“La follia a quarant’anni da Basaglia”, Convegno nazionale delle Scuole del Centro Milanese di Terapia della Famiglia (ottobre 2018, Milano)

“La follia a quarant’anni da Basaglia”, Convegno nazionale delle Scuole del Centro Milanese di Terapia della Famiglia (ottobre 2018, Milano)

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di Massimo Giuliani

Il 27 e il 28 ottobre ci si è ritrovati a Milano, allievi, docenti ed ex allievi delle Sedi del Centro Milanese; e con loro, sul palco e in platea, colleghi e studiosi della cura della parola.
Il tempo passa, cambia la terapia, cambia la professione, cambiano le necessità e anche le ritualità: quella che un tempo era la gioiosa convention annuale della Scuola, tappa indispensabile dell’anno di formazione, oggi è un convegno che ospita intorno a un tema personalità del mondo sistemico e dei territori contigui. Quest’anno, in particolare, al centro c’era la figura di Franco Basaglia, a 40 anni dall’apertura dei manicomi in seguito alla legge che porta il suo nome.

Jacqueline Pereira Boscolo ha aperto i lavori con un intervento sentito e illuminato; dopo di lei Umberta Telfener con Pietro Barbetta, Piero Cipriano (autore di Basaglia e le metamorfosi della psichiatria, Elèuthera 2018), Giulio De Nicola, Responsabile U.O. psichiatria alto mantovano ASST Mantova, Giuseppe Cersosimo, ideatore del progetto Urgenza Psicologica, Inga-Britt Krause, studiosa di Gregory Bateson, Carmine Saccu, storico esponente della sponda romana della terapia della famiglia (nella foto in alto con Pietro Barbetta), e poi i Direttori, i Docenti, gli Allievi Didatti e gli allievi del Centro. Numerosi questi ultimi, e partecipi: per loro soprattutto le due giornate sono state un’opportunità di ragionare su un modo di fare questa professione. Un modo responsabile, che rifiuti quelle che Umberta Telfener ha chiamato la “trivializzazione” della cura, cioè l’idea (che sta tornando impetuosa) per cui la terapia è un’azione semplice e lineare.

Un’occasione per tutti per ritrovare un senso alto delle cose che facciamo; per confermare – come ho avuto modo di dire ai presenti sul finale del convegno – che quando insegniamo (o impariamo) le domande triadiche, non stiamo semplicemente parlando di una tecnica più o meno efficace per aiutare le persone a cambiare: stiamo parlando di un modo di stare al mondo e di metterci in ascolto dell’altro e della sua differenza.
Arrivederci al 2019!