bibliografia

Barbetta, P. (ed.) (2005), Le radici culturali della diagnosi, Roma, Meltemi.

Barbetta, P.; Benini, P.; Naclerio, R. (2003), Diagnosi della diagnosi, Milano, Guerini e associati.

Benvenuto, S. (2021), Lo psichiatra e il sesso: I malesseri sessuali secondo il DSM-5, Sesto San Giovanni, Mimesis.

Frances, A. (2013), Primo, non curare chi è normale: contro l’invenzione delle malattie, Torino, Bollati Boringhieri.